mercoledì 22 agosto 2012

NNACCHENNELLO & NNACCHERO

NNACCHENNELLO & NNACCHERO I vocaboli in epigrafe sono oggi fra i napoletani piú giovani quasi sconosciuti, mentre persistono (almeno il primo) nella memoria e nell’uso di quelli piú avanti negli anni. Con tale vocabolo si indica il lezioso, lo svenevole, lo eccessivamente complimentoso, il vagheggino, il manierato cicisbeo; è chiaro che in un’epoca come la nostra che à statuito la parità dei sessi sarebbe impensabile un uomo che si comportasse verso il gentil sesso in maniera tale da esser paragonato a quei settecenteschi cavalier serventi che solevano portare lunghe capigliature spartite sulle fronte e tirate sul volto a coprire un occhio, mentre con l’altro, attraverso un occhialetto,spesso colorato, sogguardavano le dame ; tale postura faceva pensare che i suddetti cavalieri non avessero che un occhio;in francese la cosa suonava: il n’à q’un oeil che letto rapidamente diveniva il n’à che n’el da cui i napoletani trassero nnacchennello voce che i giovanotti degli anni intorno al 1960 accorciarono quasi gergalmente in nnacchero, mantenendo il significato di vagheggino, manierato cicisbeo,bellimbusto, stravagante. Difficilissimo trovare riscontri etimologici nei lessici dei maggiori linguisti partenopei: quasi tutti non registrano i due vocaboli in epigrafe o se lo fanno evitano di azzardare un’idea etimologica trincerandosi dietro un pilatesco etimo incerto o sconosciuto; fa eccezione l’amico avv. Renato de Falco che registra nnacchennello, ma non nnaccaro, e propone una strada etimologica che non è quella che ò percorso poc’ anzi e di cui dico in coda; ugualmente fa eccezione il defunto prof. Francesco D’Ascoli che ugualmente registrò nnacchennello, ma non nnaccaro, e propose però una strada etimologica che reputo impercorribile atteso che egli intese far derivare il napoletano nnacchennello da un italiano naccherino s. m. ( voce ant.) 1 dim. di nacchera 2 sonatore di nacchere 3 (tosc.) bambino vispo e grazioso. Ora a parte il fatto che aborro l’idea che il napoletano possa essere tributario dell’italiano (sia pure per un qualche singolo, sperduto vocabolo, nella fattispecie ognuno vede che se pure con un grosso sforzo mentale, semanticamente si può tentare di mettere in collegamento un bambino vispo e grazioso,con manierato, giovane bellimbusto, ben difficilmente (se si eccettuano le due sillabe iniziali) si può trovare un legame morfologico tra naccherino e nnacchennello. Di naccaro poi nessuno dei vocabolaristi partenopei parla ed io comunque li giustifico tutti trattandosi, come ò detto, di una voce quasi gergale coniata ( per dileggio nei confronti di qualche giovanotto un po’ troppo educato e gentile sino ad apparire effeminato) nella seconda metà del 1900 in àmbito giovanile, adattando per accorciamento la preesistente, nota voce nnacchennello. Faccio notare che partendo dal francese n’à q’un oeil che letto rapidamente diveniva il n’à che n’el i napoletani trassero nnacchennello con geminazioni espressive della nasale iniziale e della liquida finale e consueta paragoge di una semimuta finale (qui o) atteso che i napoletani non amano le parole che terminino per consonante (cfr. alibi tramme←tram, bisse←bis, barre←bar,gasse←gas, autobbusso←autobus etc. ); unica eccezione la negazione nun . Ricordo infine, per tornare a nnaccaro, che in napoletano esiste la voce nacca che con etimo dal greco volg. nàkion vale gambo di pianta, germoglio e anche gamba umana, anca e si potrebbe esser colti dalla tentazione di pensare, per l’etimo di nnaccaro, ad una avvenuta agglutinazione tra nacca ed un suffisso di pertinenza aro/aio, ma non vedo come si possa mettere in collegamento un gambo di pianta,un germoglio o anche una gamba umana,un’anca con il solito manierato, giovane bellimbusto; non ci resta quindi che arrenderci alle ragioni del linguaggio gergale, prender per buona l’idea che naccaro non è che un accorciamento espressivo e di comodo di nnacchennello e fare punto qui. Rammento in coda a tutto quanto détto, che taluni, tra i quali l’amico Renato de Falco, ipotizzano che la derivazione della voce in esame sia da collegare a quegli elegantoni bellimbusti un po’ effeminati che erano soliti usare il monocolo ed a loro avviso dal monocolo al non avere che un occhio solo il passo sarebbe breve. Trovo però l’idea non perseguibile per una semplicissima considerazione(e mi merraviglio che l’amico Renato non v’abbia posto mente...) e cioè che il monocolo era usato, non per eleganza, ma per necessità da tutti quelli (e tra di essi anche Raffaele Viviani che, per certo, non era un elegantone bellimbusto ed un po’ effeminato)che fossero miopi da un solo occhio e non necessitavano perciò di un occhiale a due lenti. Rimango perciò fermo nel mio punto di vista e non mi accodo all’ipotesi dell’amico Renato de Falco. Raffaele Bracale

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