lunedì 25 gennaio 2010

SIDICE PRUVERBIE CU ‘O VINO.

SIDICE PRUVERBIE CU ‘O VINO.
Illustro qui di seguito, esaminandoli linguisticamente alcuni icastici proverbi napoletani che ànno per protagonista il vino.Come tutti sanno o dovrebbero sapere sotto il generico nome di proverbi sono compresi quelle sentenze, considerazioni, consigli che per essere stati dedotti dall'esperienza, ed aver trovato riscontro nella vita quotidiana ànno preso appunto il nome di proverbi (dal latino: probatum verbum→proverbu(m)(parola provata)). Questi che qui esamino fanno parte di quella complessa impalcatura di vita e pensiero fondamentale su cui poggia la cosiddetta filosofia partenopea.Vediamoli:

1- Tavula senza vino, jurnata senza sole!
Una tavola imbandita senza il vino è pari ad un giorno senza sole. Il buonumore che è determinato da un contenuto consumo di buon vino è pari a quello che mette in cuore una giornata di sole di talché un desco che fosse imbandito senza il sacramentale vino sarebbe triste ed uggiosa come una giornata nuvolosa.
tavula s.vo f.le = tavolo, desco; in napoletano con la voce tavula derivata dal lat. tabula non si intende l’asse di legno stretta e lunga di piccolo spessore: una tavola d'abete; un soffitto di tavole, un pavimento di tavole | calcare le tavole del palcoscenico, (fig.) dedicarsi all'arte drammatica; tavola di salvezza, quella a cui si aggrappa il naufrago;ma si intende specificatamente il mobile costituito da un piano orizzontale di legno, metallo o altro materiale, sostenuto per lo piú da quattro zampe, mobile che viene detto al femminile tavola e non tavolo (come nell’italiano) giacché in napoletano quando si voglia indicare una cosa intesa piú grande (nella fattispecie piú ampia ed adatta a ospitare piú commensali) della corrispondente maschile, la si rende femminile (cfr. altrove cucchiara= mestola del muratore piú grande di cucchiaro= cucchiaio da minestra, tina piú grande di tino, tammorra piú grande di tammurro, carretta piú grande di carretto etc.Fanno eccezione tiana piú piccola di tiano e caccavella piú piccola del caccavo).
senza prep.
1 indica mancanza, esclusione, privazione (si unisce ai nomi direttamente e ai pronomi personali o dimostrativi mediante la prep. di): parto senza balície (partirò senza valigie); rummanette senza sòrde (rimase senza soldi);senza pate e senza mamma (senza padre e senza madre) (o evitando la ripetizione di senza: è senza pate nè mamma);magna tutto senza pane (mangia tutto senza pane); esce sempe senza cappotto (esce sempre senza cappotto);rummané senza parole ( rimanere senza parole) | in numerose locuzioni che ànno valore aggettivale o avverbiale:’nu munno senza pace (un mondo senza pace);n’ommo senza scrupule (un uomo senza scrupoli);l’à ditto senza malizzia( l’a détto senza malizia); senz'altro (sicuramente); | essere, rummané senza quaccosa( essere, rimanere senza qualcosa), esserne, rimanerne sprovvisto |
2 seguita da un infinito o da che e il verbo al congiunt., introduce una proposizione con valore modale:ascette senza pavà (uscí senza pagare); è stato dduje juorne senza magnà e bevere;è stato due giorni senza mangiare e bere; partette senza dicere ‘na parola(partí senza dire una parola);se ne jette senza ca me ll’avesse ditto (se ne andò senza che me neavesse avvertito)
3 in espressioni ellittiche: so’ duiciente chilometre 200 senza ‘a strata ‘a cca all'autostrada, (sono 200 km senza il tratto da qui all'autostrada), senza contare;cirche ‘e cuncludere senza tanti paraustielle( cerca di concludere, senza tanti giri di parole, senza divagare; senza ceremmonie(senza cerimonie), non facendo cerimonie, alla buona; senza cumplimente, senza far complimenti, per le spicce. Quanto all’etimo deriva dal lat. absentia→(ab)sentia, che all'ablativo significa 'in mancanza di'.
vino s.vo neutro
1 bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mosto d'uva: fare, travasare, imbottigliare il vino; bere un bicchiere di vino; vino leggero, generoso, forte, corposo; vino abboccato, amabile, dolce, asciutto, secco; vino rosso, bianco, rosé; vino nuovo, giovane, vecchio, d'annata; vino da pasto, da tavola, da arrosti, da pesce, da dessert; vino italiano, piemontese, del Chianti; i fumi del vino, i suoi effetti inebrianti; reggere il vino, avere la capacità di berne in quantità senza ubriacarsi; vino annacquato, allungato, battezzato, quando è mischiato con acqua | mezzo vino, vinello | vino spumante, spumante | vin santo, vinsanto | vin brûlé, vino fatto bollire con zucchero, cannella e chiodi di garofano, che si beve caldo | vino tagliato, mescolato con altre qualità di vino | vino cotto, ottenuto concentrando il mosto mediante ebollizione | vino passito, fatto con uva passa.
2 bevanda alcolica ottenuta da frutti fermentati: vino di mele, di pere, sidro; vino di palma, ottenuto dalla distillazione dei datteri; vino di riso, sakè || Usato anche come agg. invar. nella loc.: rosso vino, colore rosso intenso tendente al viola.
La voce è derivata dal tardo lat. vinum.
Rammento che nella smorfia napoletana (con la parola smorfia non si intende la contrazione del viso che ne altera il normale atteggiamento ed è provocata per lo piú da sensazioni dolorose o spiacevoli; ad es.: una smorfia di dolore,...; in tale accezione la parola si fa derivare da un antico sostantivo morfa o mòrfia = bocca addizionato di una s distrattiva per significare il movimento contrattivo che altera i normali caratteri della bocca; rammenterò al proposito di mòrfia = bocca che da esso termine si trasse il verbo gergale della parlesia (gergo ossia linguaggio convenzionale usato dagli appartenenti a determinate categorie o gruppi sociali al fine di non farsi intendere da chi ne è estraneo: nella fattispecie linguaggio dei dei suonatori ambulanti) smorfí/smurfí = mangiare; in effetti la parola smorfia come nome dato al libro dei sogni da cui si ricavano i numeri per il lotto, spec. quello con figure destinato agli analfabeti, etimologicamente si fa risalire a Morfeo, nome del mitologico dio del sonno) o cabala (che etimologicamente è dall'ebr. qabbalah, cioè propr. 'dottrina ricevuta, tradizione' ed è l’arte con cui, per mezzo di numeri, lettere o segni, si presumeva e si presume di indovinare il futuro o di svelare l'ignoto | (estens.) operazione magica; cosa misteriosa, indecifrabile | cabala del lotto, serie di operazioni aritmetiche per indovinare i numeri del lotto che potrebbero sortire) libro dei sogni in cui ad ogni avvenimento, persona o cosa sognati si assegna un numero di riferimento, tradizionale napoletana; al numero 45 è codificato ‘o vino bbuono = il vino buono;infatti nell’immaginario popolare partenopeo, frutto di antica tradizione contadina, una figura di preminenza forte, tale da essere considerato pure nel libro dei sogni, è quella del vino, gustosa e sacrale bevanda (non dimentichiamo che Cristo lo trasformò nel Suo Sangue! ) bevanda che va da sé debba essere buona, non potendosi prendere in seria considerazione una bevanda che sia una ciofeca (dall’arabo šafèq che in arabo indica appunto un liquido, una bevanda corrotta o piú estensivamente tutto il cattivo delle cose, di qualità inferiore, di scarto, di nessun valore); etimologicamente vino è dal latino vinum e bbuono dal latino bonum; Rammento ancóra che nel latino, per indicare il vino puro, schietto si ebbe pure la voce merum donde il campano: napoletano ed irpino miero (vino puro e semplice) e l’agg.vo italiano mero = puro, schietto, non mescolato: cosí scintilla / come raggio di sole in acqua mera (DANTE Par. IX, 113-114)
(fig.) vero e proprio, che è tale e niente altro; puro e semplice (si prepone a un sostantivo per restringerlo nel suo significato specifico): per mero caso; per mera curiosità; una mera possibilità.
jurnata s.vo f.le = giornata,
1 il periodo compreso tra la mattina e la sera in rapporto al tempo atmosferico o al lavoro, all'attività che vi si svolge, oppure agli avvenimenti che vi accadono: ‘na jurnata ‘e sole, ‘e viento; jurnata ‘e fatica, jurnata ‘e festa; ‘na jurnata ‘e otto ore’e fatica ; ‘na jurnata ca nun se scorda (una giornata che resterà memorabile);dint’ â jurnata (in, nella, entro la giornata), nel giorno stesso | di giornata, del giorno stesso: ova d’’a jurnata uova di giornata freschissime; caporale di giornata , che è di servizio in quel giorno | faticò a gghiurnata (lavorare a giornata), prestare la propria opera essendo assunto e retribuito di giorno in giorno o anche per un giorno solo | vivere alla giornata, senza preoccuparsi del futuro | andare a giornate, (fig.) essere di umore o salute variabile | giornata nera, (fig.) quella in cui tutte le cose vanno male. dim. giornatina pegg. giornataccia
2 il corrispettivo di una giornata di lavoro: abbuscarse ‘a jurnata (guadagnarsi la giornata)
3 la distanza, il cammino percorribile in un giorno: la nave era a una giornata dal porto |
4 giorno dedicato a una celebrazione oppure a iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica su un importante problema di carattere civile o sociale: la giornata del fanciullo, dell'handicappato; giornata di studi, in cui si tengono convegni, mostre e sim. su un argomento di studio
5 giorno caratterizzato da fatti d'arme: ‘e quatte jurnate ‘e Napule(le quattro giornate di Napoli), i giorni della ribellione popolare contro l'occupazione nazista (28 settembre - 1° ottobre 1943) | 6 in Piemonte (giornata), unità di misura di superficie dei terreni agrari corrispondente a ca 3810 m2 (pressappoco quanto può essere arato da una coppia di buoi in un giorno).Etimologicamente la voce jurnata à alla base il lat. diurnu(m) tempus= tempo di luce influenzato dal francese journée.
sole s.vo m.le = sole 1 (astr.) la stella a noi piú vicina, attorno alla quale girano i pianeti e gli altri corpi celesti del sistema che è detto appunto solare, fra i quali la Terra (si scrive con iniziale maiuscola quando è nome proprio del corpo celeste) | (estens.) ogni stella che sia centro di un sistema planetario
2 ciò che si percepisce del Sole dalla Terra, con partic. riferimento alla luce, al calore, al suo moto apparente: il sole si leva a oriente e tramonta a occidente; al sorgere del sole, all'alba; al calar del sole, al tramonto; oggi non c'è sole, il sole non è visibile perché coperto dalle nuvole; c'è un bel sole, non ci sono nuvole e il sole appare luminoso e caldo; contro sole, col sole di fronte, controluce ' occhiali da sole, con lenti colorate, per riparare gli occhi dalla luce troppo intensa ' colpo di sole, insolazione ' avere qualcosa al sole, avere qualche proprietà ' chiaro come il sole, come la luce del sole, evidente, lampante ' alla luce del sole, apertamente, senza sotterfugi o nascondimenti: fare le cose alla luce del sole | vedere il sole a scacchi, essere in prigione ' prendere il sole, essere esposto ai raggi solari, detto di cose; detto di persone, esporvisi, spec. per cura, per abbronzarsi ' cura del sole, elioterapia | farsi bello del sol di luglio, vantarsi di cose di cui non si ha alcun merito | niente di nuovo sotto il sole, motto biblico che vuol sottolineare la ripetitività delle vicende terrene. DIM. solicello
3 (estens.) la direzione in cui nel nostro emisfero e alle nostre latitudini è il sole a mezzogiorno; sud: una casa esposta al sole | autostrada del sole, denominazione dell'autostrada Milano-Reggio Calabria
4 in alcune espressioni è simbolo di bellezza, di fascino, di sapienza, di perfezione ideale: essere comme ô sole, bello/a comme ô sole sole; ‘o sole d’’a libbertà;
5 (poet.) giorno: intero un sole al lagrimar si doni (MONTI) | anno: Se la vostra memoria non s'imboli / nel primo mondo da l'umane menti, / ma s'ella viva sotto molti soli (DANTE Inf. XXIX, 103-105)
6 persona amata: poi che scampo non ò del mio bel sole (BEMBO) | pl. gli occhi amati
7 una delle figure nel gioco dei tarocchi
8 pietra di sole, (minerale) varietà pregiata di feldspato bianco grigiastro con inclusioni lucenti e rossastre di ematite.
Quanto all’etimo la voce è dal lat. sole(m)
Al sole di cui all’accezione 4 è dedicata la piú universalmente conosciuta canzone napoletana pubblicata nel 1898 e nota a livello internazionale: ‘O SOLE MIO (versi di Giovanni Capurro Napoli, 5 febbraio 1859 † Città del Messico, 20 gennaio 1920) – musica di Eduardo Di Capua (Napoli, 12 maggio 1865 † Milano, 3 ottobre 1917) È stata incisa da numerosi cantanti in lingue diverse ed è stata ed è ancóra cavallo di battaglia dei tenori (a cominciare dall’insuperabile Enrico Caruso (Napoli,25 febbraio1873 † ivi 2 agosto 1921)) di tutti i tempi.

2- ‘A meglia mmericina? vino ‘e campagna e purpette ‘e cucina!
Letteralmente: La migliore medicina? Vino preparato artigianalmente nell’adatto periodo stagionale di attività agricola in campagna (ad opera di vitocultori privati) e polpette preparate domesticamente (per mano di massaia).Nel doppio consiglio si adombra l’opportunità di ricorrere per guarire dai proprî malanni ad una medicina naturale rappresentata nella fattispecie dal genuino vino prodotto non industrialmente, ma artigianalmente in campagna ad opera di vitocultori privati, medicina naturale rappresentata altresí da polpette preparate domesticamente per mano di massaia secondo ricette familiari.
meglia agg.vo f.le = migliore; etimologicamente la voce a margine è una femminilizzazione di meglio che è dal lat. melius, neutro di melior /oris 'migliore'.
mmericina s.vo f.le = medicina;
1 disciplina che studia le malattie e i mezzi per riconoscerle, curarle e prevenirle; in contrapposizione a chirurgia, può indicare quella parte della medicina che cura le malattie senza ricorrere a interventi cruenti: medicina interna; medicina preventiva, del lavoro; medicina ambientale, branca della medicina che studia l'incidenza dei fattori ambientali (alimentazione, condizioni atmosferiche, esposizione a sostanze tossiche ecc.) sulle malattie | reparto medicina, in un ospedale, quello di medicina interna o di medicina generale | medicina legale, quella che tratta problemi medici, chirurgici o biologici in rapporto con le scienze giuridiche e sociali | medicina spaziale, quella che studia gli effetti prodotti sull'organismo dalla permanenza nello spazio extraterrestre | medicina nucleare, quella che utilizza tecniche nucleari a scopo diagnostico o terapeutico
2 (come nel caso che ci occupa)ogni preparato che serve a curare; farmaco, spec. se da assumere per via orale: una medicina efficace; prendere, bere la medicina; usare troppe medicine
3 (fig.) ogni cosa che possa apportare benessere o sollievo e che rappresenti un rimedio a mali fisici o morali
Quanto all’etimo è voce dal lat. medicina(m), propr. f.le di medicinus, agg. di medicus 'medico' con la tipica rotacizzazione osco-mediterranea per cui medicina(m)→mericina; la espressiva geminazione iniziale della consonante nasale bilabiale m è normale per le voci precedute dalle vocali a ( es. a mmorte ‘e subbeto – a mmammà), e ( es. ‘e mmele cotte- ‘e mmeglie d’’o mazzo), o ( es. ‘o mmale- ‘o mmeglio).
campagna s.vo f.le = campagna;
distesa di terreno fuori dell'abitato, coltivata o coltivabile, in genere pianeggiante e dall'ampio orizzonte: andare, stare, vivere in campagna; campagna incolta, rigogliosa; i prodotti della campagna, quelli agricoli | in aperta campagna, lontano dai centri abitati | battere, scorrere la campagna, (ant.) vivere di brigantaggio | andare in campagna, (fam.) andare in villeggiatura | piano di campagna, (edil.) livello del terreno al quale si riferisce il piano di un edificio o di una strada che si trovano al di sopra o al di sotto del terreno stesso |vino di campagna quel vino genuino prodotto artigianalmente o domesticamente dai lavoratori della campagna, vino inteso migliore di quello prodotto industtrialmente.
2 zona rurale, lontana dai centri urbani: gente, villaggio, osteria di campagna
3 (ed è il caso che ci occupa) periodo stagionale di attività agricola: la campagna dell’uva, delle olive
4 terreno aperto adatto alle manovre militari: artiglieria da campagna, che si può trasportare sul campo di battaglia
5 (estens.) durante una guerra, l'insieme delle operazioni strategiche svoltesi in un determinato periodo o in una determinata area geografica: le campagne di Napoleone; le campagne d'Africa ' (fig.) attività intensa, ma breve, generalmente di più persone, volta a conseguire un particolare fine: campagna elettorale, pubblicitaria; campagna di scavi, di vendite | campagna acquisti, trattative per il passaggio dei giocatori di calcio da una società a un'altra
6 (arald.) pezza onorevole che occupa il terzo inferiore dello scudo.
Etimologicamente la voce campagna deriva dal lat. tardo campania(m), deriv. di campus 'campo';
purpette s.vo f.le pl. di purpetta = polpetta, 1 pietanza di carne o altra sostanza (ad es. pesce) tritata, aromatizzata con condimenti e preparata in piccole forme rotonde e schiacciate che vengono fritte o cotte in umido: polpette di manzo, di pollo, di tonno | far polpette di qualcuno, (fig. scherz.) conciarlo in malo modo; stravincere su di lui.
2 boccone avvelenato che si getta ai cani o ad altri animali per ucciderli
3 (fig.) libro farraginoso e tedioso
4 pl. (scherz.) le calze (dette anche polpe con particolare riferimento a quelle in uso nell’abbigliamento maschile del XVIII sec). Etimologicamente la voce a margine è marcato sul s.vo porpa che è dal lat. tardo pulpa(m)→purpa(m)→porpa.
Cucina s.vo f.le = cucina;
1 stanza in cui si preparano e si cuociono i cibi: un appartamento di due stanze e cucina; la cucina di un albergo, di un ospedale; pranzare in cucina; cucina abitabile, abbastanza grande da potervi pranzare e soggiornare.
2 il cucinare: l'arte della cucina; far da cucina, preparare da mangiare | i cibi stessi e il modo di cucinarli: amare la buona cucina; cucina francese, napoletana, casalinga; cucina povera, con cibi di poco costo
3 apparecchio a fornelli per la cottura dei cibi: cucina a gas, a legna, elettrica
4 il complesso dei mobili che arredano una cucina: una cucina in abete, in laminato plastico; cucina componibile, americana, quella costituita da elementi componibili ravvicinati in blocchi compatti
5 cucina colori, reparto di una stamperia di tessuti in cui si preparano le paste da stampa.
Etimologicamente da un tardo latino: cocina(m), variante di coquina(m), deriv. di coquere 'cuocere');
polpette di cucina si intendono quelle gustose, nutrienti e genuine polpette fritte (polpette da impasto di carne trita, uova ed aromi) prodotte domesticamente nelle cucine familiari, polpette intese migliori di quelle prodotte nelle cucine dei ristoranti dove, purtroppo, spesso è d’uso conferire all’impasto delle polpette imprecisati residui e /o avanzi di altre preparazioni culinarie.
3- ‘Na bbona mmericina? Pinnule ‘e pullaste e sceruppo ‘e cantina!
Letteramente: Una buona medicina? Pillole di pollastro e sciroppo di cantina.
Anche in questo proverbio si adombra l’opportunità di ricorrere, per guarire dai proprî malanni, ad una medicina naturale rappresentata nella fattispecie da un genuino vino vecchio prodotto non industrialmente, ma artigianalmente in campagna ad opera di vitocultori privati,vino che qui è definito icasticamente sciroppo di cantina ossia vino invecchiato in botte, fino a diventare della consistenza liquorosa d’uno sciroppo e conservato in cantina domestica; la medicina naturale è qui rappresentata altresí non piú, come per il precedente proverbio da polpette preparate domesticamente per mano di massaia secondo ricette familiari, ma da gustosi bocconi di carne di pollastro; nella parlata napoletana con la voce pullasto (con derivazione dal tardo lat. *pullast(r)u(m), deriv. di pullus 'pollo') s.vo m.le = pollo giovane, non si intende un qualsiasi pollo allevato magari industrialmente in batteria, ma si identifica il giovane pollo ruspante e razzolante allevato in libertà sull’aia di una casa di un campagnolo o di un contadino, pollo che à carni piú sode e possibilmente piú gustose d’un anemico pollo allevato industrialmente in batteria.
Pínnule s.vo m.le pl.di pínnulo = pillola
1 (farm.) denominazione generica di preparati farmaceutici di forma tondeggiante, da prendere per via orale: pillole lassative, diuretiche, ricostituenti | (assol.) pillola anticoncezionale: prendere la pillola; fare uso della pillola.
2 (fig.) piccola dose: prendere qualcosa in pillole; scienza ridotta in pillole, esposta in modo graduale, facile
3 (fig.) cosa sgradita; dispiacere: ingoiare la pillola; indorare, addolcire la pillola
4 (gerg.) proiettile, pallottola.
Va da sé che che la voce napoletana non si riferisce a nessuna delle accezioni indicate ma è usata icasticamente per indicare, come ò detto, dei bocconi di pollastro che assolvendo la funzione di medicamento posson esser detti icasticamente pínnule (voce che è dal lat. pilula(m), dim. di pila 'palla' con cambio di genere, nonché dissimilazione e raddoppiamento espressivo della prima l consonante laterale alveolare liquida: l→nn seguendo il percorso morfologico che conduce da pilula(m), a pínnulo che al pl. è pínnule.
4 –Vino, carne e maccarune songo ‘a cura p’’e purmune.
Vino e maccheroni sono la cura (per le malattie ) dei polmoni. Fu antica convinzione popolare che il cosiddetto mal di petto (malattia dell’apparato respiratorio) dovessi curarsi con adeguato nutrimento rappresentato nella fattispecie dalla classica unione di maccheroni, carne e vino (genuino)
carne/a = carne s.vo f.le qui essenzialmente la parte degli animali, spec. dei mammiferi d'allevamento, costituita soprattutto dal tessuto muscolare ed adiposo, che viene usata come alimento dell'uomo: carne fresca, congelata, surgelata; carne lessata, affumicata, essiccata, in scatola; carne ovina, bovina, suina, equina; brodo di carne; carne bianca, di pollo o vitello; carne rossa, di manzo o maiale; quanto all’etimo la voce carne/a è dal lat. carne(m)
maccarune/i plurale metafonetico del singolare maccarone = generica pasta alimentare, piú nota con varie specifiche denominazioni giusta il formato di détta pasta: lunga o corta, bucata e non; etimologicamente il termine maccarone deriva,secondo alcuni dal greco makaría= piatto di fave e fiocchi di avena, o da makariòs= beati o pasto funebre, a mio avviso è molto piú convincente l’etimologia che chiama in causa il latino maccare = impastare e comprimere (rammenterò infatti che originariamente ‘e maccarune furono latini e furono essenzialmente della pasta casalinga (gnocchi) ricavata dall’impasto di farina, sale ed acqua; tale impasto veniva schiacciato (maccatus) e tagliato in pezzetti poi compressi tal quale i greco - napoletani strangulaprievete (vedi alibi).
purmune/i s.vo m.le plurale metafonetico di purmone = polmone, ciascuno dei due organi della respirazione dei vertebrati (esclusi i pesci), che si trovano nella cavità toracica: respirare a pieni polmoni, inspirando ed espirando profondamente; gridare a pieni polmoni, con tutta la forza del proprio fiato; avere buoni polmoni, (scherz.) si dice di chi parla o canta a voce altissima | polmone d'acciaio, (med.) apparecchio che determina movimenti passivi della cassa toracica, in soggetti affetti da paralisi dei muscoli dell'apparato respiratorio. La voce purmone da cui il pl. metafonetico purmune/i è dal lat. pulmone(m) con tipica alternanza della liquida l→r.
5- Maccarune, carne e vvino a cannata, buonu sanco pe tutt’’a jurnata!
Maccheroni, carne e vino a garganella, buon sangue per l’intera giornata!
Anche in questo caso, come nel precedente proverbio,ci troviamo a che fare con un’antica convinzione popolare per la quale un abbondante nutrimento rappresentato nella fattispecie dalla classica unione di maccheroni, carne e vino (genuino) bevuto abbondantemente a garganella, produce effetti salutari (produzione di sangue) per l’intera giornata.
a cannata = a garganella locuzione avverbiale modale con cui si indica un modo di bere quasi senza accostare il recipiente alla bocca, lasciando cadere il liquido dall'alto e inghiottendolo d'un fiato | bevere a ccannata(bere a garganella) (fig.) essere incline a bere molto, soprattutto vino o alcolici; la voce cannata è marcata su canna =gola canna deriva dal latino/greco kanna e questo dal semitico qaneh).Rammento ancóra che nell’idioma napoletano la voce gola si rende appunto con la parole canna o cannarone o anche, (ma raramente) cannarino o meglio al pl. cannarine; esattamente la prima voce
- canna è usata soprattutto agglutinata con la preposizione in nell’espressione ‘ncanna= in gola usata sia in senso reale come nel caso di funa ‘ncanna= corda alla gola – annuzzà ‘ncanna= soffocare per non riuscire a deglutire un boccone di cibo finito per traverso oppure in senso metaforico restà ‘ncanna= restare in gola détto di ciò cui non sia pervenuti o non si sia potuto conseguire; ‘ncanna è: in+canna (che, come ò détto deriva dal latino/greco kanna e questo dal semitico qaneh) dove ovviamente con canna si intende il canale della gola); l’altra voce usata per indicare propriamente il canale della gola il gorgozzúle (dall'ant. gorgozzo o gorgozza, che è dal lat. volg. *gurgutiam, per il class. gurges -gitis 'gola’) la seconda voce – dicevo - è
- cannarone palesemente accrescitivo della pregressa canna; cannarone tuttavia non dovrebbe indicare la trachea (dal lat. tardo trachia(m), dal gr. trachêia (artìría), propr. '(arteria) ruvida', f. sost. dell'agg. trachys 'ruvido', perché al tatto risultano sensibili i passaggi fra un anello cartilagineo e l'altro) che è poi l’organo dell'apparato respiratorio a forma di tubo, costituito da una serie di anelli cartilaginei, compreso fra la laringe e i bronchi, organo cui si fa riferimento con il napoletano canna; cannarone è usato infatti soprattutto nelle espressioni in cui occorra sottolineare una pretesa vastità del tratto del tubo digerente che va dalla faringe allo stomaco, cioè dell’esofago (dal gr. oisophágos, comp. di óisein 'portare, trasportare' e phaghêin 'mangiare') di chi ingurgiti molto cibo e lo faccia voracemente; possiamo perciò dire che in napoletano – contrariamente da ciò che ritengono i piú avvezzi a far d’ogni erba un fascio, la voce canna corrisponde alla trachea mentre il cannarone è l’esofago.
A margine rammenterò che nell’uso del parlato soprattutto provinciale e/o dell’entroterra accanto al termine cannarone ne esistono altri due da esso derivati e che ne sono una sorta di dispregiativo e sono: cannaruozzo e cannaruozzolo; il suffisso ozzo/uozzo di matrice tardo latino volgare fu usato per indicare (cfr. Rohlfs G.S.D.L.I.E S.D. sub 1040 )qualcosa di rozzo, grossolano, contadinesco e dunque di pertinenza di voci dispregiative; tuttavia nel caso di cannaruozzolo ci troviamo in presenza di una sorta di divertente ossimoro determinato dall’aggiunta d’un suffisso diminutivo olus→olo ad un termine accrescitivo e dispregiativo come cannaruozzo (che in origine è cannar(one)+uozzo). La terza ed ultima voce usata per indicar la gola è
- cannarine/cannarinule che è, in ambedue le poco differenti presentazioni morfologiche, il plurale di cannarino/cannarinulo s. m.anch’esso derivato quale diminutivo da canna usato però per indicare né la trachea, né l’esofago quanto le due carotidi (ciascuna delle due grandi arterie del collo che dall'aorta portano il sangue alla testa con etimo d al gr. karotís -ídos, deriv. di káros 'sonno', perché si credeva che premendo queste arterie si inducesse il sonno) ed il gozzo (prob. forma accorciata di un ant. gorgozzo o gorgozza) voce che letteralmente indica il rigonfiamento nella parte anteriore del collo, dovuta all'ingrossamento della tiroide, ma nel parlato comune indica la gola tout court, per cui con la voce ‘e cannarine/cannarinule si fa riferimento a quelle parti anatomiche del collo (gozzo e/o carotidi) che se fatte oggetto di lesione da arma bianca (sgozzare) conducono rapidamente a morte il colpito: taglià ‘e cannarine a quaccheduno= sgozzarlo. In chiusura preciso che cannata sta esattamente per golata = l’ingurgitare pieno e vorace.
buono/u agg.vo m.le = buono, e qui salutare, salubre, prospero, giovevole, per l’etimo dal lat. bŏnu(m)→buono;
sanco s.vo neutro =sangue, tessuto fluido, viscoso, rosso, che circola nell'apparato cardiovascolare dei vertebrati trasportando gas, principi nutritivi, ormoni e prodotti del metabolismo; è costituito da plasma (siero e fibrinogeno) e corpuscoli (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine); in molte locuzioni è usato per indicare ferimento o uccisione battere qualcuno a sangue, fino a farlo sanguinare; duello all'ultimo sangue, finché uno dei duellanti non cada ucciso; duello al primo sangue, finché uno dei duellanti non resti ferito; essere assetato di sangue, desideroso di uccidere per vendetta o perché spinto da follia; dare, versare il proprio sangue per qualcuno, per qualcosa, fare olocausto della propria vita; scritto a caratteri di sangue, si dice di avvenimenti che siano stati accompagnati da lotte; in altre locuzioni (come in questa) è usato per indicare la buona salute, altrove indica la discendenza: buon sangue non mente; la voce napoletana sanco etimologicamente è da un acc.vo lat. sangue(m) (collaterale del class. sanguine(m) ) base d’un metaplasmo volgare *sangu(m)/sancu(m)
pe (con etimo dal lat. per) corrisponde all’italiano per in tutte le sue funzioni ed accezioni :
1) determina il luogo attraversato da un corpo in movimento o attraverso il quale passa qualcosa che à un'estensione lineare (anche fig.): il ‘o treno è passato pe Caserta; ‘o curteoà sfilato pe ‘o corzo;’o mariuolo è trasuto p’’a fenesta; | può anche specificare lo spazio circoscritto entro cui un moto si svolge e, per estens., la cosa, l'ambito entro cui un fenomeno, una condizione si verificano: passiggià p’’o ciardino;jí pe mmare e pe tterra; tené delure pe tutt’’a vita | indica anche la direzione del moto: saglí e scennere p’’e scale; arrancà pe tutta ‘a sagliuta
2) indica una destinazione: partí pe Pparigge; ‘ncammenarse p’’a città; piglià ‘a strata p’’o mare; ‘o treno pe Rroma | (estens.) esprime la persona o la cosa verso cui si à una disposizione affettiva, un'inclinazione: tené simpatia pe quaccheduno; avé passione p’’a museca ;
3) introduce una determinazione di stato in luogo, che si riferisce per lo piú a uno spazio di una certa estensione: ‘ncuntrà quaccheduno p’’a strata; ce stanno cierti giurnale pe tterra;
4) esprime il tempo continuato durante il quale si svolge un'azione o un evento si verifica (può anche essere omesso): aspettà (pe) ore e ore; faticà (pe) anne e nun cacciarne niente; sciuccaje (pe) tutta ‘a notte; durarrà (pe) tutta ‘a vita | se introduce una determinazione precisa di tempo, esprime per lo piú una scadenza nel futuro: turnarrà p’’e ddiece; êsse ‘a essere pronto pe Nnatale
5) introduce un mezzo: mannà pe pposta; spedí pe ccurriere; dirlo pe ttelefono; parlà pe bbocca ‘e n’ato;
6) esprime la causa: era stracquo p’’a fatica; alluccava p’’o dulore; non ve preoccupate pe nnuje; supportaje tutto p’ ammore sujo; condannà pe ‘mmicidio;
7) introduce il fine o lo scopo: libbro pe gguagliune; pripararse pe ‘nu viaggio; attrezzarse p’’a montagna; | in dipendenza da verbi che indicano preghiera, giuramento, promessa, esortazione e sim., indica l'ente, la persona, il principio ideale per cui o in nome di cui si prega, si giura, si promette ecc.: facítelo pe Ddio; pe ccarità, facite ca nun se venesse a sapé in giro; giurà pe ll’uocchie suoje; ll’à prummiso pe qquanto tène ‘e cchiú ccaro |, Pe ttutte ‘e diavule!, p’’a miseria! e sim., formule di esclamazione o di imprecazione
8) introduce la persona o la cosa a vantaggio o a svantaggio della quale un'azione si compie o una circostanza si verifica: faciarria qualsiasi cosa pe tte; accussí nun va bbuono pe nnuje; piezzo e ppejo pe cchi nun vo’ capí; n’aria ca nun è bbona p’’a salute; murí p’’ammore d’’e figlie; pregà p’’e muorte; avutà pe n’amico ; ‘a partita è fernuta tre a ddoje p’’a squadra ‘e casa ;
9) determina il limite, l'ambito entro cui un'azione, un modo di essere, uno stato ànno validità: pe ll’intelliggenza è ‘o meglio d’’a classe; p’’e tiempe ‘e mo, è pure assaje; pe chesta vota sarraje perdunato; pe lloro è comme a ‘nu figlio; pe mme, state sbaglianno; pe quanto te riguarda, ce penzo io personalmente ;
10) introduce il modo, la maniera in cui un'azione si compie: ; parlà pe ttelefono; chiammà pe nnomme ; pavà pe ccuntante; tené pe mmano; assumere pe ccuncorzo;
11) indica un prezzo, una stima: aggio accattato pe ppochissimi sorde ‘nu bbellu mobbile antico; vennere ‘na casa pe cciento meliune; nun ‘o faciarria pe ttutto ll'oro d’’o munno;
12) in funzione distributiva: marcià pe dduje;metterse pe ffile; uno pe vvota; duje pacche pe pperzona; juorno pe gghiuorno | per estensione, indica la percentuale (pe cciento, nell'uso scritto %): ‘nu ‘nteresse d’’o diece pe cciento (o 10%) | nelle operazioni matematiche, dice quante volte un numero si moltiplica o divide (nel secondo caso può essere omesso): multiplicà cinche pe ddoje 5 ; diciotto diviso (pe) ttre dà seje; da qui l'uso assol. di pe a indicare un prodotto (nell'uso scritto rappresentato dal segno X)
13) introduce una misura o un'estensione: ‘a strata è ‘nzagliuta pe pparicchie chilometri; l'esercito avanzaje pe ccinche miglia e cchiú;
14) introduce una funzione predicativa, equivalendo a come: averlo p’ amico; pigliarla pe mmugliera; tené pe ccerto; pavà ‘nu tot pe ccaparra;
15) indica scambio, sostituzione, equivalendo alle locuzioni in vece, in cambio, in luogo di e sim.: l’aggiu pigliato p’’o frato; t’’o ddice isso pe mme; capí ‘na cosa pe n’ata;
16) indica origine, provenienza familiare nella loc. pe pparte ‘e: parente pe pparte ‘e mamma;
17) il pe seguito dal verbo all'infinito introduce una prop. finale: l’hê scritto p’’o ringrazzià?; ce ne vo’ pe tte cunvincere!; | causale: fuje malamente cazziato p’ avé risposto scustumatamente; era assaje stanco pe nun avé durmuto tutt’’a notte| consecutiva: è troppo bbello p’ essere overo; sî abbastanza crisciuto pe ccapirlo
18) nelle loc. perifrastiche , stare/stà pe, essere sul punto, in procinto di: stongo pe ppartí; steva quase pe sse cummuovere;
19) concorre alla formazione di numerose loc. avverbiali: p’’o mumento; pe qquanno è ‘o caso; pe ttiempo; pe lluongo; pe llargo; pe ccerto; pe ll'appunto; pe ccaso; pe ccumbinazzione; pe ppoco | congiuntive: p’’o fatto ca; pe vvia ca | pe ppoco (assaje, bello, brutto, caro e sim.) ca è o ca fosse , con valore concessivo: pe ppoco ca è, meglio ‘e niente.
Rammento che in napoletano la preposizione pe derivando dal lat. pe(r) ed avendo perduto una semplice consonante finale (nella fattispecie la r) e non una sillaba, non richiede nessun segno diacritico; per cui per→pe come altrove cum→cu, mox→mo, post→po e non pe’, cu’, mò,po’ come purtroppo capita di trovare in molti (anche famosi o famosissimi, ma non per questo, illetterati) autori partenopei o sedicenti tali!
tutta agg.vo f.le = tutta, [in funzione attributiva è seguito dall'art. o dal pron. dimostrativo, ma li rifiuta con i nomi di città e piccole isole, che comunemente non sono preceduti dall'art., e in alcune altre espressioni]
1 riferito a un sostantivo sing., indica un'intera quantità o un'intera estensione (nello spazio o nel tempo), in usi propri e fig.: à magnato tutt’’a pizza(à mangiato tutta la torta);à cunzumato tutta ll’acqua (à consumato tutta l'acqua); aggiu liggiuto tutt’’a rivista(ò letto tutta la rivista);aggiu fatto tutto chello ca putevo (ò fatto tutto quello che potevo); cu tutt’’a bbona vuluntà nun me putette ajutà(con tutta la buona volontà, non potette aiutarmi; fa quacche ccosa cu tutt’’o core(fare qualcosa con tutto il cuore); tutto chesto nun succedarrà cchiú(tutto questo non accadrà piú); facèttemo tutt’’a strata(percorremmo tutta la strada); aggiu liggiuto tutt’’o tiempo(ò letto tutto il tempo); tutta Capre è rrummasa ddoje ore senza luce( tutta Capri è rimasta due ore senza elettricità); à sturiato tutto Petrarca, tutt’Ariosto (à studiato tutto Petrarca, tutto l'Ariosto), l'intera loro opera | in funzione predicativa: ‘o ppane ca ce sta è tutto a ttavula(il pane che c'è è tutto in tavola); | rafforzato da 'quanto' o 'intero': à sufferto pe tutta quanta ‘a vita(à sofferto per tutta quanta la vita); | preceduto da a assume il valore di 'compreso, incluso': pe llunnerí s’à dda sturià ‘nzino a tutt’’o terzo capitulo(per lunedí si dovrà studiare fino a tutto il terzo capitolo); a tutt'oje, a tutto dimane, (a tutt'oggi, a tutto domani), compresa la giornata di oggi, di domani, fino a oggi, a domani; in altre locuzioni, con valore intensivo: a tutta velocità, alla maggiore velocità possibile; a tutta forza, spingendo al massimo della forza; a tutta prova, che resiste a qualsiasi prova | in usi ellittici:tutta a dritta, tutta a mancina (tutta a dritta, a manca), (mar.) per ordinare la massima inclinazione del timone verso destra o sinistra; avanti, indietro tutta!, (mar.) ordine di andare avanti o indietro con la massima forza.
2 riferito a un sostantivo pl. o a un nome collettivo, indica la totalità delle persone o delle cose considerate: un appello rivolto a tutti i cittadini; invitò tutti i suoi amici alla festa; tutti loro sanno come si sono svolti i fatti; tutte le strade della città erano imbandierate; ha speso in una sera tutto il denaro guadagnato nella settimana; tutto il bestiame era rinchiuso nella stalla; tutte queste cose prima non c'erano | in funzione predicativa: i biscotti sono tutti nella scatola; i ragazzi stavano tutti studiando | rafforzato da 'quanto' o da 'intero': la protesta si allargò a tutti quanti i presenti; fu promossa la classe tutta intera | seguito dalla congiunzione e e da un numerale cardinale, indica che un determinato numero di persone o di cose sono considerate nel loro complesso: tutti e due i fratelli; tutt'e tre le sorelle; essere, fare tutt'uno, essere una sola cosa, costituire un'unica entità | in usi ellittici: una volta per tutte, una volta per sempre; inventarle, pensarle tutte, tutte le astuzie, le trovate possibili
3 riferito a un sostantivo pl., può anche valere 'qualsiasi, ogni': riceve visite a tutte le ore; lo farà a tutti i costi; in tutti i modi, comunque | di tutto punto, compiutamente, in ogni particolare; perfettamente: vestirsi di tutto punto
4 con valore intensivo assume significato equivalente a quello degli avv. 'interamente, completamente': era tutta felice, commossa; si presentò tutto sporco; se ne stavano tutti soli; la campagna era tutta verde; la nave era inclinata tutta su un fianco; a quella vista rabbrividì tutto, in tutta quanta la persona | essere tutto una persona, somigliarle moltissimo: la figlia è tutta la madre| essere tutto naso, tutt'occhi, tutta bocca e sim., averli molto grandi | in usi fig.: essere tutt'occhi, tutt'orecchi, guardare, ascoltare con moltissima attenzione; essere tutto d'un pezzo, essere inflessibile, incorruttibile; essere tutto casa, famiglia, lavoro, essere interamente dedito alla casa, alla famiglia, al lavoro
5 in altre locuzioni, con uso analogo a quello del punto precedente: tutt’ ô cuntrario(tutto il (o al) contrario), proprio il contrario, l'esatto contrario | tutt'altro, ben diverso: sono di tutt'altro parere; nelle risposte, usato assol., equivale a una negazione decisa:”Staje stanco?” “Tutt’altro!” "Sei stanco?" "Tutt'altro!"
pron. indef.
1 ogni cosa, per lo piú con valore indeterminato:pe isso tutt’ è bbello( tutto è bello per lui); penzo a tutt’ io!(penserò a tutto io); pàtemo era tutto pe mme(mio padre era tutto per me; Tutto, ma chesto nun ‘o ffaccio maje!(Tutto, ma questo non lo farò mai); va tutto bene?;s’à spiso, s’à magnato tutto cosa (à speso, à mangiato tutto quanto); quanno ce sta ‘a salute ce sta tutto,(quando c'è la salute c'è tutto), la salute è la cosa piú importante | prima di tutto, innanzi tutto, prima di ogni altra cosa | ecco tutto, questo è tutto, non c'è altro da aggiungere | e non è tutto!, c'è dell'altro | o tutto o niente, alternativa drastica che si pone per respingere una soluzione intermedia o un compromesso | tutto sta che, a... , l'importante è che...; tutto dipende da...: tutto sta che non se la prenda; tutto sta ad arrivare in tempo | saper fare (di) tutto, ogni genere di lavoro, di servizio | fare di tutto, adoperare ogni mezzo, non lasciare niente di intentato: fece di tutto per salvarlo; farò di tutto, ma temo che non lo convincerò | esser capace di tutto, di qualsiasi azione, soprattutto negativa | mangiare (di) tutto, senza alcuna preferenza o limitazione | in tutto, complessivamente: quant'è in tutto?, quanto fa in tutto?; saremo stati cento in tutto | in tutto e per tutto assolutamente, completamente: la copia è in tutto e per tutto identica all'originale | con tutto che, sebbene, nonostante che: con tutto che fosse stanco, ci accompagnò | tutto sommato, in somma, in complesso: tutto sommato non mi posso lamentare | tutto compreso, senza spese aggiuntive: costa centomila lire al giorno tutto compreso
2 pl. tutte le persone: sono arrivati tutti; non tutti la pensano come te; zitti tutti!; fermi tutti o sparo!; contenta lei, contenti tutti; tutti per uno, uno per tutti
s. m. invar. l'intero, il totale; l'insieme, il complesso: moltiplicare il tutto per mille; riceverà il tutto entro pochi giorni; la parte per il tutto; formare un tutto | tentare il tutto per tutto, rischiare il massimo, ogni cosa.
jurnata s.vo f.le = giorno, giornata (cfr. il proverbio sub 1).


6 Vino ‘a copp’ â menesta e ‘o miereco resta â fenesta
Vino (bevuto) sulla minestra ed il medico resta alla finestra. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un proverbio che compendia un consiglio salutista, consiglio che prevede l’opportunità di bere (abbondante) vino dopo d’aver consumato un piatto di zuppa di verdure in brodo; mettendo in atto tale consiglio si otterrà il positivo risultato di stare tanto bene in salute da costringere un inutile medico a restarsene inoperoso alla finestra!
‘a copp’ â locuzione prepositiva = al di sopra della, sulla, locuzione formata da ‘a= da prep. [ in italiano si unisce agli art. determ. il, lo, la, i, gli, le formando le prep. articolate dal, dallo, dalla, dai, dagli, dalle; si elide solo nelle loc. d'altro lato, d'altronde, d'ora in poi e sim.; in napoletano non forma prep. articolate]
1 introduce un moto da luogo (anche in senso fig.):’o treno è partuto ‘a Roma - il treno è partito da Roma;spustarse ‘a ll’America in Europa - trasferirsi dall'America in Europa; è asciuto da ‘o macazzino - è uscito dal negozio;
2 esprime allontanamento: staccare il mobile dalla parete; al prossimo casello usciremo dall'autostrada | separazione, distacco: le montagne ci dividono dal mare; vivevano lontani uno dall'altro; liberarsi da un affanno | origine o provenienza: santa Caterina da Siena; il Po nasce dal Monviso; discende da una famiglia illustre; il marmo si estrae dalle cave; apprendemmo la notizia dai giornali | distanza: da qui a Milano sono solo 20 km; il ciclista cadde a cinquanta metri dal traguardo | in dipendenza da taluni verbi, in correlazione con a, indica quantità approssimativa: peserà dai quaranta ai cinquanta chili; avrà da trenta a trentacinque anni ' dopo verbi che indicano 'difesa, protezione': guardarsi dai nemici; proteggersi dal freddo
3 con il verbo al passivo introduce l'agente o la causa efficiente: il suo gesto è stato apprezzato da tutti; l'antica Pompei fu distrutta dal Vesuvio; la porta fu sbattuta dal vento | con valore di semplice causa: tremare dal freddo; morire dallo spavento; era pallido dalla paura; lesione da congelamento
4 con significato temporale, indica il momento o l'epoca, l'età in cui ha avuto inizio un'azione o una situazione si è determinata: viviamo qui da diversi anni; è da Natale che non ho più sue notizie; l'aspetto da un'ora; sono passati molti mesi da quando è partito
5 unita a nomi propri di persona, a pronomi che si riferiscono a persona, a nomi che indicano mestiere, professione, condizione, grado, relazione di parentela, di amicizia, di lavoro e sim., introduce uno stato in luogo, per lo più con il valore di 'presso': fermarsi a dormire da qualcuno; incontrarsi dal notaio; restare a cena da un collega | in nomi di ristoranti, bar o altri esercizi commerciali: Trattoria dal Bersagliere; Da Mario, parrucchiere per signora
6 seguita dagli stessi elementi lessicali indicati al punto precedente e in dipendenza da verbi di movimento, esprime moto a luogo: vado dal medico; arriverò da mio figlio in serata; salirò un attimo da lei
7 in dipendenza da verbi che esprimono transito, passaggio, stabilisce un moto per luogo, talvolta sottintendendo un attraversamento con sosta: passare dalla finestra, dal cortile; al ritorno passeremo da Torino; se resti in casa, passerò da te nel pomeriggio
8 con valore variamente modale: agire da gentiluomo; vivere da principe; comportarsi da amico; questi gesti non sono da te; una faccia da schiaffi; vita da cani | apparentemente modale, in realtà in funzione rafforzativa: faccio da solo; prenditelo da te; chi fa da sé fa per tre | con sfumatura di limitazione: cieco da un occhio; zoppo da un piede
9 esprime una qualità, una caratteristica: una ragazza dai capelli biondi; un uomo dalla mente acuta; un cane dal pelo lucido; un palazzo dalla facciata neoclassica | una stima, un prezzo, una misura: un giocattolo da pochi soldi; un francobollo da mille lire; una lampadina da cento candele
10 con valore di mezzo: fu riconosciuto dalla voce; dal colore si capisce che è marcio
11 introduce la destinazione, il fine, lo scopo a cui qualcosa o anche un animale è adibito: rete da pesca; cavallo da corsa; sala da pranzo; occhiali da sole | in talune locuzioni, apparentemente di questo stesso tipo, prevale la funzione attributiva: carta da bollo; festa da ballo; messa da requiem
12 in funzione predicativa: li trattammo da amici | appositiva: Manzoni da giovane visse a Parigi
13 seguita da un verbo all'infinito ha valore consecutivo o finale: era tanto stanco da non capire più nulla; faceva un freddo da battere i denti; dammi un libro da leggere; hanno portato al frantoio le olive da macinare; c'è nulla da bere? | è oggi accettato l'uso di da seguito da infinito in locuzioni nelle quali in realtà il termine da cui la preposizione dipende non è l'oggetto dell'azione espressa dal verbo: macchina da scrivere, da cucire, in luogo del più corretto per scrivere, per cucire | seguita da infinito presente, con valore di 'dovere, necessità': una cosa da fare; un rischio da correre | in frasi negative o indefinite, con funzione non dissimile dal caso precedente: non c'è nulla da dire; c'è molto da fare
14 concorre alla formazione di varie loc. avverbiali: da lontano; da vicino; da presso; da parte; da lungi; da lato | loc. prepositive: fuori da; fino da; di qua, di là da. Quanto all’etimo da→’a Lat. de ab nei valori di moto da luogo, origine, agente ecc.; lat. de ad nei valori di moto a luogo, stato in luogo, destinazione, modo, fine ecc
copp’â = sopra alla; copp’â piú spesso si trova come ‘ncopp’â = sulla formato dal in + copp’ (dal t. lat. cuppa(m)=vertice, sommità per il classico cupa(m)) mentre â è la scrittura contratta di a + ‘a = alla, come altrove ô è la scrittura contratta di a + ‘o = al, allo, ed ê è la scrittura contratta di a + ‘e = alle, a gli e ciò perché ‘a coppa/ ‘ncoppa come altrove tutte le altre costruzioni delle espressioni con dentro, sopra, sotto ed altri avverbi/ preposizioni improprie del toscano esigono d’essere accompagnate dalla preposizione semplice a che fondendosi con un ipotetico articolo successivo genera delle preposizioni articolate da render correttamente con le scritture contratte ricordate â ô ê non consentendosi in napoletano espressioni del tipo dentro il, sopra la, sotto lo, vicino la, ma sempre dentro al, sopra alla, sotto al, vicino alla e cioé dint’ ô, ‘ncopp’â, sott’ ô , vicin’â.
menesta= minestra;s.vo f.le ma a Napoli la parola a margine (con derivazione, come per l’italiano minestra da un acc. lat. minestra(m)con dissimilazione, nel napoletano, della liquida r ed apertura i→e nella sillaba d’avvio) indica precipuamente una zuppa di verdure in brodo, mentre in italiano la minestra è qualsiasi generico primo piatto, caratteristico della cucina italiana, a base di pasta o riso cotti in brodo o in acqua con legumi e verdure (minestra in brodo), oppure cotti in acqua, scolati e variamente conditi.
miereco s.vo m.le = medico,
1 chi professa la medicina avendo conseguito il titolo accademico e l'abilitazione all'esercizio della professione: fare il medico; sua moglie è medico; l'ordine dei medici; medico condotto, fiscale | medico chirurgo, in passato, titolo del medico specializzato in chirurgia; oggi, titolo di chi à conseguito la laurea in medicina e chirurgia e l'abilitazione alla professione | medico curante, quello che à in cura un ammalato | medico generico, o di base, o di famiglia, quello che cura normalmente una persona e se necessario richiede l'intervento di specialisti.
2 (fig.) persona o cosa che può portare rimedio a mali fisici o morali. Etimologicamente è dal lat. mĕdicu(m) (deriv. di medíri 'curare, soccorrere') con dittongazione ie della ĕ e rotacizzazione osco-mediterranea della d→r.
Fenesta = finestra s.vo f.le
1 apertura praticata nei muri esterni perimetrali di un edificio per dare luce e aria all'interno; anche, le imposte che la chiudono: finestra a bifora, a trifora; finestra a ghigliottina, con vetro che scorre dall'alto in basso; finestra panoramica, molto ampia e più larga che alta; finestra a crociera, con vano suddiviso in quattro parti; finestra cieca, murata; finestra finta, dipinta sul muro esterno, per simmetria con altre finestre; stare alla finestra, essere affacciato; (fig.) osservare qualcosa che sta accadendo senza prendervi parte | uscire dalla porta e rientrare dalla finestra, (fig.) ritornare inaspettatamente e per vie traverse in un posto da cui ci si era o si era stati allontanati (detto anche di cose, p. e. di una difficoltà elusa che torna a presentarsi) | buttare i soldi dalla finestra, (fig.) spenderli senza criterio.
2 (estens.) apertura, grande squarcio: gli fa nella maglia ampla finestra (ARIOSTO O. F. XXX, 57) | busta a finestra, che à un riquadro trasparente attraverso cui si legge l'indirizzo scritto sulla lettera all'interno | finestra ovale, rotonda, (anat.) aperture della parete interna della cassa del timpano
3 (tip.) spazio lasciato in bianco in una composizione tipografica per inserirvi un'illustrazione, uno specchietto o altro; etimologicamente è voce dal lat. fenest(r)a(m).
7 A ttavula nun se scappa: carne ‘e vacca e vino senz’acqua.
A tavola (desco approntato per mangiare) non se n’esce: carne vaccina e vino non annacquato.
Anche in questo proverbio ci troviamo ad avere a che fare con un consiglio quasi imperativo: la tavola è imbandita nel migliore dei modi (per produrre salutari effetti) solo in presenza di carne rossa (carne vaccina) e di vino schietto che non sia annacquato.
Scappa voce verbale (3§ p. sg. ind. pres.) dell’infinito scappare/scappà =
1 allontanarsi in fretta, fuggire: scappà d’’a casa, da ‘o culleggio(scappare di casa, dal collegio); scappà da ‘a galera(scappare diprigione) evadere | ‘a cca nun se scappa(di qui non si scappa), (fig.) si dice (ed è il caso che ci occupa) di situazione che non lasci scelta, che non offra via d'uscita o alternative
2 correre via, andare in fretta: addó staje scappanno?(dove stai scappando?); è ttarde, aggi’’a scappà(è tardi, devo scappare); scappà âcasa, â scòla(scappare a casa, a scuola) ma in tale accezione s’usa piú spesso fují(fuggire).
3 (fig.) sfuggire: lasciarsi scappare l'occasione; gli è scappato un errore; scappare di mente, dimenticare; far scappare la pazienza, farla perdere
4 uscire, sbucar fuori, con riferimento a cosa che non sta al suo posto: la camicia gli scappava dai pantaloni
5 di stimolo fisico, farsi sentire in modo incontenibile, irresistibile: scappare da ridere; le scappava da piangere | (assol.) provare un bisogno fisiologico impellente: mi scappa
6 (fig.) dire, fare qualcosa senza pensarci sopra, inaspettatamente o inopportunamente: gli scappò detto ciò che non avrebbe dovuto dire; è scappato fuori con una battuta divertente.Voce che è dal lat. volg. *excappare, comp. di ex-, che indica privazione, e cappa 'cappa= mantello'; propr. 'togliersi la cappa per esser piú liberi e quindi 'darsi alla fuga';
vacca s.vo f.le1 femmina adulta dei bovini che à già figliato | le vacche grasse, le vacche magre, simboli rispettivamente dell'abbondanza e della carestia, con riferimento all'episodio biblico del sogno del Faraone: essere in tempo di vacche grasse, (fig.) in tempo di abbondanza, di benessere economico.
2 carne della precedente macellata ad uso alimentare;
3 pl. bachi da seta che non fanno il bozzolo | andare in vacca, detto dei bachi da seta, ammalarsi e non fare il bozzolo; (fig. region.) riferito a persona, non avere piú voglia di lavorare; riferito a progetto, andare a vuoto, non avere esito; détto del tempo, guastarsi, rannuvolarsi
4 (fig. volg.) donna molto grassa, sformata | prostituta, sgualdrina. Voce che è dal at. vacca(m);
acqua s.vo f.le 1 composto di idrogeno e ossigeno, presente in natura allo stato liquido (in mari, fiumi, laghi, nel sottosuolo o in forma di goccioline nelle nubi), allo stato solido (ghiaccio e neve) e allo stato di vapore (nell'atmosfera); costituente fondamentale degli organismi, in condizioni ordinarie è un liquido trasparente, inodore, insapore e incolore, azzurrognolo se in grandi masse : acqua distillata, quella contenente i soli elementi chimici costitutivi, senza impurità; acqua naturale, quella presente in natura e contenente una certa quantità di sali disciolti; acqua minerale, quella contenente una quantità maggiore di sali (spesso medicamentosi) e talvolta gas disciolti; acqua limpida, torbida; acqua calda, fredda; acqua corrente; acqua di sorgente, di fiume, di mare; acqua dolce, salata; acqua piovana; acqua sulfurea, salsoiodica, ferruginosa; acqua oligominerale; acqua termale; acqua da tavola | acqua potabile, batteriologicamente pura e priva di nitriti e nitrati | allacciare l'acqua, collegare le tubature con la sorgente di alimentazione | acqua santa, benedetta, consacrata dal sacerdote, usata per benedire | acqua di rifiuto, di scolo, quella che proviene da abitazioni, industrie, allevamenti di animali | acque pubbliche, quelle del demanio, in contrapposizione ad acque private, su cui i privati possono esercitare un diritto di proprietà | acqua di cristallizzazione, acqua che un composto chimico trattiene quando cristallizza | giochi d'acqua, nei giardini, effetti ornamentali ottenuti con getti o zampilli d'acqua | mulino ad acqua, con le pale azionate da una corrente d'acqua | fare acqua, si dice di natante che imbarca acqua; (fig.) non funzionare, versare in cattive condizioni: un'azienda che fa acqua. dim. acquetta pegg. acquaccia
2 (estens.) pioggia: acqua a catinelle, a secchi; l'acqua viene giù a dirotto | rovescio d'acqua, acquazzone | scroscio d'acqua, pioggia improvvisa e impetuosa | prendere l'acqua, bagnarsi per la pioggia
3 raccolta d'acqua; distesa, massa d'acqua: corso, specchio d'acqua; buttarsi in acqua; stare sott'acqua | acqua stagnante, morta, acqua di palude | acqua alta, nella laguna di Venezia, innalzamento del livello dell'acqua che provoca l'allagamento delle parti basse della città | il filo dell'acqua, la direzione della corrente di un fiume | il pelo dell'acqua, la superficie | a fior d'acqua, in superficie
4 pl. sorgenti termali: le acque di Fiuggi, di Montecatini; fare la cura delle acque
5 liquido in genere: l'acqua del cetriolo, del cocomero, l'umore acquoso di tali frutti | acqua di rose, di Colonia, soluzioni idroalcoliche di essenze profumate | all'acqua di rose, (fig.) si dice di qualcosa che risulta attenuata, superficiale, riduttiva rispetto a come dovrebbe essere: una conclusione all'acqua di rose; una teoria, un'interpretazione all'acqua di rose
6 pl. il liquido amniotico: perdita, rottura delle acque, emissione del liquido amniotico all'inizio del parto; sacco delle acque, complesso degli involucri embrionali
7 nome di soluzioni chimiche: acqua ossigenata, con proprietà ossidanti, decoloranti, antisettiche; acqua regia, miscela di acido nitrico e cloridrico usata per sciogliere il platino e l'oro
8 acqua pesante, acqua la cui molecola contiene uno o due atomi di idrogeno pesante (deuterio) in luogo degli atomi di idrogeno; è presente in piccola quantità nell'acqua comune e si usa come moderatore dei neutroni in alcuni reattori nucleari
9 purezza, trasparenza, detto di pietre preziose: acqua del diamante | di prima, di seconda, di terza acqua, in relazione alla qualità delle pietre | della più bell'acqua, (fig. scherz.) della miglior specie: un briccone della più bell'acqua
10 in locuzioni fig.: essere con, avere l'acqua alla gola, essere in difficoltà; anche, disporre di pochissimo tempo | trovarsi, essere in cattive acque, essere nei guai, in difficoltà economiche | fare un buco nell'acqua, operare invano, senza frutto | acqua in bocca!, non parlare, non rivelare nulla! | intorbidare le acque, creare confusione | lavorare sott'acqua, agire, manovrare di nascosto | mettere acqua nel vino, gettare acqua sul fuoco, sdrammatizzare una situazione | scoprire l'acqua calda, dire o fare una cosa ovvia, scontata | tirare l'acqua al proprio mulino, fare i propri interessi | prov. : l'acqua va al mare, la fortuna capita sempre a chi ne ha meno bisogno; l'acqua cheta rovina i ponti, nuoce maggiormente chi opera in silenzio, nascostamente; acqua passata non macina più, è inutile rivangare il passato.Voce che è dal lat. aqua(m) con raddoppiamento espressivo della q consonante occlusiva velare sorda ottenuto attraverso l’unione dell’ altra consonante occlusiva velare sorda c.
8 Catarro? Vino cu ‘o carro!
Catarro? Vino in abbondanza!
Altro perentorio consiglio riguardante la salute; in caso di grave raffredore, l’unico rimedo efficace è il consumo abondantissimo di vino che riscaldando l’organismo combatte le malattie da raffredamento; ed il vino deve essere tanto che per il suo trasporto deve necessitare addirittura un carro!
catarro s.vo m.le esattamente quale termine med.(derivato dal lat. tardo catarrhu(m), che è dal gr. katárrous, deriv. di katarrêin 'scorrere giú') è una sostanza prodotta dalle mucose in seguito a fenomeni infiammatori: catarro bronchiale, nasale.ma con la voce a margine si suole intendere il raffreddore ( quella voce, (deverbale di raffreddare) che nel linguaggio corrente,indica la rinite acuta che colpisce le prime vie respiratorie; coriza: prendere, avere il raffreddore.
cu prep..= con; cu corrisponde all’italiano con in tutte le sue funzioni ed accezioni :
1) esprime relazione di compagnia, se è seguito da un nome che indica essere animato (può essere rafforzato da insieme): è partito cu ‘o pato ; à magnato cu ll’ amice; campa (‘nzieme) cu ‘a sora;
2) in senso piú generico, introduce il termine cui si riferisce una qualsiasi relazione: s’è appiccecato cu ‘o frato; à sfugato cu mme;
3) con valore propriamente modale: restà cu ll’uocchie nchiuse; vulé bbene cu tutto ‘o cuore; trattà cu ‘e guante gialle( cioè con rispetto e dedizione quelli dovuti ai nobili che usavano indossare guanti di camoscio in tinta chiara) | con valore tra modale e di qualità: pasta cu ‘e ssarde; stanza cu ‘o bbagno; casa cu ‘o ciardino;
4) introduce una determinazione di mezzo o di strumento: cu ‘a bbona vulontà s’ave tutto; ‘o vino se fa cu ll'uva; scrivere cu ‘a penna stilografica; partí cu ‘o treno ;
5) indica una circostanza, stabilendo un rapporto di concomitanza: nun ascí cu ll’acqua!;
6) può avere valore concessivo o avversativo, assumendo il significato di 'non ostante,a malgrado': cu tutte ‘e guaje ca tène, riesce ancòra a ridere; cu tutta ‘a bbona vulontà, ma è proprio ‘mpussibbile. L’etimo della preposizione a margine è dal lat. cum. Rammento qui e valga anche a futura memoria che tutte le parole che abbiano un etimo da voce latina terminante per consonante (che nella parola formata cade) non necessitano di alcun segno diacritico in quanto il segno diacritico dell’apocope (accento o apostrofo) è necessario apporlo graficamente quando a cadere sia una sillaba e non una o due consonanti; nel caso in esame cum dà cu e non l’inesatto cu’ che spesso mi è occorso di trovare negli scritti anche di famosi autori, accreditati da qualcuno (ma evidentemente a torto) d’essere esperti della parlata napoletana, autori che invece ànno spesso marcato o marcano ingenuamente il loro napoletano sulla sintassi e la grammatica dell’italiano! Ciò che ò appena detto vale anche per la preposizione seguente cioè
pe che (con etimo dal lat. pe(r)) corrisponde all’italiano per in tutte le sue funzioni ed accezioni :
1) determina il luogo attraversato da un corpo in movimento o attraverso il quale passa qualcosa che à un'estensione lineare (anche fig.): il ‘o treno è passato pe Caserta; ‘o curteoà sfilato pe ‘o corzo;’o mariuolo è trasuto p’’a fenesta; | può anche specificare lo spazio circoscritto entro cui un moto si svolge e, per estens., la cosa, l'ambito entro cui un fenomeno, una condizione si verificano: passiggià p’’o ciardino;jí pe mmare e pe tterra; tené delure pe tutt’’a vita | indica anche la direzione del moto: saglí e scennere p’’e scale; arrancà pe tutta ‘a sagliuta
2) indica una destinazione: partí pe Pparigge; ‘ncammenarse p’’a città; piglià ‘a strata p’’o mare; ‘o treno pe Rroma | (estens.) esprime la persona o la cosa verso cui si à una disposizione affettiva, un'inclinazione: tené simpatia pe quaccheduno; avé passione p’’a museca ;
3) introduce una determinazione di stato in luogo, che si riferisce per lo piú a uno spazio di una certa estensione: ‘ncuntrà quaccheduno p’’a strata; ce stanno cierti giurnale pe tterra;
4) esprime il tempo continuato durante il quale si svolge un'azione o un evento si verifica (può anche essere omesso): aspettà (pe) ore e ore; faticà (pe) anne e nun cacciarne niente; sciuccaje (pe) tutta ‘a notte; durarrà (pe) tutta ‘a vita | se introduce una determinazione precisa di tempo, esprime per lo piú una scadenza nel futuro: turnarrà p’’e ddiece; êsse ‘a essere pronto pe Nnatale
5) introduce un mezzo: mannà pe pposta; spedí pe ccurriere; dirlo pe ttelefono; parlà pe bbocca ‘e n’ato;
6) esprime la causa: era stracquo p’’a fatica; alluccava p’’o dulore; non ve preoccupate pe nnuje; supportaje tutto p’ ammore sujo; condannà pe ‘mmicidio;
7) introduce il fine o lo scopo: libbro pe gguagliune; pripararse pe ‘nu viaggio; attrezzarse p’’a montagna; | in dipendenza da verbi che indicano preghiera, giuramento, promessa, esortazione e sim., indica l'ente, la persona, il principio ideale per cui o in nome di cui si prega, si giura, si promette ecc.: facítelo pe Ddio; pe ccarità, facite ca nun se venesse a sapé in giro; giurà pe ll’uocchie suoje; ll’à prummiso pe qquanto tène ‘e cchiú ccaro |, Pe ttutte ‘e diavule!, p’’a miseria! e sim., formule di esclamazione o di imprecazione
8) introduce la persona o la cosa a vantaggio o a svantaggio della quale un'azione si compie o una circostanza si verifica: faciarria qualsiasi cosa pe tte; accussí nun va bbuono pe nnuje; piezzo e ppejo pe cchi nun vo’ capí; n’aria ca nun è bbona p’’a salute; murí p’’ammore d’’e figlie; pregàe p’’e muorte; avutà pe n’amico ; ‘a partita è fernuta tre a ddoje p’’a squadra ‘e casa ;
9) determina il limite, l'ambito entro cui un'azione, un modo di essere, uno stato ànno validità: pe ll’intelliggenza è ‘o meglio d’’a classe; p’’e tiempe ‘e mo, è pure assaje; pe chesta vota sarraje perdunato; pe lloro è comme a ‘nu figlio; pe mme, state sbaglianno; pe quanto te riguarda, ce penzo io personalmente ;
10) introduce il modo, la maniera in cui un'azione si compie: ; parlà pe ttelefono; chiammà pe nnomme ; pavà pe ccuntante; tené pe mmano; assumere pe ccuncorzo;
11) indica un prezzo, una stima: aggio accattato pe ppochissimi sorde ‘nu bbellu mobbile antico; vennere ‘na casa pe cciento meliune; nun ‘o faciarria pe ttutto ll'oro d’’o munno;
12) in funzione distributiva: marcià pe dduje;metterse pe ffile; uno pe vvota; duje pacche pe pperzona; juorno pe gghiuorno | per estensione, indica la percentuale (pe cciento, nell'uso scritto %): ‘nu ‘nteresse d’’o diece pe cciento (o 10%) | nelle operazioni matematiche, dice quante volte un numero si moltiplica o divide (nel secondo caso può essere omesso): multiplicà cinche pe ddoje 5 ; diciotto diviso (pe) ttre dà seje; da qui l'uso assol. di pe a indicare un prodotto (nell'uso scritto rappresentato dal segno X)
13) introduce una misura o un'estensione: ‘a strata è ‘nzagliuta pe pparicchie chilometri; l'esercito avanzaje pe ccinche miglia e cchiú;
14) introduce una funzione predicativa, equivalendo a come: averlo p’ amico; pigliarla pe mmugliera; tené pe ccerto; pavà ‘nu tot pe ccaparra;
15) indica scambio, sostituzione, equivalendo alle locuzioni in vece, in cambio, in luogo di e sim.: l’aggiu pigliato p’’o frato; t’’o ddice isso pe mme; capí ‘na cosa pe n’ata;
16) indica origine, provenienza familiare nella loc. pe pparte ‘e: parente pe pparte ‘e mamma;
17) il pe seguito dal verbo all'infinito introduce una prop. finale: l’hê scritto p’’o ringrazzià?; ce ne vo’ pe tte cunvincere!; | causale: fuje malamente cazziato p’ avé risposto scustumatamente; era assaje stanco pe nun avé durmuto tutt’’a notte| consecutiva: è troppo bbello p’ essere overo; sî abbastanza crisciuto pe ccapirlo
18) nelle loc. perifrastiche , stare/stà pe, essere sul punto, in procinto di: stongo pe ppartí; steva quase pe sse cummuovere;
19) concorre alla formazione di numerose loc. avverbiali: p’’o mumento; pe qquanno è ‘o caso; pe ttiempo; pe lluongo; pe llargo; pe ccerto; pe ll'appunto; pe ccaso; pe ccumbinazzione; pe ppoco | congiuntive: p’’o fatto ca; pe vvia ca | pe ppoco (assaje, bello, brutto, caro e sim.) ca è o ca fosse , con valore concessivo: pe ppoco ca è, meglio ‘e niente.
Rammento, come ò già detto, che derivando il napoletano pe dal lat. pe(r) non necessità di alcun segno diacritico (accento o apostrofo) e pertanto va sempre scritta semplicemente pe e non nel modo scorretto pe’ che purtroppo ò spesso trovato anche fra i soliti grandi autori partenopei accreditati, ingiustamente!, di essere esperti dello idioma napoletano; ovviamente il pe usato davanti a vocale va eliso in p’,(ed è chiaro che l’apostrofo non indica la caduta del gruppo originario er ma della sola vocale e di pe); usato invece davanti a consonante il pe esige la geminazione della consonante per cui avremo pe pparlà e non pe parlà e cosí via.
carro s.vo m.le
1 veicolo da trasporto a due o quattro ruote, trainato da uno o piú animali da tiro: attaccà ‘o cavallo ô carro(attaccare il cavallo al carro.) dim. carretto
2 quantità di materiale trasportato da un carro: ‘nu carro ‘e lignamme (un carro di legna)
3 antica misura di volume, usata con valore diverso in varie regioni italiane; ntica unità di misura di capacità per liquidi equivalente in Campania a 493,069 litri e suddivisa in 10 brente.; come misura di volume corrisponde alla capacità di un carro: ddoje carra ‘e paglia | a ccarra, in grandissima quantità ; nell’accezione a margine il s.vo m.le carro che al plurale normalmente fa carre/i adotta un pl.f.le irregolare in a: carra.
4 veicolo a trazione meccanica, semovente o trainato, destinato a usi particolari: carro ferroviario; carro attrezzi; carro merci; carro bestiame | carro frigorifero, provvisto di sistema di refrigerazione per il trasporto di merce deteriorabile | carro marsupio, vagone ferroviario a due piani per il trasporto di autoveicoli | carro allegorico, di carnevale, mascherato, allestito con figure allegoriche per festeggiamenti carnevaleschi o celebrazioni storiche | carro di Tespi, teatro ambulante, così detto dal nome del tragico greco che avrebbe trasportato su un carro i cori drammatici che recitavano in Attica | carro funebre, adibito al trasporto di defunti | carro armato, autoveicolo pesante cingolato e corazzato, armato di un cannone e di mitragliatrici, in grado di muoversi velocemente su terreno accidentato; essere un carro armato, (fig.) si dice di persona che agisce con irruenza e grande determinazione senza fermarsi di fronte a nessun ostacolo, ottenendo in tal modo quello che vuole
5 (astr.) nome delle costellazioni boreali dell'Orsa Maggiore e dell'Orsa Minore: Gran Carro, Piccolo Carro
6 (ant. lett.) cocchio, carrozza: il carro della Luna in cielo (FOSCOLO Odi).quanto all’etimo la voce carro è dal lat. carru(m), di orig. gallica
9 ‘O vino fa sanco e ssalute (vinum reficit homines et recreat vires).
Letteralmente: il vino produce sangue e salute; in certo qual modo il proverbio napoletano reinterpreta sotto forma di consiglio l’aforisma latino che affermava: il vino ristora gli uomini e ravviva le forze! Va da sé che anche questo proverbio si pone nella medesima scia dei precedenti consigliando una salutare assunzione di vino di cui son proclamate le benefiche capacità ristoratrici. Dei vocaboli contenuti nel proverbio alcuni sono stati esaminati antea; qui non rimane che dire del vocabolo
salute s.vo f.le = salute
1 stato, condizione di un organismo: salute fisica, mentale; godere ottima salute; essere in buone, cattive condizioni di salute; avere una salute cagionevole; essere assente per motivi di salute
2 stato di benessere, di efficienza fisica e psichica di un organismo; buona salute: essere, conservarsi in salute; scoppiare di salute, sprizzare salute da tutti i pori, essere sanissimo; essere il ritratto della salute, avere un aspetto sano, florido | quando c'è la salute, c'è tutto, lo star bene fisicamente è la cosa più importante | pensa alla salute!, invito rivolto a qualcuno a non prendersela, a non arrabbiarsi per qualche contrarietà sopravvenuta | casa di salute, (antiq.) clinica per malattie nervose | bere alla salute di qualcuno, fare un brindisi in suo onore
3(ed è il caso che ci occupa) cosa che contribuisce a tenere qualcuno in buone condizioni fisiche: respirare aria buona è salute; fare moto è tanta salute
4 (lett.) salvezza: la salute dell'anima, della patria | beatitudine: vede perfettamente onne salute / chi la mia donna tra le donne vede (DANTE Vita Nuova)
5 inter. esprime augurio, saluto, meraviglia ecc.: salute, ragazzi!; salute!, a chi starnuta; (â) salute!, quando si fa un brindisi; Te sî magnato ‘nu pullasto sano? Salute!(ti sei mangiato un pollo intero? salute!); come modo di congedarsi o come formula augurale ad inizio d’un pasto e accompagnato dall’agg.vo bona= buona: bbona salute!Cu ‘na bbona salute! Modi augurali che sostituiscono l’italiano buon appetito che in origine (epoca medioevale) piú che una formula augurale fu una patente minaccia rivolta dal siniscalco (maestro di palazzo) ai convitati ( vassalli, subordinati, sottoposti etc.) affinché mostrassero di gradire il pasto che talvolta magnanimamente era loro offerto dal signorotto del feudo cui essi convitati appartenevano.
Quanto all’etimo è voce dall’acc.vo lat. salute(m).

10 Ll’acqua fa male e ‘o vino fa cantà. Letteralmente: l’acqua porta danni, mentre il vino mette allegria (dimostrata con il canto).Mi piace sottolineare la perentorietà di questo proverbio secondo il quale l’acqua è dannosa, al contrario del vino che è ritenuto vantaggioso, utile, proficuo; infatti (assumere) dell’acqua procura danno e perciò l’acqua (che altrove – affermando il medesimo concetto – si dice che ‘nfraceta ‘e bastimente a mmare (corrode le navi) ), l’acqua è apportatrice di tristezza, scontentezza, malinconia, malumore, mestizia, avvilimento; al contrario bere del vino genera contentezza, buonumore, gaiezza, gaudio,brio, vivacità, leggerezza inducendo addirittura al canto.
male avv. e s.vo neutro = male come avverbio. [ che in italiano, se proclitico, spesso è troncato in mal; compar. peggio, superl. malissimo o pessimamente], come avverbio che in altra forma è malamente vale
1 in modo non buono, non equo, non giusto; non in conformità con le leggi morali o le convenzioni sociali: trattà male a quaccheduno(trattare male qualcuno); cumpurtarse, aggí risponnere malamente(comportarsi, agire, rispondere male) | parlà, dicere male ‘e quaccheduno(parlare, dire male di qualcuno), dire cose spiacevoli sul suo conto, diffamarlo | penzà male ‘e quaccheduno(pensare male di qualcuno), averne un cattivo concetto
2 in modo non soddisfacente, non conveniente, non rispondente alle aspettative: durmí,mangià, vederce male o malamente(dormire, mangiare, vederci male); risolversi, cominciare, riuscire male | andare male, procedere, riuscire in modo contrario a quanto si era sperato: gli affari vanno male; l'esame è andato male | finire male, avere cattivo esito; riferito a persona, mettersi su una cattiva strada o anche fare una brutta morte | vedere male, (fig.) vedere di malocchio, considerare sfavorevolmente | mettersi male, lasciar prevedere una soluzione sfavorevole o un fallimento: la cosa si sta mettendo male | restare, rimanere male, deluso e insoddisfatto | prendere male qualcosa, non affrontarla convenientemente, lasciarsene sopraffare; anche, risentirsi per qualcosa | trovarsi male, a disagio | sentirsi male, essere colto da malore | vestire male, in modo dimesso o inelegante | star male, si dice di cosa che non si addice, non è adatta: questo vestito ti sta male | stare male, essere malato o indisposto; essere in ansia o depresso | stare male a quattrini, averne pochi | non esser male, (fam.) essere discreto, abbastanza bello: quel film non è male | bene o male, in un modo o nell'altro | di male in peggio, sempre peggio, ancora peggio
3 in modo imperfetto: la radio funziona male; parlare male, in modo non corretto | in modo maldestro: dipingere, lavorare, nuotare male | in modo spiacevole, sgradevole: nella miseria si vive male. VEZZ. maluccio PEGG. malaccio
4 come negazione, non, non completamente: è una soluzione che mal risponderebbe alle nostre necessità; guardare qualcuno con mal celata antipatia
inter. esprime disapprovazione o rammarico: ‘a fatica nun è ffernuta ancòra? Male!(Il lavoro non è ancóra finito? male!
s.neutro
1 il contrario del bene, cioè la mancanza o la negazione del bene; in partic., tutto ciò che si oppone alla virtù, all'onestà, che viola o compromette l'equilibrio spirituale o morale ed è perciò oggetto di condanna o di riprovazione: tendere al male; fare, commettere, fuggire il male; le forze del male | che male c'è?, non c'è nulla di male, si dice per controbattere un giudizio di riprovazione che si ritiene ingiusto | principio del male, insieme a quello del bene, principio fondamentale della filosofia manichea
2 cosa non buona, inutile o inopportuna; danno, svantaggio, sventura: non sarria male avvertirlo; il suo arrivo è stato ‘nu male pe nnuje; augurà ògne male a quaccheduno(augurare ogni male a qualcuno) | fare male, agire in modo errato: hê fatto male a pparlà(ài fatto male a parlare) | fa ‘o mmale a quaccheduno (fare del male a qualcuno), nuocergli | vulé male a quaccheduno (volere male a qualcuno), nutrire odio o risentimento contro di lui | pigliarsela a mmale(aversela a male), offendersi | jí a mmale(andare a male), guastarsi, deteriorarsi | nun c’è mmale(non c'è male), abbastanza bene: « Comme staje?» «Nun c'è mmale» («Come stai?» «Non c'è male») | prov.italiano : non tutto il male vien per nuocere, anche da un fatto o una situazione negativa può derivare qualche vantaggio
3 la sofferenza, il dolore, sia come manifestazione d'una malattia vera e propria sia come disagio o malessere fisico e morale: male ‘e diente; male ‘e capa, (mal di denti; mal di testa), cefalea; mal caduco, epilessia; mal di mare, mal d'auto, chinetosi; mal francese, sifilide; mal sottile, tisi; mal di montagna, malattia d'altitudine provocata dalla rarefazione dell'ossigeno atmosferico, che produce difficoltà respiratorie, emorragie e disturbi neuro-psichici | male del secolo, malattia grave e diffusa che colpisce un determinato secolo | male oscuro, malattia fisica o morale che resta nascosta, latente, ma produce disagio | brutto male, (fam) il cancro | far male, provocare dolore fisico o morale: mi fa male la testa; m'ha fatto male vederla piangere così
4 malattia di animali o di piante: mal rossino, malattia infettiva dei suini, caratterizzata dall'apparizione di macchie rosse sulla pelle; mal vinato, malattia dell'erba medica e della barbabietola per cui le radici si ricoprono di uno strato di funghi di colore rosso.
Etimologicamente è voce derivata dal lat. male, avv., deriv. dell'agg. malus 'cattivo';
cantà voce verbale infinito = cantare qui usato come manifestazione d’allegria; v. intr. e talora anche trans.(cfr. cantà ‘na canzone(cantare una canzone) [aus. avere]
1 modulare con la voce una sequenza di suoni musicali: cantare dolcemente, appassionatamente; cantare a mezza voce, a squarciagola; cantare a orecchio | lasciar cantare qualcuno, (fig.) non dare importanza a ciò che dice | canta che ti passa, (scherz.) si dice per invitare qualcuno a sfogare un risentimento, un malumore
2 esercitare la professione di cantante: Enrico Caruso cantava da tenore; cantà pe televisione(cantare in televisione), cantà a triato(cantare a teatro ).
3 (estens.) emettere suoni armoniosi: ll’aucielle cantano a pprimmavera(gli uccelli cantano in primavera) | (fig.) farsi sentire, manifestarsi gioiosamente: ‘a felicità le cantava ‘ncore(la felicità gli cantava in cuore )
4 (fam.) attestare qualcosa in modo esplicito, inequivocabile (detto di uno scritto, un documento): ‘a lettera canta chiarola lettera canta chiaro | prov.ital. : carta canta, villan dorme, quando si ha un documento che comprova un diritto si può dormire tranquilli
5 ( voce gergale) rivelare cose segrete, fare la spia: uno degli arrestati à cantato ||| v. tr.
1 eseguire, esprimere col canto: cantare una romanza, una canzone | cantare messa, celebrarla con l'esecuzione cantata delle parti prescritte dalla liturgia
2 (estens. lett.) celebrare, narrare in versi: Dante cantò Beatrice; cantare le gesta di un eroe
3 (fig.) gridare, proclamare: cantare vittoria
4 (fam.) dire apertamente, senza infingimenti (spec. cose sgradite):ce ll’aggiu canata chiara (gliel'ò cantata chiara (la verità!).Etimologicamente è voce dal lat. cantare, frequentativo di canere 'cantare'.

11 Acqua â fraveca e vino ê fravecaturi.Letteralmente: Acqua alla fabbrica(edificio in costruzione) e vino ai muratori.Per far progredire un’opera in costruzione occorre fornir di acqua la malta dell’impasto o i muri in erezione , mentre occorre conferire vino ai muratori affinché rinfrancati si applichino con maggior solerzia al lavoro!
fraveca s.vo f.le = costruzione edile, edificio, fabbricato; quanto all’etimo è una lettura metatetica del lat. fàbrica→frabica→fraveca con tipico metaplasmo b→v. fravecature/i s.vo m.le pl.metafonetico di fravecatore = operaio edile, muratore; voce derivata dal sost. precedente.
12 ‘O vino fa sanco e ‘a fatica fa jettà ‘o sanco! Il vino genera sangue, mentre il lavoro ne fa perdere! Proverbio giocoso che mette in relazione l’ampiamente espressa precedentemente qualità benefica e salutare dell’assunzione di vino, con le deleterie conseguenze delle attività lavorative intese nocive per la salute dell’essere umano.
fatica s.vo f.le = lavoro,
1 sforzo fisico o intellettuale che genera stanchezza; lo stato di stanchezza che nasce da un'attività fisica o psichica troppo intensa o prolungata: fatica muscolare, mentale; affrontare, sopportare la fatica; far fatica a muoversi; resistere alla fatica; risparmiare fatica, evitare di affaticarsi; sprecare fatica, affaticarsi inutilmente; costare fatica, si dice di qualcosa che impegna molto, che richiede grandi sacrifici | uomo di fatica, addetto a lavori pesanti | cavallo da fatica, da tiro o da trasporto.
2 (estens.) il lavoro, l'opera compiuta esercitando uno sforzo: le fatiche quotidiane; vivere del frutto delle proprie fatiche; quest'opera è una fatica di molte persone
3 (fig.) difficoltà, pena, stento: parlare, respirare a fatica; studiare con grande fatica; Nasce l'uomo a fatica, / ed è rischio di morte il nascimento (LEOPARDI Canto notturno 39-40) | durar fatica, stentare: durò molta fatica a capire;
voce derivata dal lat. volg. *fatiga(m), deriv. di fatigare 'prostrare, stancare' con alternanza della l'occlusiva velare sonora g con la corrispondente sorda c.
sanco s.vo neutro sangue,(cfr. antea sub prov. 5).

13 Vino viecchio e cantenera ggiovane
Ad litteram: vino vecchio ed ostessa giovane. Ammiccante proverbio che offre due consigli; per il primo si raccomanda il vino vecchio, cioè quello stagionato che à già avuta la soddisfacente trasformazione degli zuccheri (ancóra presenti nel vino giovane vino pertanto meno gradevole e salutare del vino stagionato) in alcol; il secondo consiglio è quello di soddisfare oltre che il gusto (assumendo vino vecchio) anche altri appetiti, facendosi servire da un’ostessa giovane!
viecchio agg.vo m.le = vecchio
1 che si trova nell'ultimo periodo della vita naturale; con significato piú ampio, anziano (in contrapposizione a giovane): il mio vecchio nonno; un vecchio elefante; il fulmine ha schiantato il vecchio pino; essere, diventare, sentirsi vecchio; essere vecchio come Matusalemme, vecchissimo; essere più vecchio, meno vecchio di qualcuno, essere maggiore, minore di età; nascere vecchio, si dice di chi, nonostante la giovane età, dimostri un giudizio, un'assennatezza propri delle persone mature; (spreg.) si dice di giovane privo di slanci, di fantasia | posposto al nome di artisti, di personaggi storici, assume valore di comparativo e serve a distinguerli da altri, di ugual nome, vissuti in età posteriore: Plinio il Vecchio, Palma il Vecchio, contrapposti a Plinio il Giovane e Palma il Giovane
2 che mostra i caratteri propri della vecchiaia, che rivela i segni di un declino fisico o emotivo: un viso vecchio; un cuore vecchio e stanco
3 che risale a molto tempo addietro, che dura da molto tempo: una vecchia conoscenza; una vecchia abitudine; una vecchia storia | un vestito, un cappotto vecchio, usato, malandato ' il Vecchio Testamento, espressione meno corretta per Antico Testamento | vecchio cattolico, (relig.) chi aderisce al veterocattolicesimo
4 che ha lunga pratica ed esperienza: un vecchio lupo di mare; essere vecchio del mestiere
5 di un altro tempo, di un'altra epoca; non attuale: vecchio stile; un vecchio palazzo; giornale vecchio, del giorno o dei giorni precedenti; un vecchio procedimento, antiquato | tradizionale: un gentiluomo di vecchio stampo
6 si dice di prodotto che risale al raccolto precedente o che è stato sottoposto a invecchiamento, a stagionatura: grano vecchio; parmigiano, vino vecchio
s. m.
1 [f. -a] chi si trova nella vecchiaia: un povero vecchio | i vecchi, (fam.) i genitori o gli avi, gli antenati.
2 [f. -a] persona che svolge un dato lavoro da lungo tempo, o che ha notevole anzianità in un servizio: i vecchi del mestiere, dell'azienda, del reggimento
Voce derivata dal tardolat. vĕclu(m)→viecchio per il classico vetulu(m);
cantenera s.vo fle = ostessa, 1 nelle case signorili e negli alberghi di lusso, chi à in custodia la cantina ed i vini
2 nelle aziende vinicole, chi è addetta alla vinificazione delle uve
3 chi gestisce una rivendita di vino.
4 addetta alla mescita di vino in una bettola, taverna o osteria.Nel caso nostro le accezioni che ci occupano sono quelle sub 3 e 4.
Voce f.le ricostruita partendo da un class. m.le cantinariu(m) e formata sul sostantivo cantina (che è dal lat. canthus) con l’aggiunta d’un suffisso volgare era f.le di iere al posto del class. aria ←arius : s’ebbe dapprima il m.le cantiniere e poi il f.le cantenera.
giovane agg.vo m.le e f.le = giovane, 1 che è nell'età tra l'adolescenza e la maturità; con sign. estensivo, si contrappone a vecchio: un figlio giovane; una giovane donna; essere giovane d'anni; a quarant'anni si è ancora giovani; Leopardi è morto piú giovane di Foscolo | come attributo del nome di un personaggio, si usa per distinguerlo da un altro piú vecchio di ugual nome: Plinio il Giovane, in rapporto a Plinio il Vecchio
2 che si dimostra giovane, che à le energie fisiche o la freschezza mentale proprie di chi è giovane; giovanile: un carattere, un aspetto, una figura giovane; essere giovane di mente, di spirito
3 nel linguaggio pubblicitario, si dice di cosa adatta a chi è giovane o fornita di caratteristiche ritenute proprie dei giovani (semplicità, praticità, sportività): moda, vestito giovane || Anche con valore di avv. : vestire giovane
4 detto di un animale o di una pianta, nato da poco tempo: un cavallo, un albero giovane | costituito di recente: gli stati giovani dell'Africa | non invecchiato, non stagionato, fresco: vino, formaggio giovane
s. m.
1 [anche f.] chi è giovane di età: i vecchi e i giovani | da giovane, in gioventú.
2 (antiq.) aiutante, apprendista: giovane di bottega, di studio.
Voce che è dal lat. iuvene(m).
14 Quanno ‘o vino è bbuono e bbella e bbona è ‘a tavernara, ‘o cunto è sempe caro!
Allorché il vino è saporito e l’ostessa è bella e procace il conto risulta sempre caro. Ci troviamo difronte ad un proverbio che parrebbe quasi contrapporsi al precedente, ed invece è soltanto una disincantata osservazione della realtà che spesso ci pone innanzi a situazioni contrastanti, ma ineludibili; nella fattispecie fuor di discussione che sia consigliabile assumere del vino gustoso e saporito, ma occorre metter in conto l’eventualità quasi certa di dovere sborsare piú del dovuto se alla mescita del vino sia adibita la padrona della taverna o bettola, che sia bella e procace ed offra oltre che un ottimo vino, anche la vista delle sue grazie fisiche.
buono agg.vo m.le
[ in italiano (e non in napoletano) al sing. si tronca davanti a parola cominciante per vocale, semiconsonante, consonante scempia, muta + liquida, talora anche z o ps; compar. cchiú bbuono o meglio(più buono o migliore); superl. buonissimo o(solo in italiano) ottimo]
1 conforme al bene; onesto, moralmente positivo: buoni pensieri, sentimenti, principi; è buona norma, è bene, conviene; è buona cosa, è cosa ben fatta; opera buona, azione caritatevole | buona voglia, disposizione positiva, favorevole: accingersi a un lavoro di buona voglia | buona volontà, volontà di operare bene, di impegnarsi: essere pieno di buona volontà | andare a buon fine, concludersi positivamente
2 che à mitezza di cuore; mansueto, bonario: un uomo buono; un buon uomo, un sempliciotto; buono come il pane, buonissimo; tre volte buono, (iron.) sciocco; un buon diavolo, una brava persona | buona donna, (pop.) per antifrasi, prostituta | alla buona, semplice, non ricercato (in funzione agg. o avv.): un pranzo alla buona; gente alla buona, che tratta familiarmente; lavoro fatto alla buona, in modo approssimativo, non rifinito
3 tranquillo, calmo; composto, silenzioso: il bambino è stato buono tutto il giorno; state buoni, ora!; sta' buono con le mani! | star buono buono, stare molto quieto o anche essere mogio
4 benevolo, affettuoso; gentile, cortese: sei sempre stato buono con me; tenersi buono qualcuno, trattarlo bene per conservarsene il favore, la benevolenza; buone parole, gentili e confortanti; buone maniere, comportamento educato; trattare, prendere qualcuno con le buone (maniere), con dolcezza e puntando sulla persuasione | far buona cera, buon viso a qualcuno, accoglierlo con evidente piacere; far buon viso a cattivo gioco, adattarsi con apparente facilità a una situazione sgradevole | guardare, vedere di buon occhio, essere favorevole a qualcuno o qualcosa | troppo buono!, espressione di cortesia in risposta a chi ha usato una gentilezza | buon Dio!, espressione tipica delle preghiere, ma anche esclamazione che esprime impazienza, sconforto e sim.
5 ed è l’accezione che ci occupa: di qualità, di valore, saporito; elegante: un buon lavoro; un buon voto; una buona recitazione; una buona stoffa; l'abito, il vestito buono, quello della festa; il salotto buono, quello riservato solo alle grandi occasioni | buon gusto, buongusto
6 rispettabile; ragguardevole: buon nome, buona fama, buona reputazione; un giovane di buona famiglia; di buona memoria, si dice di un defunto che ha lasciato rimpianto di sé; il buon tempo andato o antico, quello che si rimpiange come migliore rispetto al presente; la buona società, i ceti più elevati
7 detto di persona, abile, capace; detto di cosa, utile, efficace, efficiente: un buon medico; un buon pianista; un buon padre; un buon rimedio; una buona macchina; avere buona vista, buon udito, vedere, sentire bene; avere un buono stomaco (o lo stomaco buono), digerire bene; avere buona mano, essere abile; avere buona gamba, essere resistente nel camminare; avere buone braccia, essere un forte lavoratore | avere buon naso, fiuto, essere furbo e perspicace | avere buona memoria, ricordare bene | fare buona guardia, vigilare diligentemente | in buono stato, ben conservato | di buon passo, con passo svelto, deciso | di buzzo buono, di buona lena, con impegno, alacremente | una buona lama, (fig.) un valente spadaccino | una buona forchetta, (fig.) un gran mangiatore; anche, un buongustaio | una buona penna, (fig.) uno scrittore di qualità | una buona testa, (fig.) una persona intelligente | essere in buone mani, (fig.) essere affidato a persone avvedute e capaci | essere buon giudice, essere competente e imparziale | buon senso, buonsenso | buono a nulla, inetto, incapace | buono da buttar via, detto di cosa, ormai inutilizzabile; di persona, ormai inetto, improduttivo | essere, non essere buono di fare qualcosa, (region.) esserne capace: non son buono di contraddirla!, non ne ho il coraggio
8 che serve a un dato scopo; idoneo, conveniente: una buona idea; rimedio buono per la tosse; cogliere la buona occasione, il momento buono, la circostanza opportuna, favorevole
9 valido, autentico; fondato, consistente: il biglietto non è buono se non è timbrato; non è un buon motivo perché tu te ne vada; ò le mie buone ragioni; a buon diritto, giustamente | punto buono, valevole al gioco | denaro non buono, falso o fuori corso | sapere da buona fonte, da informatori degni di fede | far buono, dar buono, convalidare, accettare | palla buona, in vari sport (tennis, calcio ecc.), quella che non cade fuori dell'area stabilita | a ogni buon conto, in ogni caso, a ogni modo | questa è buona!, detto di una battuta, una trovata divertente; anche iron., di cosa incredibile, falsa
10 che procura sensazioni gradevoli: un buon sapore, un buon profumo; la buona tavola, la buona cucina; fare, lasciare la bocca buona, lasciare in bocca un sapore piacevole; (fig.) lasciare un buon ricordo
11 salutare, salubre (detto di tempo, clima): respirare aria buona; la buona stagione, il periodo estivo e primaverile
12 prospero, giovevole, vantaggioso, redditizio: buona salute; buona fortuna; un buon impiego; buon viaggio; buoni auspici; buoni affari; buon lavoro; buon prezzo; buon cliente ' essere, viaggiare, navigare in buone acque, (fig.) avere fortuna, spec. negli affari | buona stella, (fig.) sorte propizia | buona fine e buon principio, augurio di fine e inizio d'anno | a buon mercato, a prezzo basso e conveniente; (fig.) senza fatica, senza impegno: si è fatta una reputazione a buon mercato | avere buon gioco, nel gioco delle carte, avere una fortunata combinazione; (fig.) essere in una situazione favorevole | Dio ce la mandi buona!, si dice di fronte a una situazione pericolosa o difficile | buon pro ti (gli ecc.) faccia, torni a tuo (a suo ecc.) vantaggio (anche iron.) | buoni uffici, mediazioni, appoggi, raccomandazioni: ha fatto carriera grazie ai buoni uffici del direttore
13 sereno, lieto: stare di buon animo, essere tranquillo, non preoccupato; fare qualcosa di buon grado, di buon animo, volentieri, gentilmente e con piacere; disporsi di buon animo, favorevolmente | essere in buona (disposizione), in una disposizione d'animo serena o di umore tranquillo; essere in buona con qualcuno, in rapporti amichevoli; tenere in buona qualcuno, tenerlo tranquillo o mantenerlo ben disposto | darsi al buon tempo, darsi ai divertimenti e all'allegria | buon umore, buonumore
14 con valore enfatico e rafforzativo: buon numero, notevole quantità; buona dose, dose considerevole, abbondante; in buona parte, in parte cospicua | di buon passo, velocemente | di buon'ora, di buon mattino, presto, di primo mattino | tre miglia buone, un'ora buona di strada, un po' più di tre miglia, di un'ora di strada | finiscila una buona volta!, finiscila finalmente! | essere a buon punto, esser già avanti in un'impresa, in un lavoro | in unione con bello : questa è una minaccia bella e buona!, un'autentica minaccia
s. m.
1 [f. -a] persona buona: i buoni lodava, e de' cattivi aveva compassione (MACHIAVELLI) | fare il buono, comportarsi bene, riferito spec. a bambini | un (o una) poco di buono, una persona poco raccomandabile | un buono (o una buona) a nulla, a niente, una persona inetta
2 [solo sing.] (lett., filos.) ciò che è buono, il bene: indagare il vero, il bello, il buono, la verità, la bellezza, il bene
3 [solo sing.] cosa buona, utile, valida: fare, dire qualcosa di buono; c'è del buono in questo scritto; aveva di buono che riconosceva i propri errori | buon per te, per lui ecc. , è una fortuna per te, per lui ecc. | ci volle del bello e del buono per convincerlo, occorsero fatica e pazienza | sapere di buono, emanare un odore gradevole
come avverbio il napoletano non usa buonamente(come fa l’italiano), ma adotta l’avverbio ricavato dall’agg.vo bonario: bunariamente = con bontà, ingenuamente, alla buona, con le buone, onestamente. L’etimo dell’agg.vo buono è dal lat. bonu(m);
tavernara s. f.
1 (ant.) bottegaia,
2 colei che gestisce un’ osteria, una béttola di infimo ordine, o pure una
3 trattoria popolare. Quanto all’etimo si tratta di voce derivata dal s.vo taverna (che è dal lat. taberna(m) 'osteria, magazzino') addizionato del suffisso femm.le di pertinenza ara che al m.le è aro dal lat. arius;
A proposito della voce taverna rammento i seguenti versi di un’ iscrizione posta sulla porta della taverna del Cerriglio(sec.XVII-XVIII):
: Magnammo, amice mieje, e ppo vevimmo
nfino ca nce sta ll'uoglio a la lucerna:
Chi sa’ si all'auto munno nce vedimmo!
Chi sa’ si all'auto munno nc'è taverna!
(Mangiamo, amici miei e beviamo
finchè c’è olio nella lampada (id est: finchè siamo in vita)
chissà se all’altro mondo ci vedremo, chissà se all’altro mondo esisterà una bettola (dove sbevazzare…).
La taverna del Cerriglio fu la piú famosa osteria, béttola di infimo ordine napoletana ubicata in zona porto nei secc. XVII – XVIII e s’ebbe il nome di Cerriglio perché nella zona dove si trovava la suddetta taverna esisteva un folto gruppo di querce (in napoletano la quercia è détta: cerriglio dal lat. cerrum→cerriliu(m)→cerriglio ) e con tale spiegazione (cfr. I.Doria) ci si libera per sempre anche delle fantasiose postulazioni del Basile (cerriglio= apportatrice di gioia (???n.d.r.)), del Celano (cerriglio= soprannome(???n.d.r.) dell’oste gestore della taverna , del D’Ambra (cerriglio= ciuffo dei bravi(???n.d.r.) idea derivata dalla pretesa che détta taverna fosse frequentata da gente di malaffare e non da onesti lavoratori portuali ), e del Croce che si inventò gratuitamente un corrillerus→cerriglio = furfanti che frequentavano la taverna.
bbella e bbona = bella e procace, bella e desiderabile. bbella è il femm. di bello che è dal tardo lat. bellu(m) 'carino', in origine dim. di bonus 'buono' ed à il consueto significato attribuito a ciò che è dotato di bellezza o che suscita ammirazione, piacere estetico; mentre bbona (femm. di buono) nel significato a margine non vale conforme al bene; onesta, moralmente positiva, che à mitezza di cuore, mansueta, bonaria e non vale neppure abile, capace; o detto di cosa: utile, efficace, efficiente ma - pur mantenendo l’etimo dal lat. *bonam=buona – sta per piacente, appetibile,procace, che risveglia i sensi;
15 ‘O vino te fa guappo, ‘o barbiere te fa bbello e ‘a femmena te fa fesso!
Letteralmente:Il vino ti rende sfrontato, il barbiere ti rende bello e la donna ti inganna!
Gustoso ed ammiccante proverbio spudoratamente misogino nato in epoca tardo ottocento allorché a Napoli erano in auge la figura del guappo, quella dell’acconciatore maschile che svolgeva spesso anche funzioni di cerusico, flebotomo (salassatore); sia il guappo che con la sua arroganza e/o sfrontatezza spesso si ergeva a paladino dei derelitti, che i barbieri (per la loro doppia funzione di acconciatori e cerusici) furono ritenute figure positive al contrario della donna ritenuta sempre e comunque soggetto inaffidabile da cui attendersi solo inganni e/o tradimenti!
Guappo s.m. = bravaccio, soggetto pericoloso;
1 (st.) camorrista
2 (estens.) persona sfrontata, arrogante | guappo di cartone, persona che nasconde dietro l'arroganza e la sfrontatezza una reale debolezza
agg.vo solo m.le
1 sfrontato, arrogante: Riccetto ringraziò con un cenno guappo del capo (PASOLINI)
2 di eleganza volgare, pacchiana.
Voce viva e vegeta con molti derivati nei linguaggi partenopeo e/o meridionali; voce nata al sud ed ivi testimoniata fin dalla fine del XVII sec., ma trasmigrata dapprima in area lombarda e poi accolta nel lessico nazionale nei significati di prepotente, sopraffattore, prevaricatore, tirannico, aggressivo, arrogante, bullo, sfaccendato, audace, e poi anche ostentato nel vestire e nell’incedere e da ultimo (XX sec.) teppista, bravaccio, camorrista, persona sfrontata e tracotante, spavaldo.Quanto all’etimo la maggioranza degli addetti ai lavori, a cominciare dal D.E.I., propendono per una culla iberica (guapo= bello, vistoso) la cosa però non mi convince molto attesa anche l’esistenza della voce francese guape = teppista che, a quel che pare, fu recepita nello spagnolo che ne trasse il suo guapo dal quale poi il napoletano avrebbe mutuato il suo guappo; solo un’attenta ricerca storico-linguistica (se fosse possibile farla…) ci potrebbe dire perché mai il napoletano avrebbe dovuto attingere nello spagnolo e non direttamente dal francese gergale antico; confesso di non essere attrezzato per una tale attenta ricerca storico-linguistica, né ò contezza di attendibili studi altrui; mi limiterò perciò ad evitare sia la via iberica che quella francese, per tornare a percorre, in ottima compagnia peraltro: Cortelazzo- Zolli, come già feci alibi, la strada di un lat.classico vappa=, vinello inacetito
e per trasl. dissipatore, degenerato, uomo buono a nulla, cattivo soggetto; in tale ipotesi non osterebbe, a mio avviso, la mutazione metaplasmatica (?) della v in g mutazione presente anche alibi come ad es.: vorpa/volpa→golpa che è dal latino vulpe(m) o al contrario di g in v come ad es in gulio→vulio= voglia.
barbiere s.vo m.le Chi fa il mestiere di radere la barba e di tagliare o accorciare, lavare e accomodare i capelli (soprattutto a clienti di sesso maschile, differendo in ciò dal parrucchiere); (fino agli inizi del sec. XIX all'esercizio di questo mestiere erano connesse anche pratiche mediche e chirurgiche); al proposito rammento il détto: ) Pàrono ‘o servezziale e ‘o pignatiello
Sembrano il clistere e il pentolino. La locuzione veniva ed ancóra viene usata per indicare in maniera sarcastica due persone (parenti o amici) che spesso e volentieri sono insieme e che difficilmente si separano, come accadeva un tempo quando i barbieri che erano un po' anche cerusici,chiamati per praticare un clistere si presentavano recando in una mano l'ampolla di vetro (serviziale) atta alla bisogna e nell’altra un pentolino per riscaldarvi l'acqua occorrente...
servizziale s.vo m.le= clistere, clisma, parola che fu anche (sia pure nella forma di servigiale) nell’italiano antico con i medesimi significati,forgiata sul lat. servitiu(m), deriv. di servus 'schiavo' + il suffisso di pertinenza ale da alis.
pignatiello =pentolino, piccola pentola in origine di coccio, poi anche di metalli: ferro, alluminio etc. s.vo m.le forma diminutiva maschilizzata di pignata; la voce pignata 1) pentola molto capace, per lo piú di terracotta; 2) sorta di mattone forato impiegato nella costruzione dei solai è voce che m’appare derivata dal latino pineata(olla)in quanto il coperchio della pignata terminava quasi sempre a mo' di pigna (in latino pinea). Circa la maschilizzazione del diminutivo rammento che in napoletano con il femminile si indica un oggetto piú grande del corrispondente maschile (es.: pennellessa (piú grande) e penniello ( piú piccolo), cucchiara (piú grande) e cucchiaro ( piú piccolo),tina (piú grande) e tino( piú piccolo) carretta (piú grande) e carretto ( piú piccolo),tammorra (piú grande) e tammurro (piú piccolo);fanno eccezione caccavo (piú grande) e caccavella ( piú piccola) e tiano (piú grande) e tiana( piú piccolo); per cui, nella fattispecie, essendo la pentola usata dal barbiere in funzione di cerusico, molto piccola, si preferí render maschile il consueto diminutivo femminile di pignata e messa da parte pignatella si adottò pignatiello.
bello agg.vo m.le
1 si dice di ciò che è dotato di bellezza; che suscita ammirazione, piacere estetico: un bel ragazzo; due begli occhi; bei palazzi; una bell'architettura; belle musiche; farsi bello, agghindarsi, truccarsi; farsi bello di qualcosa, (fig.) vantarsene, attribuirsene il merito; che bello!, con ellissi del sostantivo | in senso generico, indica ciò che è apprezzabile, ben riuscito, ben fatto, comodo, agevole e sim.: un bel lavoro; una bella gita; una bella casa | in loc. particolari: arti belle, belle arti, arti figurative; belle lettere, letteratura; bel canto, belcanto; bel mondo, alta società, jet-set; belle maniere, modi cortesi, gentilezza; bel sesso, sesso femminile; begli anni, gioventù; bella copia, copia definitiva, ultima; bella vita, agiata, comoda; anche, mondana, scapestrata; una bella intelligenza, un bell'ingegno, vivaci, acuti; anche, una persona intelligente | prov. : non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace. DIM. bellino, belluccio
2 moralmente buono; apprezzabile: un bel gesto, una bella azione; non è bello ciò che fai
3 buono, sereno, calmo (detto degli aspetti della natura): bel tempo; oggi c'è un bel mare; bella giornata; bella stagione, primavera ed estate
4 in usi fraseologici, può avere valore enfatico o rafforzativo, anche in senso iron. e antifrastico: un milione è una bella cifra; sei un bel pezzo d'asino; non ti dico un bel niente; nel bel mezzo di qualcosa, proprio nel mezzo | avere un bel fare, un bel dire ecc. , fare, parlare ecc. inutilmente | a bella posta, intenzionalmente | bell'e buono, vero e proprio: è una canaglia bell'e buona | bell'e fatto, bell'e sistemato ecc. , definitivamente fatto, sistemato ecc. | un bel giorno, un giorno | per antifrasi, brutto: che bella figura hai fatto!; bella roba!; bell'amica che sei! || Usato anche come avv. solo nella loc. bel bello, tranquillamente, piano piano: se ne veniva bel bello; Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa... don Abbondio (MANZONI P. S. I)
s. neutro
1 ciò che è bello; l'insieme delle cose belle: avere il senso del bello | con valore enfatico: mo vene ‘o bbello(adesso viene il bello), la cosa più importante, più difficile; sul più bello, nel momento culminante; il bello è che, lo strano è che; avere di bello che, per indicare un aspetto apprezzabile, una qualità; ci volle del bello e del buono per convincerlo, non fu facile | con valore fraseologico: che cosa fai di bello?; dove vai di bello?
2 tempo buono: spero che domani tornerà il bello
3 uomo bello, che si ammira soprattutto per le doti fisiche: il bello del paese | per antonomasia, l'innamorato, il fidanzato | appellativo affettuoso, che si rivolge specialmente ai bambini: fai la nanna, bello; bello di papà!
Etimologicamente è voce derivata dal lat. bellu(m) 'carino', in origine dim. di bonus 'buono';
femmena s.vo f.le = donna, femmina
1 nome generico di ogni individuo umano o animale portatore di gameti femminili atti a essere fecondati da quelli maschili, e quindi caratterizzato dalla capacità di partorire figli o deporre uova: la femmina della tigre; le femmine sono in genere meno aggressive dei maschi
2 essere umano di sesso femminile; donna, bambina: ànno già un figlio maschio, vorrebbero una femmina | con sfumatura spreg.: Femina è cosa mobil per natura (PETRARCA Canz. CLXXXIII, 12) | mala femmina, (acc. merid.) prostituta.
3 parte di un congegno destinata a riceverne un'altra nel suo interno: la femmina dell'incastro
In funzione di agg.
1 ricca, dotata di femminilità; desiderabile, attraente: è molto femmina | detto di animale, che è di sesso femminile: un castoro femmina
la voce etimologicamente è dal lat. femina(m), voce connessa con fecundus 'fecondo';
fa fesso locuzione verbale (3° pers. sg.ind. pres.) di fare/fà fesso = ingannare, tradire, gabbare, raggirare etc.; la locuzione è formata dall’unione dell’agg.vo fesso con l’infinito fare/fà; fare/fa =
1 compiere un'azione; porre in essere, eseguire, operare: fare un passo, il bene, un discorso, un sogno; che fai stasera? | avere molto da fare, essere occupatissimo | saper fare (di) tutto, essere versato in ogni campo | fare e disfare a proprio piacimento, agire secondo il proprio comodo, senza render conto a nessuno | fa' tu, decidi tu | avere a che fare con qualcuno, trattare, avere rapporti con lui | non avere nulla a che fare con qualcosa, non entrarci, non avere relazione con essa | darsi da fare, adoperarsi, brigare per ottenere qualcosa | lasciar fare (qualcuno), non disturbarlo, lasciarlo libero di agire | fare di tutto o l'impossibile, tentare ogni mezzo pur di raggiungere uno scopo | saperci fare, (fam.) essere in gamba, sapere il fatto proprio | fare presto, tardi, agire con rapidità o con lentezza; anche, rientrare presto o tardi, spec. la sera | fare di conto, (antiq.) conteggiare, computare secondo le regole dell'aritmetica | fare festa, festeggiare, divertirsi | fare la festa (o la pelle) a qualcuno, ucciderlo | far fuori qualcuno, eliminarlo da una competizione; anche, ucciderlo; fare fuori qualcosa, consumarla, distruggerla rapidamente | fare la bella vita, godersela, spassarsela | fare una bella, una cattiva vita, vivere in buone, in cattive condizioni materiali o morali | fare figura, dare una buona impressione | fare una bella, una cattiva figura, dare, lasciare una buona, una cattiva impressione | fare colpo, colpire, impressionare | fare caso a qualcosa, badarci |
2 unito a particelle pronominali, spec. nell'uso familiare, assume valore enfatico, esprimendo una partecipazione affettiva del soggetto all'azione: farse ‘na magnata(farsi una mangiata), farse ‘na bbella cammenata(una bella passeggiata); facimmoce ddoje resate(facciamoci due risate); farsene un baffo, infischiarsene;
3 con valore causativo, mettere in condizione di, permettere: far fare i primi passi al bambino; far bere i cavalli
4 creare, produrre, fabbricare: Dio fece il mondo dal nulla ' fare figli, generarli | fare frutti, produrli | fare un libro, scriverlo | fare una casa, costruirla | fare la minestra, prepararla | fare un contratto, stipularlo | fare luce, rischiarare, illuminare; (fig.) svelare un mistero, scoprire la verità
5 dire, parlare (per lo più introducendo il discorso diretto): mi fece: «Vieni con me»
6 credere, pensare: ti facevo a Parigi e invece sei qui!
7 emettere, versare: fare sangue dal naso
8 raccogliere, mettere insieme: fare legna; fare quattrini; fare carbone, acqua, benzina, rifornirsene; la nostra città fa trecentomila abitanti, ne conta trecentomila | fare acqua, detto di natante, imbarcarla da una falla; (fig.) essere in condizioni di dissesto
9 (fam.) comprare, regalare: la mamma le ha fatto un paio di scarpe nuove | con la particella pronominale, comprare per sé, procurarsi: farsi la macchina, la villa
10 esercitare un'arte, una professione, un mestiere: fare il pittore, il commerciante | praticare: fare sport, del tennis
11 comportarsi da: fare il superuomo, il cretino | agire come: fare da padre, da infermiera
12 detto di cose, avere una determinata funzione: i capelli le facevano corona intorno al viso; una pietra faceva da sedile
13 rendere, mettere in una determinata condizione: far bella la propria casa
14 eleggere, nominare: fu fatto generale
15 dare come risultato (nelle operazioni aritmetiche): tre per tre fa nove; dieci meno due fa otto
16 (gerg.) rubare: gli hanno fatto il motorino
17 farsi un uomo, una donna, (volg.) averci un rapporto sessuale ||| v. intr. [aus. avere]
1 convenire, adattarsi, essere utile: quella casa non fa per noi; l'ozio non fa per me
2 divenire, essere (con uso impers. quando è riferito alla temperatura, al clima, all'avvicendarsi del giorno e della notte): fa caldo; fa brutto tempo; d'inverno fa buio presto
3 compiersi (di un determinato tempo): fa un anno, fanno due anni da che ci conoscemmo
4 in altre locuzioni: fare a pugni, a botte, a coltellate; fare a moscacieca, a nascondino; fare a (o in) tempo, riuscire a fare qualcosa entro una scadenza prefissata; fare a meno di qualcosa, rinunciarvi, privarsene; fare a metà, dividere in due; fare di cappello a qualcuno, salutarlo togliendosi il cappello; fare pro, giovare | fa fino, è da raffinati | fa estate, ne dà l'impressione ||| farsi v. rifl. o intr. pron.
1 trasformarsi, diventare: farsi musulmano; farsi rosso in viso; questo cucciolo s'è fatto grosso! | farsi in quattro, (fig.) moltiplicare i propri sforzi, il proprio impegno a favore di qualcuno o di qualcosa || Anche in costruzioni impersonali: s'è fatto chiaro; si sta facendo tardi
2 (gerg.)sta fatto( si è drogato).
Letimo è dal lat. fa(ce)re.
fesso agg.vo m.le esattamente lo sciocco balordo, senza una sua consistenza fisica e/o morale, lo stupido, , lo stolto, il deficiente, l’imbecille, lo scimunito e, talora (cfr. far fesso), l’ingannato, il tradito in tutto in linea con il suo etimo dal latino fissus part. pass. del verbo findere =spaccare, dividere.
16.Quann' uno s'à dda 'mbriacà, è mmeglio ca 'o ffa cu 'o vino bbuono.
Quando uno decide d'ubriacarsi è meglio che lo faccia con vino buono. Oltre l’ovvio significato che consiglia anche nel caso di ubriacatura di assumere del vino buono e non di quello scadente, il proverbio (che chiude questa piccola silloge e ne rappresenta quasi la summa con quel vino bbuono che la fa da padrone) à un pregnante significato estensivo che è il seguente: Se c'è da perdere la testa è piú opportuno farlo per chi o per qualcosa per cui ne valga la pena.
quanno: avverbio = in quel tempo, in quel momento, allorché; dal latino quando con tipica assimilazione progressiva nd→nn;
uno agg. num. card. ,ma qui pron. indef. , [come art. indeterminativo maschile è ‘nu/’no che corrispondono ad un ed uno della lingua italiana dove sono agg. num. card. , pron. indef. , art. indeterm. [ in italiano, uno come agg. num. e art. maschile si tronca in un davanti a un s.vo o agg.vo che cominci per vocale o per consonante o gruppo consonantico che non sia i semiconsonante, s impura, z, x, pn, ps, gn, sc (un amico, un cane, un brigante, un plico; ma: uno iettatore, uno sbaglio, uno zaino, uno xilofono, uno pneumotorace, uno pseudonimo, uno gnocco, uno sceriffo); il napoletano non conosce tante complicazioni ed usa indifferentemente ‘no/‘nu davanti ad ogni nome maschile sia che cominci per vocale, sia che cominci per consonante o gruppo consonantico (ad es.: n’ommo= un uomo – ‘nu sbaglio= un errore;) da notare che mentre nella lingua nazionale si è soliti apostrofare solo l’art. indeterminativo una davanti a voci femm. comincianti per vocali, mentre l’art. indeterminativo maschile uno non viene mai apostrofato e davanti a nomi maschili principianti per vocali se ne usa la forma tronca un (ad es.: un osso) nell’idioma napoletano è d’uso apostrofare anche il maschile ‘no/‘nu davanti a nome maschile che cominci per vocale con la sola accortezza di evitare di appesantir la grafia con un doppio segno diacritico: per cui occorrerà scrivere n’ommo= un uomo e non ‘n’ommo l’etimo di ‘no/’nu è ovviamente dal lat. (u)nu(m) l’apocope della prima sillaba (u) comporta la doverosa indicazione di un segno diacritico (‘) quantunque oggi numerosi autori seguano il malvezzo di scrivereno/nu privi di qualsiasi segno diacritico, ma è costume che aborro, non trovando ragioni concrete e corrette per eliminare un sacrosanto segno etimologicamente ineccepibile ;la medesima cosa càpita con il corrspondente art. indeterminativo femm.le‘na corrispondente ad una della lingua italiana dove è agg. num. card. , pron. indef. , art. indeterm.come del resto nel napoletano dove però come agg. num. card. non viene usata la forma aferizzata ‘na, ma la forma intera una cfr. ad es.: pigliame ‘na cannela(prendimi una qualsiasi candela)pigliame una cannela (pigliami una sola candela); l’etimo di ‘na è ovviamente dal lat. (u)na(m) l’aferesi della prima sillaba (u) comporta la doverosa indicazione di un segno diacritico (‘) quantunque oggi numerosi autori, anche preparati, seguano il malvezzo di scrivere l’articolo na come pure il corrispondente del maschile e neutro no/nuprivi di qualsiasi segno diacritico, ma è costume che aborro, non trovando, mi ripeto, ragioni concrete e corrette per eliminare un sacrosanto segno etimologicamente ineccepibile.
come agg. num. card.
1 numero naturale corrispondente a un'unità; nella numerazione araba è rappresentato da 1, in quella romana da I: un metro; un litro; un grammo; un quarto; le mille e una notte; c'è un chilometro da qui al paese vicino | rafforzato da solo, soltanto e sim., indica l'unicità della persona o della cosa cui ci si riferisce: una volta sola; ò soltanto un vestito; quei due sono un'anima sola; si mossero come un sol uomo, tutti insieme; a un tempo, contemporaneamente; a un modo, allo stesso modo; a una voce, parlando, gridando tutti insieme | sottintendendo il sostantivo: andare per uno (per un numero, per un punto); dirne, raccontarne una (notizia, storiella e sim.); me n'è capitata una (avventura, disavventura e sim); delle due l'una (possibilità), prendere o lasciare; Venimmo ove quell'anime ad una [voce] / gridaro a noi (DANTE Purg. IV, 17-18) | in locuzioni distributive: una al mese; a uno a uno; due per uno; marciare per uno; contare per uno, per una sola persona; uno per tutti, tutti per uno, si dice stringendo un patto di solidarietà | essere tutt'uno, essere una sola cosa, la stessa cosa: notte e giorno... eran tutt'uno per lui in quel momento (MANZONI P. S. XXXVI) | in uno, a uno, (ant.) insieme, nello stesso luogo o nello stesso tempo: O non potranno pur le nostre genti, /... / così potente armata in un raccòrre (TASSO G. L. II, 76)
2 posposto al sostantivo con valore di ordinale: l'articolo uno della Costituzione; il giorno uno del mese | sottintendendo il sostantivo: è l'(ora) una
3 nella loc. agg. uno o due, per indicare un numero molto basso o una piccola quantità indeterminata: inviterò uno o due amici; leggerò uno o due libri sull'argomento
4 pl. (lett.) uniti moralmente o politicamente: liberi non sarem se non siam uni (MANZONI Il proclama di Rimini)
s. m.
1 il numero uno: dividere per uno
2 la cifra o la lettera che rappresenta il numero uno
3 l'Uno, (filos.) il principio unico di tutta la realtà
art. indeterm. [f. una]
1 serve a indicare una persona o cosa in modo indeterminato: un bambino piangeva; una donna entrò nel negozio; vuoi una tazza di tè?; si udì uno sparo, un rumore; cercare un lavoro | in locuzioni temporali: un giorno, un tempo, una volta; c'era una volta... , come inizio di favole | in locuzioni che esprimono una quantità indeterminata: un po', un poco | unito ad agg. indef. o ad agg. num. ord.: un qualche rimedio ci dovrà pur essere; a una prima indagine, a un primo tentativo; una prima volta; in un primo tempo | davanti ad agg. o s. aventi funzione predicativa: sei uno sciocco; è un'ottima cuoca; è un valente medico; ci sembra un poco di buono; è un'infamia! | in espressioni enfatiche: ò un sonno che non ti dico, ò molto, molto sonno; à una casa...!, una casa bellissima, bruttissima; ò preso uno spavento...!, mi sono spaventato molto; è un bugiardo...!, è un tale bugiardo...!
2 premesso a una determinazione di quantità, indica approssimazione: l'avrà pagato un diecimila lire; mancherà una mezz'ora; disterà un venti chilometri
qui è pron. indef. [f. una]
1 un tale, un certo, una certa persona: ò parlato con uno che ti conosce; è uno che dice di essere l'architetto; parlavano di uno che era fuggito di prigione | in costruzioni partitive: ò parlato con uno dei suoi assistenti; ò incontrato una delle sue amiche; verrà scelto uno di voi; è uno dei migliori; uno dei tanti, uno qualsiasi, una persona comune | in correlazione con altro: l'uno o l'altro, non à importanza; avanzavano uno dopo l'altro; attenzione a non scambiarli l'uno con l'altro; uno sí, gli altri no; gli uni, le une dicevano di sí, gli altri, le altre di no | l'uno e l'altro, l'una e l'altra, entrambi, entrambe (anche con valore di agg.): l'uno e l'altro (fratello) negarono; l'una e l'altra (città) furono distrutte | l'un l'altro, l'un con l'altro, reciprocamente, vicendevolmente: aiutarsi l'un l'altro
2 con valore impers.: se uno vuole, può farlo, se si vuole, si può fare.
s’ à dda locuzione verbale che rende l’italiano si deve, si deve da; locuzione formata dal verbo avere (à =3° p.sg. pres. ind. di avé/avere) addizionata con la preposizione da con raddoppiamento della dentale in quanto posta dopo la vocale; si à da( nel nap. è s’à dda e non s’adda come mi è capitato di leggere in taluni sprovveduti, sedicenti scrittori napoletani ) è uguale a si deve e fu anche nell’italiano antico nella medesima accezione di doversi.
‘mbriacà = ubriacare, frastornare come rifless. ‘mbriacarse= ubriacarsi, diventar frastornato, confondersi.
Il verbo ‘mbriacà è un denominale da un lat. in + (e)briacum= ebbro, ubriaco secondo il percorso morfologico (i)n(e)briacu(m)→’mbriacu(m) donde il verbo ‘mbriacare/à.
meglio avv. [compar. di bene]
1 in modo migliore: riflettere meglio; leggi un po' meglio; con questi occhiali vedo assai meglio; cercherò di far meglio | star meglio, essere, trovarsi in condizioni migliori o più soddisfacenti; riferito a cose, essere più adatto; essere collocato in modo migliore: oggi sto meglio, la febbre è scesa; siediti sul divano, si sta meglio; economicamente stanno assai meglio di noi; questo colore sta meglio a te; quel quadro stava meglio nel salotto | andar meglio, procedere in modo migliore o più soddisfacente: le cose vanno meglio; non potrebbe andar meglio di così | andare di bene in meglio, migliorare sempre più | cambiare in meglio, migliorare | per meglio dire (o assol. meglio), si usa come inciso per precisare o correggere una precedente affermazione: non ha potuto o, per meglio dire, non ha voluto; preferirei questo o, meglio, quello
2 seguíto da un part. pass. forma un compar. di maggioranza: è meglio preparato di te; con l'art. determ. forma un superl. rel. di maggioranza: gli alunni meglio preparati; le persone meglio educate | il meglio possibile, nel miglior modo possibile
3 (ant.) piú, piuttosto: voler meglio, amar meglio, preferire; valer meglio, essere più utile, preferibile
agg. compar. invar.
1 migliore (si usa, (ma sarebbe preferibile evitare tale uso) generalmente come predicato nominale con i verbi essere, parere, sembrare): questa traduzione mi pare meglio dell'altra; il tuo è senz'altro meglio di questo | in costruzioni partitive: qualcosa di meglio; nulla di meglio; e assol.: in mancanza di meglio; non c'è di meglio; puoi trovare di meglio || Anche con valore di pron. : ne ho visti dei meglio, delle meglio
2 con valore neutro, nel significato di cosa migliore, preferibile: credetti meglio far finta di nulla; sarà meglio che tu parta domani; spesso si sottintende il verbo essere: (è) meglio non parlare | (tanto) meglio!, meglio così!, meglio per lui!, escl. che esprimono compiacimento e sono usate anche ironicamente | prov. : è meglio un uovo oggi che una gallina domani; meglio tardi che mai; meglio soli che male accompagnati
3 nell'uso pop. regionale, preceduto dall'art. determ., à valore di superlativo relativo, equivalendo a il migliore: la meglio squadra; il meglio attore; i meglio vestiti || Anche con valore di pron. : si sono presi i meglio, le meglio; è la meglio delle tre
s. f. invar. (ma di uso limitato e talora sconsigliabile…) la cosa migliore: la meglio è non pensarci più | avere la meglio, riuscire vittorioso, prevalere | alla meglio, alla bell'e meglio, non bene, in qualche modo: è stato fatto alla meglio; si tira avanti alla meglio |||
s. m. invar. la cosa o la parte migliore: lasciare il meglio; è il meglio che tu potessi fare | fare il meglio, del proprio meglio, tutto ciò che è possibile o che è più vantaggioso | per il meglio, nel modo migliore, più vantaggioso: le cose vanno per il meglio; agire per il meglio | per il tuo, suo meglio, a tuo, a suo vantaggio | nel meglio di qualcosa, (fam.) nel momento migliore: nel meglio del sonno | al meglio, si dice di ordine di borsa in cui il cliente non pone limiti di prezzo, ma si affida alla discrezionalità dell'intermediario; nel linguaggio com., al massimo: si sono battuti al meglio delle loro possibilità | prov. : il meglio è nemico del bene.
Quanto all’etimo meglio è dal lat. melius, neutro di melior -oris 'migliore';
vino bbuono il vino buono,saporito, gustoso cfr. antea sub smorfia napoletana.
Raffaele Bracale

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