martedì 24 novembre 2009

TIMORE, PAURA, SPAVENTO

TIMORE PAURA SPAVENTO
L’idea di queste paginette nacque all’indomani d’un mio incontro con l’amico N.C.(i consueti problemi di privatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) al quale contestai il fatto che nella lingua italiana le voci in epigrafe sono spessissimo usate quali sinonimi, essendo ormai invalso l’uso (anche per colpevole neghittosità (per evitar di parlare di ignoranza…) della classe insegnante) di non far distinzioni e di non insegnare ai discenti che esistono sottili differenze tra i significati termini suddetti, differenze che invece esistono e sono sostanziali attesa la graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione che accompagna or l’uno or l’altro termine; uguale se non maggiori la graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione che connotano le voci napoletane che ripetono quelle dell’epigrafe. Cercherò con le pagine che seguono di convincere del mio assunto l’amico N. C. e qualche altro dei miei ventiquattro lettori. Cominciamo con le voci dell’italiano:
Timore= s. m.
1 contenuto sentimento di ansia, di apprensione, di preoccupazione, di trepidazione o di incertezza che si prova davanti a un pericolo o a un danno vero o supposto; preoccupazione, trepidazione: il timore degli esami, delle malattie; aveva timore di non essere promosso; era in gran timore per il suo ritardo; vivere tra continui timori; avere l'animo diviso tra la speranza e il timore; provare, incutere timore; timor panico, panico.
2 sentimento di rispetto e soggezione: i ragazzi ànno timore dei professori | timore reverenziale, sentimento che si prova nei riguardi di persone alle quali si sia legati da particolare e profonda deferenza
3 timore di Dio, (teol.) sottomissione e reverenza fiduciosa dell'uomo verso Dio, che costituisce uno dei sette doni dello Spirito Santo ' essere senza timor di Dio, (fig.) essere spregiudicato, senza scrupoli.
4(estens.) paura, turbamento; dubbio, incertezza, perplessità.
Quanto all’etimo è voce dal lat. timore(m), deriv. di timíre 'temere'.
paura= s. f.
1 sensazione inquietante che si prova in presenza o al pensiero di un pericolo vero o immaginato: aver paura; prendersi una bella paura; diventare pallido, bianco per la paura; tremare di paura; avere paura della morte, di morire | essere morto, mezzo morto di paura, essere spaventatissimo | mettere, far paura a qualcuno, spaventarlo | avere una paura del diavolo, grandissima; brutto da far paura, bruttissimo | niente paura!, non aver paura!, esclamazioni con cui s'incoraggia qualcuno | aver paura della propria ombra, (fig.) spaventarsi per niente, aver timore di tutto.
2 (estens.) timore, preoccupazione; presentimento: ò paura che perderemo il treno.
Quanto all’etimo è voce dal lat. pavore(m) 'timore', con cambiamento di suffisso.

spavento s. m.
1 paura violenta e improvvisa, causata dalla sensazione o dalla vista di un pericolo o di un danno: fare, mettere, incutere spavento; provare spavento; essere preso da (o dallo) spavento; tremare, morire di spavento ' (iperb.) preoccupazione, apprensione o anche impressione negativa, spiacevole: l'idea di viaggiare con questo tempo mi mette spavento; una persona brutta, magra da far spavento
2 (estens.ed è il caso che ci occupa ) grandissimo timore, eccezionale preoccupazione;
3(fam.) persona o cosa molto brutta: quel vestito è uno spavento
4(vet.) malattia dei cavalli per cui il moto delle zampe posteriori non è coordinato con quello delle anteriori.
Etimologicamente è un deverbale di spaventare che è dal lat. volg. *expaventare, intensivo del class. expavíre 'impaurirsi'.

Come mi pare d’aver dimostrato v’è una graduazione tra i tre termini esaminati che perciò andrebbero usati scegliendo opportunamente secondo l’intensità del sentimento o sensazione provati ,partendo dal timore, passando per la paura e giungendo infine allo spavento senza fare di ogni erba un fascio.
Ma queste sono pedanterie o sottigliezze che erano insegnate dai docenti di mezzo secolo fa; quelli di oggi o non le sanno (per non averle colpevolmente apprese) o se ne impipano ed evitano trasmetterle ai discenti, e forse il mio dire risulta essere un inutile parlare al vento. Ma completerò l’argomentare!
Andiamo oltre e passiamo alle voci del napoletano che ordinerò in ordine di graduazione partendo dalle voci che ripetono l’italiano timore, passando per quelle che ripropongono la paura e giungendo infine a quelle che riproducono lo spavento;
per rendere il timore abbiamo:

cacarella, s.vo f.le letteralmente vale:diarrea ma per metonimia di causa ed effetto vale timore,turbamento, incertezza quanto all’etimo è un deverbale di cacare/cacà (dal lat. cacare=defecare) con il suffisso f.le ella;
cacavessa, s.vo f.le letteralmente vale, come la voce precedente:diarrea,ma per metonimia di causa ed effetto vale timore,turbamento, trepidazione, ansia; quanto all’etimo è un deverbale di cacare/cacà (dal lat. cacare=defecare) addizionato del sostantivo vessa (peto non rumoroso) voce deverbale del lat. tardo vissire 'fare peti';
felatorio/felatiello s.vi m.li che letteralmente valgono: intrigo, minaccia raggiro, ma per metonimia di causa ed effetto valgono trepidazione, intimorimento, apprensione, agitazione, inquietudine; quanto all’etimo, ambedue i termini son deverbali di filare/filà= tessere, tramare (raggiri);
per rendere la paura abbiamo:
pavura, s. f. voce che ripete tutti i significati della corrispondente voce dell’italiano paura
1 sensazione inquietante che si prova in presenza o al pensiero di un pericolo vero o immaginato: tené pavura; pigliarse ‘na bbella pavura; deventà janco p’ ‘a pavura; tremmà ‘e pavura; 2 (estens.) timore serio, preoccupazione allarmante; presentimento scoraggiante: aggio pavura ca perdimmo ‘o treno!
Quanto all’etimo è voce derivata come quella dell’italiano dal lat. pavore(m) 'timore', con cambiamento di suffisso; la voce napoletana però conserva al contrario dell’italiano l’etimologicaconsonante fricativa labiodentale sonora v;
tremmarella, , s.vo f.le
stato di profonda agitazione, dovuta a paura,a serio timore o ad allarmante presentimento, talvolta accompagnato da un vero e proprio tremito; quanto all’etimo è voce deverbale di tremmà (= tremare) dal lat. tremere, con mutamento di coniugazione e raddoppiamento espressivo della consonante nasale bilabiale m
tremmuliccio,s.vo m.le
di per sé tremito lieve, ma continuato spesso dovuto a malattie (cfr. Morbo di Parkinson), ma piú spesso e nel nostro caso indice di grande agitazione scaturente da paura o da turbamento; dubbio, incertezza, perplessità; quanto all’etimo è voce deverbale dal tema di di tremmà (= tremare) dal lat. tremere, con mutamento di coniugazione e raddoppiamento espressivo della consonante nasale bilabiale m, addizionato del doppio suffisso ul -iccio ; vattecore, s.vo m.le
letteralmente: 1 battito frequente del cuore (per emozione, sforzo ecc.); palpitazione
figuratamente come nel caso che ci occupa
2 grande trepidazione, ansia grave e notevole : stare cu ‘o vattecore, aspettà ‘na nutizzia cu ‘o vattecore.
etimologicamente è voce formata dall’agglutinazione di una voce verbale (vatte = batte, pulsa (3 p. sg. ind. pres. dell’infinito vattere (dal lat. tardo battere, per il class. battuere con alternanza partenopea b/v)) + il s.vo core= cuore (dal nom. lat. cor – cordis); ed infine per rendere lo spavento abbiamo:
jajo, s.vo m.le che letteralmente vale:freddo pungente, gelo intenso ma per traslato vale: grossa paura, notevole agitazione, penosapreoccupazione, trepidazione tormentosa, angoscia; etimologicamente è voce dal lat. volgare parlato*gliaciu(m)→*jaciu(m)→*jagiu con successiva caduta della g intervocalica e suono di transizione *ja(g)iu→jajo (cfr. curreja←curri(g)ia(m));
schianto, s.vo m.le che letteralmente vale: 1 lo svellere, lo schiantare, lo schiantarsi, l'essere schiantato ' ‘e schianto, all'improvviso, di colpo
2 il rumore secco di cosa che si schianti o scoppi: ‘o schianto della bomba

3 (fig. fam.) persona, cosa molto bella, che riempie di ammirazione, di stupore: ‘nu schianto ‘e guagliona ; chillu filmo è ‘nu schianto.
4(fig. ) dolore acuto, pena lancinante: pruvà ‘nu schianto ô core
5 (fig. come nel caso che ci occupa) spavento improvviso, orrore, terrore, panico;
etimologicamente è un deverbale di schiantare che è dal lat. explantare= spiantare, svellere;

sfunnulo, s.vo m.le che letteralmente vale cosa priva di fondo e nell’espressione tené ‘o sfunnolo vale essere insaziabile come chi abbia lo stomaco privo di fondo;in senso traslato vale grandissima paura, spavento senza fine;
etimologicamente è voce deverbale di sfunnà= sfondare (privare del fondo)
surrejemíento, s.vo m.le che letteralmente varrebbe:sorreggimento, ma per metonimia di causa ed effetto vale orrore, spavento, panico, sgomento quelli che costringono o costringerebbero a sorreggersi per sopportarne il peso; etimologicamente è voce deverbale di surrejere= sorreggere,sostenere, mantenere(Lat. subrigere, comp. di sub 'sotto' e regere 'reggere'): subrigere→surri(g)ere→surrejere;

vermenara. s.vo f.le che letteralmente vale: parassitosi, elmintosi (che,con derivazione da eliminto [ che è dal gr. ἕλμινς –ινϑος (elmins – elmintos) «verme»], nel linguaggio medico,indica la presenza di vermi parassiti nell’intestino, nell'apparato gastrointestinale, ma possono trovarsi anche nel fegato o in altri organi dell’uomo e degli animali, ma per traslato di causa ed effetto la voce a margine indica uno spavento ragguardevole, il massimo del panico tali da procurare, come un tempo si credette, nel pacco intestinale soprattutto dei ragazzi, la nascita di lunghi e sottili vermi;ovviamente la scienza medica stabilí che ben altre son le cause delle infestazioni da elminiti, cause sulle quali non mi esprimo o dilungo (mancandomene una competenza), ma anche quando la medicina si fu espressa, non venne la radicata credenza cui accennavo ed il termine vermenara contnuò ed ancôra continua, tra il popolo della città bassa, ad essere usato per traslato di causa ed effetto indicando uno spavento ragguardevole, il massimo del panico. Qui giunto penso d’aver chiarito il mio assunto all’amico N. C. ed a qualche altro dei miei ventiquattro lettori e penso perciò di poter porre il punto fermo. Satis est.
Raffaele Bracale

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