sabato 10 maggio 2008

MODI DI DIRE 2

1Fà comme a santa Chiara: dopp' arrubbata ce mettetero 'e pporte 'e fierro.
Letteralmente: far come per santa Chiara; dopo che fu depredata le si apposero porte di ferro. Id est: correre ai ripari quando sia troppo tardi, quando si sia già subìto il danno paventato, alla stessa stregua di ciò che accadde per la basilica di santa Chiara che fu provvista di solide porte di ferro in luogo del preesistente debole uscio di legno, ma solo quando i ladri avevano già perpetrato i loro furti a danno della antica chiesa partenopea.
2 Essere 'a tina 'e miezo.
Letteralmente: essere il tino di mezzo. Id est: essere la massima somma di quanto più sporco, più laido, più lercio possa esistere. Offesa gravissima che si rivolge a persona ritenuta così massimamente sporca, laida e lercia da essere paragonata al grosso tino di legno posto al centro del carro per la raccolta dei liquami da usare come fertilizzanti, nel quale tino venivano versati i liquami raccolti con due tini più piccoli posti ai lati del tino di mezzo dove veniva riposto il letame raccolto.
3'A capa 'e ll'ommo è 'na sfoglia 'e cepolla.
Letteralmente: la testa dell'uomo è una falda di cipolla. E' il filosofico, icastico commento di un napoletano davanti a comportamenti che meriterebbero d'esser censurati e che si evita invece di criticare, partendo dall'umana considerazione che quei comportamenti siano stati generati non da cattiva volontà, ma da un fatto ineluttabile e cioé che il cervello umano è labile e deperibile ed inconsistente alla stessa stregua di una leggera, sottile falda di cipolla.
4 Nun tené voce 'ncapitulo.
Letteralmente: non aver voce nel capitolo. Il capitolo della locuzione è il consesso capitolare dei canonaci della Cattedrale; solo ad alcuni di essi era riservato il diritto di voto e di intervento in una discussione. La locuzione sta a significare che colui a cui è rivolta l'espressione non ha nè l'autorità, nè la capacità di esprimere pareri o farli valere, non contando nulla.

5 Tu nun cuse, nun file e nun tiesse; tanta gliuommere 'a do' 'e ccacce?
Letteralmente: Tu non cuci, non fili e non tessi, tanti gomitoli da dove li tiri fuori? Tale domanda sarcastica la si rivolge a colui che fa mostra di una inesplicabile, improvvisa ricchezza; ed in effetti posto che colui cui viene rivolta la domanda non è impegnato in un lavoro che possa produrre ricchezza, si comprende che la domanda è del tipo retorico sottintendendo che probabilmente la ricchezza mostrata è frutto di mali affari. E' da ricordare anche che il termine GLIUOMMERO (gomitolo)indicava, temporibus illis, anche una grossa somma di danaro corrispondente a circa 100 ducati d'argento.
6 Menarse dint' a 'e vrache...
Letteralmente: buttarsi nelle imbracature. Id est: rallentare il proprio ritmo lavorativo, lasciarsi prendere dalla pigrizia, procedere a rilento. L'icastica espressione che suole riferirsi al lento agire soprattutto dei giovani, prende l'avvio dall'osservazione del modo di procedere di cavalli che quando sono stanchi, sogliono appoggiarsi con le natiche sui finimenti posteriori detti vrache (imbracature) proprio perché imbracano la bestia.
7 Chi poco tène, caro tène.
Letteralmente: Chi à poco, lo tiene da conto. Id est: il povero non può essere generoso
8 Lassa ca va a ffunno 'o bastimento, abbasta ca mòrono 'e zzoccole.
Letteralmente: lascia che affondi la nave, purchè muoiano i ratti. Con questa locuzione si suole commentare l'azione spericolata di chi è disposto anche al peggio pur di raggiungere un suo precipuo scopo; proverbio nato nell'ambito marinaresco tenendo presente le lotte che combattevano i marinai con i ratti che infestavano le navi.
9 Nce vonno cazze 'e vatecare pe fà figlie carrettiere
Letteralmente: occorrono membri da vetturali per generare figli carrettieri Id est: per ottenere i risultati sperati occorre partire da adeguate premesse; addirittura nella locuzione si adombra la quasi certezza che taluni risultati non possano essere raggiunti se non per via genetica; nella fattispecie ad esempio il mestiere di carrettiere si sostiene che non si possa imparare se non si abbia un genitore vetturale di bestie da soma...

10 Si mine 'na sporta 'e taralle 'ncapo a chillo, nun ne va manco uno 'nterra!
Letteralmente: se butti il contenuto di una cesta di taralli sulla testa di quello non ne cade a terra neppure uno (stanti le frondose ed irte corna di cui è provvista la testa e nelle quali, i taralli rimarrebbero infilati). Icastica ed iperbolica descrizione di un uomo molto tradito dalla propria donna.
11 Muntagne e muntagne nun s'affrontano.
Letteralmente: (solo) le montagne non si scontrano con le proprie simili. È una velata minaccia di vendetta con la quale si vuol lasciare intendere che si è pronti a scendere ad un confronto anche cruento, stante la considerazione che solo i monti sono immobili...
12 Faccia 'e trent'anne 'e fave.
Letteralmente: faccia da trent'anni di fava. Offesa gravissima con la quale si suole bollare qualcuno che abbia un volto poco rassicurante,un volto da galeotto,da assassino dal quale non ci si attende niente di buono, anzi si paventano ribalderie. La locuzione fu coniata tenendo presente che la fava secca era il cibo quasi quotidiano che nelle patrie galere veniva somministrato ai detenuti; i trent'anni rammentano il massimo delle detenzione comminabile prima dell'ergastolo; per cui un individuo condannato a trent'anni di reclusione si presume si sia macchiato di colpe gravissime e sia pronto a reiterare i reati, per cui occorre temerlo e prenderne le distanze, alla medesima stregua di chi avendo un volto poco rassicurante è presumibilmente un cattivo soggetto da cui tenersi lontano.
13 Sparà a vrenna.
Letteralmente: sparare a crusca. Id est: minacciare, ma solo per celia senza far seguire alle parole , i fatti minacciati. L'espressione la si usa quando ci si riferisca a negozi, affari che si concludono in un nulla di fatto; l’espressione si ricollega ad un'abitudine dell'esercito borbonico i cui proiettili, durante le esercitazioni, erano caricati con crusca, affinchè i colpi non procurassero danno alla truppa che si esercitava.
14 'E sciabbule stanno appese e 'e fodere cumbattono.
Letteralmente: le sciabole stanno attaccate al chiodo e i foderi duellano. L'espressione è usata per sottolineare tutte le situazioni nelle quali chi sarebbe deputato all'azione, per ignavia o cattiva volontà si è fatto da parte lasciando l'azione alle seconde linee, con risultati chiaramente inferiori alle attese.
15 'A taverna d''o trentuno.
Letteralmente: la taverna del trentuno. Cosí, a Napoli sogliono, inalberandosi, paragonare la propria casa tutte quelle donne che vedono i propri uomini e/o la numerosa prole ritornare in casa alle piú disparate ore, pretendendo che venga loro servito un pasto caldo. A tali pretese, le donne si ribellano affermando che la casa non è la taverna del trentuno, nota bettola partenopea che prendeva il nome dal civico dove era ubicata, bettola dove si servivano i pasti in modo continuato a qualsiasi ora del giorno e della notte.
16 'A vacca, pe nun movere 'a coda se facette magnà 'e ppacche da 'e mosche.
Letteralmente: la mucca per non voler muovere la coda, si lasciò mangiare le natiche dalle mosche. Lo si dice degli indolenti e dei pigri che son disposti a subire gravi nocumenti e non muovono un dito per evitarli alla stessa stregua di una vacca che, assalita dalle mosche, per non sottostare alla fatica di agitare la coda, lasci che le mosche le pizzichino il fondo schiena!
17 Trasí o passà cu 'a scoppola.
Letteralmente: entrare o passare con lo scappellotto. Id est: entrare in teatro o altri luoghi pubblici come musei o pinacoteche o mostre artistiche senza pagare e senza le necessarie credenziali: biglietti o inviti. La locuzione fotografa il benevolo comportamento di taluni custodi che un tempo furono soliti fare entrare in teatro i ragazzi senza far pagare il dovuto, spingendoli dentro con un compiacente scappellotto. Per traslato la locuzione si attaglia a tutte quelle situazioni dove gratuitamente si ottengono benefìci per la magnanimità di coloro che invece dovrebbero controllare.
18 Pozza murí 'e truono a chi nun le piace 'o bbuono.
Letteralmente: possa morire di violenta bastonatura chi non ama il buono. In una città come Napoli dove vi è un'ottima e succulenta cucina chi non è buongustaio merita di morire bastonato violentemente. in napoletano TRUONO significa sia tuono che percosse violente.
19 'A forca è ffatta p''e puverielle.
Letteralmente: la forca è fatta per i poveri. Id est: nei rigori della legge vi incorrono solo i poveri, i ricchi trovano sempre il modo di scamparla. In senso storico, la locuzione rammenta però che la pena dell'impiccagione era comminata ai poveri, mentre ai ricchi ed ai nobili era riservata la decapitazione o - in tempi piú recenti - la fucilazione.
20 Piglià vavia e metterse 'nguarnascione.
Letteralmente: prender bava e porsi in guarnacca. Id est: assumere aria e contegno da arrogante, saccente e supponente ; lo si dice soprattutto di coloro che, essendo assurti per mera sorte o casualità a piccoli posti di preminenza, si atteggiano ad altezzosi ed onniscienti,cercando di imporre agli altri il loro modo di veder le cose, se non la vita, laddove in realtà poggiano la loro vuota albagia sul nulla.
guarnascione = guarnacca/guarnaccia= sopravveste elegante e/o di pelliccia; la voce napoletana è derivata dal francese guarnache + il suff. accrescitivo one; la voce italiana si fa risalire al provenzale guarnacha forgiato sul latino guanaca(m)
vavia = letteralmente è la bava (che come la voce napoletana è da un ant. francese bave) cioè liquido viscoso che cola dalla bocca di taluni animali, spec. se idrofobi, o anche da quella di bambini, vecchi, o delle persone che si trovino in un'anormale condizione fisica o psichica quale è quella degli arroganti, saccenti e supponenti che si ritengono superiori a gli altri e ne danno dimostrazione esterna con sovrapproduzione di saliva o muco che spesso tracimano la bocca.Dal significato letterale di bava, vavia à assunto quello di manifestazione irritante e fastidiosa tipica dell’atteggiamento di chi sia arrogante, presuntuoso, altezzoso, superbo,saccente, tracotante, protervo; prepotente, insolente, impudente, sfrontato.
raffaele bracale

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