sabato 21 agosto 2010

QUESITI

QUESITI
Ò avuto dall’amico V.C. (.(i consueti problemi di privatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) la richiesta di illustrare le seguenti espressioni:
1)'A capa ‘e ll’ommo è 'na sfoglia 'e cepolla.
2)- Scarta fruscia e piglia primera.
3)- Arrivato a uttant’anne chiamma ‘o prevete e ghietta ‘e panne!!!
Do corso alla richiesta
Esaminando singolarmente le espressioni:
1)'A CAPA ‘E LL’OMMO È 'NA SFOGLIA 'E CEPOLLA. Letteralmente: la testa (il cervello) dell’uomo (inteso come genere umano, non come maschio) è sottile,molle come una tunica di cipolla e dunque inconsistente ed inaffidabile. Id est: non c’è da fidarsi del raziocinio umano generato da un organo (cervello) tenero ed inconsistente tal quale una tunica di cipolla; In coda rammento gli etimi delle voci incontrate e non ancóra esaminate:
capa s.vo f.le = capo, testa, estensivamente anche mente, cervello; voce dal lat. volg. parlato *capa(m) per il cl. caput.
ommo s.vo m.le = uomo, maschio, ma piú genericamente (come in questo caso) genere umano; voce dal nom. lat. (h)omo con raddoppiamento espressivo della consonante nasale bilabiale (m)
sfoglia s.vo f.le 1 lamina sottile: sfoglia d'oro, d'argiento;
2 (region.) guaina della pannocchia del granturco
3 (region.) tunica della cipolla
4 (region., ma raro) sogliola.
cepolla s.vo f.le s. f.
1 pianta erbacea coltivata per il bulbo commestibile, composto di varie tuniche carnose (fam. Liliacee) | il bulbo stesso e, per estens., il bulbo di altre piante: cepolla janca, rossa; frettata cu ‘e cepolle; levà ‘a sfoglia ê cepolle( cipolla bianca, rossa; frittata con le cipolle; togliere il velo alle cipolle, la prima squama sottilissima che ricopre il bulbo;) magnà pane e cepolle ( mangiare pane e cipolla), (fig.) pochissimo e male; essere molto povero.
2 (estens.) qualsiasi oggetto o sua parte a forma di cipolla: ‘a cepolla d’ ‘olume a ggiorno (la cipolla del lume a petrolio), la parte inferiore, sferica, che contiene il liquido; ‘a cepolla ‘e ll’addacquaturo(la cipolla dell'annaffiatoio), la parte terminale del collo, rotondeggiante e a buchi, da cui esce l'acqua
3 (scherz.) orologio da tasca di foggia antiquata
voce dal lat. tardo cepulla(m), dim. del class. cípa 'cipolla'
2) SCARTE FRÚSCIO E PIGLIE PRIMERA!
Icastica, sarcastica locuzione esclamativa partenopea che per apparir piú chiara dovrebbe addizionarsi d’un nun(non) diventando scarte frúscio e nun piglie primera! (ma in tal guisa perderebbe tutto il suo gustoso sapore di ironia e sarcasmo e quindi meglio lasciar le cose come sono ed esclamare Scarte frúscio e piglie primera!
Che è un’ esclamazione intraducibile ad litteram che però si può rendere comunque lato sensu con di male in peggio oppure Cader dalla padella nella brace quantunque l’espressione napoletana abbia un valore di malevola soddisfazione (valore assente nell’espressione italiana) nel constatare la sgradevole situazione di chi – per sua insipienza - abbia scartato un frúscio sperando di avere una primiera e sia rimasto chiaramente a mani vuote, peggiorando cioè la propria situazione,id est cadendo dalla padella nella brace.
Ò parlato di espressione intraducibile ad litteram in quanto è assolutamente fuori luogo (come chiarisco qui di sèguito) tentar di renderla con un inconferente: Scarti flusso (fruscio) e raccogli primiera!
Infatti la parola napoletana frúscio non può esser tradotto, indicando cosa del tutto diversa, non può esser tradotto (come pure inopinatamente fece Raffaele D’Ambra nel suo dizionario napolitano, e come fanno tutti coloro (Altamura, D’Ascoli etc.) che spudoratamente vi attingono…), non può tradursi flusso, frúscio/fruscío, rumore leggero, continuo, sibilante prodotto da qualcosa che striscia, sfrega e simili; il napoletano frúscio agg.vo e s.vo neutro (deverbale del lat. *frustiare = frusciare che in primis sta per fare in pezzi, sciupare, consumare ed à poi, nella forma riflessiva frusciarse, i significati estensivi di vantarsi a torto, gloriarsi, pavoneggiarsi senza motivo) vale cosa floscia,insignificante,di scarso valore, inconsistente, moscia, tutte cose che - come è intuitivo - nulla ànno a che spartire con flusso, frúscio (attestato talora soprattuto di vestiti,o foglie come fruscío), rumore leggero, continuo, sibilante prodotto da qualcosa che striscia, sfrega etc.; il s.vo e solo s.vo italiano frúscio/fruscío à un’etimologia onomatopeica e connota cosa affatto diversa dal frúscio napoletano che è – come ò détto – è un agg.vo e s.vo neutro (deverbale del lat. *frustiare).
A questo punto, per parlar fuor de ’l velame de li versi strani,
converrà fare un passetto indietro e chiarire cosa siano il frúscio e la primera della locuzione; chiariti i due concetti, forse si chiarirà tutta la portata dell’espressione in esame.
L’espressione attestata già anticamente, è mutuata da un gioco d’azzardo di carte, chiamato appunto primiera (voce derivata da primiero, in quanto la primiera si ottiene possedendo le carte di ogni seme che ànno il punteggio piú alto ( punteggio non facciale, ma prestabilito: il medesimo punteggio in uso nel conteggio della primiera nel giuoco della scopa e cioè: 7 = 21 punti, 6 = 18 punti ,asso = 16 punti, 5 = 15 punti etc.a decrescere sino alle figure che valgono 10 punti cadauna )); la primiera che non è quella della scopa, è dunque un gioco d'azzardo nel quale vince il giocatore che somma il maggior numero di punti con quattro carte di quattro semi diversi; nel medesimo giuoco il fruscio è la somma del maggior numero di punti con quattro carte del medesimo seme; il fruscio è una combinazione secondiara che permette la vincita solo di una posta inferiore a quella destinata alla primiera, ma a chi possieda un frúscio dopo la prima distribuzione di carte, è dato la facoltà di scartarne alcune ( due o tre) e farsele sostituire dal cartaro sperando di riceverne di piú atte a mettere insieme una primiera che dà diritto alla vincita della posta piú alta; va da sé che era ed è rischioso e spesso improvvido scartare un frúscio che comunque dà diritto ad una piccola vincita, per rincorrere la chimera della conquista di una primiera difficilissima da conseguire; era ed è rischioso e spesso improvvido scartare un frúscio perché il piú delle volte non si consegue la primiera e si perde anche il frúscio scartato! Giunti a questo punto si comprende dunque la portata ironica se non sarcastica della locuzione partenopea in esame che viene spesso usata con malevola, ostile, rancorosa soddisfazione per le disgrazie altrui, nei confronti di chi abbia lasciato il certo per l’incerto e prendendosi gioco di costui gli si rinfacci ironicamente (giacché in realtà non è avvenuta l’evenienza migliore…attesa, ma non conseguita) di aver scartato un frúscio e preso una primiera (piú chiaramente: di aver scartato un frúscio e(non) aver preso una primiera) d’aver cioè peggiorata la situazione, cadendo dalla padella nella brace.
In coda rammento gli etimi delle voci incontrate e non ancóra esaminate:
scarte = scarti voce verbale (2° prs.sg.) ind. pres. dell’infinito scartà = scartare (denominale di carta con protesi d’una esse distrattiva):
1 togliere un oggetto dalla carta che lo avvolge: scartà ‘nu pacco(scartare un pacco)
2 ( ed è il caso che ci occupa) nei giochi di carte, eliminare o sostituire una carta con particolari intendimenti a seconda del gioco; 3 mettere da parte, respingere come dannoso o inutile: scartare una proposta; scartare i libri superflui; scartare qualcuno alla visita di leva, dichiararlo non idoneo al servizio militare;
piglie pigli voce verbale (2° prs.sg.) ind. pres. dell’infinito piglià = prendere, pigliare ( dal lat. volg. *piliare, dal class. pilare 'rubare, saccheggiare').
3) ARRIVATO A UTTANT’ANNE CHIAMMA ‘O PREVETE E GHIETTA ‘E PANNE!!! Ad litteram: (L’uomo - inteso come genere umano, non come maschio) giunto ad ottant’anni chiama il prete ed abbandona i panni; id est. Giunto in età avanzata l’uomo non si cura piú delle cose frivole o di pertinenza terrestre (i panni), ma comincia a considerare l’evenienza della morte e si affretta a contattare un prete per riconciliarsi con Dio e per nettarsi l’anima di eventuali errori.

Raffaele Bracale

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