martedì 26 novembre 2013

TENÉ ‘NCANNA e PPURTÀ ‘NCANNA

TENÉ ‘NCANNA e PPURTÀ ‘NCANNA Anche questa volta faccio sèguito ad un quesito rivoltomi dall’amico M.M. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi delle due espressioni partenopee in epigrafe che ad un profano non meridionale parrebbero indicare la medesima azione, atteso che qualche impreparato iconoclasta potrebbe rendere in italiano con un unico avere alla gola che non chiarirebbe nulla circa le esatte valenze delle due espressioni che in realtà sono affatto diverse e sono addirittura antitetica l’una dell’altra. Entro in medias res e preciso súbito che la napoletana tené ‘ncanna à da rendersi in italiano con un tenere alla gola, mentre l’espressione purtà ‘ncanna deve rendersi in italiano con un portare alla gola. Si tratta cioè di due cose molto diverse e qui di sèguito preciso. Con la prima espressione, tené ‘ncanna costruita con il verbo tenere mantenere, reggere,serrare, stringere si connota un’azione sgradevole, quasi súbita, sopportata facendosi riferimento a qualcosa e/o qualcuno che molto poco amabilmente ci serri, ci stringa alla gola quasi come una corda, un cappio cosa cioè tutt’altro che piacevole. Al contrario con l’espressione purtà ‘ncanna costruita con il verbo portare, reggere, sorreggere, sostenere, supportare,avere si connota un’azione gradevole, non tollerata, ma quasi cercata,voluta e di cui si è contenti facendosi riferimento a qualcosa e/o qualcuno che gradevolmente si porti, si regga, figuratamente sospeso al collo e o gola a mo’ di prezioso monile. Si tratta, ripeto di due cose molto diverse di cui la prima rappresenta un tedio, un fastidio, mentre la seconda rappresenta un piacere,un diletto. Esaminiamo le parole; il verbo napoletano tené/tènere [che è dal lat. Lat. teníre, corradicale di tendere 'tendere'] à all’incirca i medesimi significati del verbo avere e cioè1 possedere beni materiali, o anche doti morali, attributi, qualità, titoli e sim.; usato assol., essere ricco in senso materiale: tené ddoje case, pochi sorde, tanti libbre; tené ‘na bbella voce, coraggio, bbuonu core; tené n'inteliggenza pronta; tené fortuna; tené ‘na laurea; tené ‘na famiglia ca tene assaje )avere due case, pochi soldi, tanti libri; avere una bella voce, coraggio, buon cuore; avere un'intelligenza pronta; avere fortuna; avere una laurea; una famiglia che possiede molto) unito ad un compl. oggetto che esprime un'estensione determinata di tempo, indica età, anzianità, oppure stabilisce quanto manca a una scadenza, al verificarsi di un evento: mia figlia tene sidice anne; tengo ancora ‘na semmana ‘e ferie; tene sulo pochi juorne ‘e vita (mia figlia à sedici anni; o ancora una settimana di vacanze; à solo pochi giorni di vita), è nato da pochi giorni, oppure gli restano pochi giorni da vivere | se il compl. oggetto è riferito a persona, indica appartenenza affettiva o anche possesso carnale: tene ‘nu figlio e nun cerca ato; chill'ommo à tenuto paricchi ffemmene; (à un figlio e non cerca altro; quell'uomo à avuto molte donne); in altri casi indica la relazione che il nome stesso esprime: tene mugliera e ffiglie; tenimmo cierti pariente a mMilano; tène ddoje secretarie e ‘nu sciafferre (à moglie e figli; abbiamo dei parenti a Milano; à due segretarie e l'autista) | in loc. partic.: tené coccosa ‘e quacchuno, ‘e coccosa (avere qualcosa (molto) di qualcuno, di qualcosa), ricordarlo, rassomigliargli un po' (molto);tené quacchuno dâ parta soja (avere qualcuno dalla propria parte), goderne gli appoggi, il favore; 2 quando la cosa o la persona che appartiene è determinata predicativamente, piú che indicarne l'appartenenza ne indica la particolare condizione o qualità: tene ‘e capille janche; tene ‘nu frate cucino miedeco; tene ‘a machina ca nun riesce a ppartí(à i capelli bianchi; o un cugino medico; à la macchina che non riesce a partire )' sono assimilabili a quest'uso talune loc. partic.: tené caro quaccuno, coccosa(avere caro qualcuno, qualcosa), esservi affezionato;tené pe ccerto coccosa (avere per certo qualcosa), ritenerla certa, esserne sicuro | con determinazioni di luogo, indica collocazione nello spazio:tenevo a ffràtemo vicino;ténevemo n’albero annante;tene ‘nu nievo ‘nfaccia (avevo mio fratello accanto; avevamo un albero davanti; à un neo sulla guancia) 3 tenere: tené coccosa ‘mmano, dint’â sacca; tene sempe ‘o cappiello ‘ncapa(avere qualcosa in mano, in tasca; à sempre il cappello in testa) 4 contenere, comprendere:Roma tene cchiú ‘e tre meliune ‘e perzone; l’Itaglia tene vinte reggione (Roma à piú di tre milioni di abitanti; l'Italia à venti regioni) 5 indossare, portare addosso: teneva ‘nu vestito assaje alicante(aveva un abito molto elegante ) 6 conseguire, ottenere; ricevere:nun aggiu tenuto nutizzie soje ‘a paricchio ( non o ricevuto notizie sue da tempo 7 acquistare, comperare; percepire, riscuotere, ricavare:à tenuto chillu lietto ‘attone pe ppochi llire (à avuto quel letto d’ottone per poche lire); ne tene sempe tanto ‘e chill’appartamento (ne ricava sempre tanto dal fitto di quell’appartamento) 8 sentire, provare; soffrire: tené simpatia pe quaccuno, tené ggenio ‘e fà coccosa; tené famma, friddo; tené ‘nu pisemo ‘ncopp’ô stommaco(avere simpatia per qualcuno; avere voglia di fare qualcosa; avere fame, freddo; avere un peso sullo stomaco) 9 in talune loc. il significato del verbo è precisato dal sostantivo che lo segue;talora il sostantivo che determina il significato è introdotto da a o in: tené a mmente (avere a mente), ricordare; tené a ccore(avere a cuore), essere interessato;tené ‘ncapo (avere in animo), essere intenzionato 10 seguito da da (→’a) ed un infinito, vale dovere: tengo ‘a faticà tutto ‘o juorno(o da lavorare tutto il giorno);| il concetto di dovere è implicito in talune loc. costituite da tenere e un sostantivo, che si riferiscono a un'azione che si svolgerà nel futuro: tengo ll’esame (avere gli esami), dover sostenerli;tengo ‘na riunione ‘e condominio (avere una riunionecondominiale), dovere parteciparvi 11 costruito con da e il verbo all'infinito, puo anche esprimere la possibilità di compiere un'azione:tené poco ‘a campà; nun tènere ‘a magnà (avere poco da vivere; non avere da mangiare) Quanto all’etimo il verbo avere deriva dal lat. àbere. ; a sua volta il verbo tenere (oltre le accezioni suddette) mantiene in napoletano, con eccezione di quelle indicate in appresso da 6 a 10 e quelle relative alla forma riflessiva, le medesime accezioni dell’italiano e cioè: 1 avere qualcosa con sé e stringerla in modo da non lasciarla cadere o sfuggire; reggere: tenere in mano un bastone (tené ‘nu bastone ‘mmano); tenere in braccio un bimbo(tené ‘nu criaturo ‘mbraccio); teneva un sacco sulle spalle(teneva ‘nu sacco ‘ncopp’ê spalle) | tenere il sacco a qualcuno (tené ‘o sacco a quaccheduno), esserne complice | tenere l'anima con i denti, (tené ll'anema cu ‘e diente, (fig.) essere molto malato, stare per morire | 2 mantenere qualcosa o qualcuno in una posizione o in una condizione particolare: tenere le mani in tasca, il cappotto abbottonato, il cappello in testa; tenere la finestra aperta, i libri in ordine; tenere bene i vestiti; tenere il vino al fresco; tenere una vivanda in caldo | tenere stretto, stringere ' tenere qualcosa da conto, conservarla con cura ' tenere qualcosa a mente, a memoria, ricordarla | tenere una pratica sospesa, non evaderla | tenere qualcuno in sospeso, non dargli una risposta definitiva | tenere d'occhio qualcuno, qualcosa, sorvegliarlo | tenere le mani a posto, non percuotere, non toccare, non infastidire | tenere la lingua a posto, non parlar male di o a qualcuno | tenere qualcosa, qualcuno in pugno, (fig.) averlo in proprio potere | tenere a bada qualcuno, dominarlo | tenere buono qualcuno, mantenerselo amico per timore o per calcolo | tenere qualcuno informato, al corrente, informarlo | tenere qualcuno come un cane, trattarlo come un cane | tenere un piede in due staffe, (fig.) barcamenarsi tra due situazioni che dovrebbero essere incompatibili, cercando di trarre profitto da entrambe o di uscirne senza danno 3 mantenere: tenere una nota, (mus.) prolungarne il suono con la voce o con uno strumento; tenere la destra (o la sinistra), procedere lungo il lato destro (o sinistro) di una strada; tenere la rotta, navigare mantenendo la rotta; tenere il mare, di nave, o anche di persona, sopportare bene il mare mosso; l'automobile tiene bene la strada, non sbanda; tenere il posto, occuparlo e conservarlo; tenere il filo del discorso, non divagare | osservare: tenere una regola, la parola; tenere fede a un giuramento; sai tenere un segreto? | tenere le distanze, (fig.) trattare con distacco, far sentire a un inferiore la differenza di grado 4 possedere: non tengo una lira; tengo famiglia 5 conservare qualcosa in proprio possesso, nelle proprie mani, per sé; avere: questo libro non mi serve piú, tienilo; tenere una baby-sitter, averla alle proprie dipendenze | esercitare, gestire, amministrare: tenere una carica pubblica; tenere una trattoria in centro, un banco lotto; tenere il banco, nei giochi di carte, accettare le puntate degli altri giocatori; tenere banco, (fig.) primeggiare in una conversazione tra piú persone | (lett.) ottenere, raggiungere: e tiene un premio / ch'era follia sperar (MANZONI Il cinque maggio) 6 trattenere: lo abbiamo tenuto a pranzo, a dormire da noi; la malattia l'à tenuta a letto tre mesi | non lasciar sfuggire, non dare sfogo; trattenere: tenere il pianto, il riso 7 occupare: le truppe sbarcate tenevano saldamente la spiaggia; il quadro teneva tutta la parete | (poet.) dominare: Tien quelle rive altissima quiete (LEOPARDI La vita solitaria 33) 8 contenere: il fiasco tiene due litri; la platea tiene ottocento spettatori 9 stimare, giudicare: lo tenevo per un amico sincero; tenere qualcuno in molto conto, in poca considerazione; tenere per fermo, per certo qualcosa, esserne convinto | tenere qualcuno in conto, in concetto di, considerare come: Dante teneva Virgilio in conto di maestro 10 organizzare, fare: tenere una conferenza, una lezione | tenere consiglio con qualcuno, consigliarsi con lui | tenere compagnia a qualcuno, passare del tempo insieme a qualcuno per distrarlo, per non farlo annoiare ecc. ||| v. intr. [aus. avere] 1 di una chiusura, di un recipiente, non lasciar uscire il liquido: il rubinetto, il serbatoio non tiene 2 resistere, far buona presa: la corda, i ganci tengono bene; l'àncora tiene | detto di pianta, allignare: un terreno in cui l'olivo non tiene | tenere duro, resistere a oltranza 3 tenere dietro, seguire (anche fig.): le sue lezioni sono cosí difficili che gli allievi non gli tengono dietro 4 parteggiare: tenere dalla parte dei contribuenti | tenere per, a una squadra, fare il tifo per essa 5 dare importanza a qualcosa o a qualcuno (usato anche con la particella pron. intensiva): è uno che tiene alle apparenze; ci tengo molto che tu superi gli esami 6 (non com.) assomigliare a qualcosa o a qualcuno: tiene dal padre; un fenomeno che tiene del miracoloso ||| tenersi v. rifl. 1 attaccarsi, aggrapparsi (spec. con le mani): tienti stretto al manubrio 2 mantenersi in una data condizione o posizione; seguire una data direzione: tenersi in piedi; tenersi pronto, aggiornato; tenersi a destra, a galla | tenersi sulle sue, trattare gli altri con distacco; non dare confidenza a nessuno | tenersi al vento, (mar.) procedere con la nave tenuta il piú possibile sottovento; (fig.) mettersi dalla parte del piú forte | tenersi al largo, (mar.) navigare tenendosi lontano dalla costa | tenersi al largo da qualcuno, qualcosa, (fig.) evitarlo prudentemente 3 trattenersi: mi tenni a stento dal ridere 4 stimarsi, giudicarsi: si tiene un grande uomo; si teneva onorato dell'incarico | anche assol. : chi si tiene è tenuto 5 attenersi: tenersi ai patti, alle regole, alle prescrizioni del medico; tenersi ai fatti, limitarsi all'esposizione dei fatti, senza aggiungere opinioni personali ||| v. rifl. rec. tenersi l'un l'altro: si tenevano per mano. In particolare il napoletano à alcune frasi tipiche costruite con il verbo tenere: 1)tené a stecchetto= mantenere in economia forzata di cibo, di beni e quant’altro – lesinare; l’espressione prende il via dal modo parsimonioso con cui venivano cibati gli uccellini, imbeccati di piccolissime quantità di cibo mantenuti sull’estremità d’uno stecchetto di legno; stecchetto s. m. = piccola assicella di legno; etimologicamente si tratta del diminutivo maschile (vedi il suff. etto) di stecco = ramoscello sfrondato e secco; bastoncino sottile e appuntito; (fig.) si dice pure di persona molto magra; la voce stecco è dal longobardo stek= bastone; rammento che in napoletano si registra pure la voce stecchetta di uguale significato ed etimo, ma diminutivo femminile (vedi il suff. etta) di stecco riferito ad un ramoscello sfrondato e secco, ad bastoncino sottile e appuntito leggermente piú grosso di un eventuale stecchetto, secondo il noto criterio che in napoletano si considera femminile un oggetto piú grande del corrispondente maschile (es.: tammurro piú piccolo - tammorra piú grande, tino piú piccolo - tina piú grande, carretto piú piccolo – carretta piú grande, cucchiaro piú piccolo - cucchiara piú grande etc.; fanno eccezione tiano piú grande - tiana piú piccola, caccavo piú grande - caccavella piú piccola. ). 2)tené ‘mmano nell’esortazione tiene ‘mmano!= aspetta, non precipitare nell’azione quasi che l’azione che si stia per eseguire, possa esser cosa da trattenere con le mani; 3)tené mente nell’esortazione di tono dispiaciuto rivolta a qualcuno da cui si chieda o ci si attenda una compartecipazione emotiva: tiene mente!=poni mente, osserva, guarda un po’cio che succede!; ben diversa la successiva espressione che recita 4)tené a mmente nell’esortazione tiene a mmente!=ricorda esattamente (cio che dico/cio che avviene), non dimenticartene: un giorno potrei chiamarti a testimone di tutto cio che sto dicendo o che sta accadendo. Rammento infine che con il part. presente agg.le plur. di tené e cioè con teniente plur. di tenente = tenente,anzi con l’iterativo teniente,teniente ci si riferisce al modo di cottura della pasta che occorre far lessare brevemente, senza che si disfaccia e nell’iterazione quasi superlativa teniente teniente vale molto pronti, quasi duretti come cosa che abbia tenuto la cottura evitando di ammollarsi eccessivamente; letteralmente tenente e teniente sono, come o detto, il participio presente del verbo tené (tenere) che, ripeto, è dal latino teníre, corradicale di tendere 'tendere'. E veniamo al verbo purtà//purtare v. tr. [lat. pŏrtare] 1. a. Reggere, sostenere su di sé un oggetto (o un peso qualsiasi), di solito mentre si compie un movimento, e quindi spostando o trasferendo l’oggetto stesso da luogo a luogo: portare un pacco, un fagotto, un ombrello, una valigia, un vassoio; portare un fascio di legna; portare una sedia; determinando il modo: portare uno zaino sulla schiena; portare un bambino in braccio, in collo, a cavalluccio (in partic.: portare in seno, in grembo, detto della madre durante la gestazione); portare una borsa a tracolla; portare il fucile ad armacollo; portare una cartella sotto il braccio; determinando il luogo dove l’oggetto viene spostato o depositato: portare le valigie alla stazione, la damigiana in cantina, un libro in biblioteca, un cappotto in lavanderia, i quadri dal corniciaio; portare in tavola, servire le vivande, le varie portate; farsi portare la colazione a letto; si è portata a casa una bella coppa; determinando la persona alla quale l’oggetto è consegnato: portami il cappotto; porta una sedia per la signora; in trattorie: mi porti una bistecca, il conto, la lista dei vini; con riferimento a veicoli: la nave portava un carico di scorie radioattive; gli aerei che portano i pellegrini alla Mecca; con riferimento ad animali da soma: solo un mulo puo portare un simile peso su per un sentiero cosí aspro. Locuzioni partic.: portare qualcuno in trionfo, sollevarlo in alto sulle braccia, per festeggiarlo, spec. dopo una vittoria sportiva; portare un cero alla Madonna, a s. Antonio, portarlo in chiesa, come offerta alla Madonna, a s. Antonio (anche fig., per significare che si è avuta una grande fortuna, o che si è scampati a un pericolo). In frasi proverbiali: portare legna al bosco, acqua al mare, vasi a Samo, nottole ad Atene, cavoli a Legnaia, e sim., fare cose completamente inutili o superflue. b. Recapitare, consegnare, recare (in questo caso si attenua l’accezione del sostenere, mentre prevale quella del movimento): il fattorino à portato questo telegramma; ànno portato un regalo, dei fiori; portare in dono, in dote, in omaggio; porta a casa tutto lo stipendio senza tenere niente per sé; anche accostare, avvicinare: portare il cibo alla bocca; si porto la mano alla fronte. In usi fig., con sost. astratti: portare una notizia, un ordine, un messaggio; portatemi presto una risposta; ti prego di portargli i miei saluti; portare aiuto, soccorso; portare guerra, farla, dichiararla; portare qualcosa a conoscenza di qualcuno, fargliela sapere. c. Prendere con sé (non necessariamente addosso), per bisogno o comodità, spec. quando si viaggia, ci si trasferisce, si esce di casa: sarà meglio portare l’ombrello; ti sei portato da (o il) mangiare?; quando parto con l’aereo, porto con me solo una piccola borsa da viaggio; è vietato portare armi. d. Talora manca l’accezione del movimento, e si à solo quella del reggere, del sostenere, o dell’avere su di sé: lo stelo porta il fiore; l’asta che porta la bandiera; le travi portano il tetto; la colonna porta il capitello. Nella scherma, portare il ferro, impugnare bene, tenere saldamente l’arma in pugno, in modo da poterla dirigere al bersaglio nel modo voluto (di taglio, di punta, ecc.). Anche, avere la capacità potenziale di sostenere, di reggere un determinato carico: riesce a portare sulle spalle con facilità una cassa pesante 100 chili; un camion che porta 50 quintali; una nave che porta 20.000 tonnellate; questa bilancia porta fino a 10 kg, à la portata massima di 10 kg (v. portata); con riferimento alla disponibilità di posti in un veicolo: l’aereo porta 300 passeggeri; un’automobile che porta 5 persone al massimo. In partic., e per lo piú con valore estens., di parti del vestiario o d’altre cose che si mettono addosso: porta sempre abiti molto eleganti; non porto mai il cappello; continua a portare una pelliccia passata di moda; porta la divisa solo quando è in servizio; portare la camicia sbottonata; portare il lutto, essere vestito a lutto; e con sign. piú prossimo a «tenere temporaneamente» o «usare abitualmente»: portare i capelli lunghi, portare la barba, i baffi, le trecce; portare gli occhiali, le lenti a contatto, la parrucca. Fig., scherz.: portare i pantaloni (o i calzoni), detto di chi comanda, di chi svolge compiti tradizionalmente solo maschili: in quella casa è la moglie che porta i pantaloni!; ài capito chi è che porta i calzoni in casa loro? 2. Usi fig., connessi col sign. fondamentale: a. Detto di parti del corpo, tenerle in una determinata posizione, in un determinato atteggiamento: portare il braccio al collo; portare il busto eretto, la schiena curva; portare la testa, la fronte alta. b. Con senso affine ad avere (a cui si affianca in qualche caso anche quello di mostrare), in determinati casi: portare un nome celebre, illustre; l’opera porta il nome di tutti e due gli autori; l’articolo porta la firma del direttore del giornale; la lettera non porta la data; nell’incidente si è ferito al viso, e ne porta ancora i segni; che sia un uomo volgare, lo porta scritto in fronte. c. Detto di sentimenti, provare, nutrire: portare amore, odio, rancore a qualcuno; te lo prometto per l’affetto che ti porto; dopo tanto tempo mi porta ancora il broncio; cerca di portare pazienza ancora per qualche giorno; portare rispetto alla vecchiaia; non porta rispetto a nessuno. Solo ant. in altre espressioni: portare dolore, soffrire; portare opinione, credere; portare ferma credenza, essere fermamente convinto; portare fede, mantenerla, essere fedele: Fede portai al glorïoso offizio (Dante). Sempre di sentimenti, o di atteggiamenti dell’animo, ma con sign. piú immediatamente vicino a quello fondamentale del verbo: portare chiuso in cuore un segreto, un dolore, un dubbio, serbarlo segretamente nel proprio intimo. d. Sopportare: portare con dignità il proprio lutto, le proprie disgrazie; lui fa i suoi comodi, e io ne porto le conseguenze. Nell’uso ant.: portare le ingiurie; portare pazientemente i mali; portare la povertà, le malattie (dove oggi si direbbe solo sopportare, sostenere, e sim.). Analogam., e piú com.: portare bene il vino, l’alcol, berne in quantità senza ubriacarsi; portare bene, male gli anni, l’età, mantenersi bene in rapporto alla propria età, dimostrare meno o piú anni di quelli che si ànno; fig., portare la propria croce, sopportare una disgrazia, un dolore; prov., ambasciator non porta pena, chi è incaricato di recare un’ambasciata non è responsabile del contenuto di questa. e. Sostenere, favorire, appoggiare: portare un candidato o portare la candidatura di qualcuno; à fatto una carriera brillante perché era portato dal direttore. Con sign. analoghi, ma con traslati diversi: portare qualcuno alle stelle, esaltarlo con parole di grande ammirazione; portare in palma di mano, tenere in alta considerazione. 3. Per l’ampiezza delle sue accezioni, è molto frequente l’uso di portare in luogo di altri verbi, piú appropriati ma meno comuni: a. Col sign. di condurre: portare i bambini al circo; portare il cane a spasso; mi à portato a cena in un nuovo ristorante; l’ànno portato in prigione; se non migliora lo porteranno all’ospedale. Di strade, far arrivare in un luogo: tutte le strade portano a Roma (per lo piú fig.: lo stesso scopo si puo raggiungere con metodi diversi); questo viale porta direttamente in centro. Con sign. affine, far venire, far arrivare, prolungare fino a un determinato punto: ànno portato il gas metano anche nel centro della città; forse porteranno la ferrovia fino al nostro paese; fig. e scherz.: qual buon vento ti porta?, modo di esprimere meraviglia per una visita inaspettata ma gradita; fig.: portare l’acqua al proprio mulino, cercar di fare il proprio interesse; portare a maturazione, a compimento, a conclusione qualcosa, fare in modo che qualcosa giunga ai risultati che si erano prefissati. b. Trasportare, trascinare, detto spec. di acqua, di elementi naturali: la forza della corrente lo à portato lontano; i fiumi portano le loro acque al mare; il fiume in piena portava con sé detriti d’ogni genere; andiamo dove ci porta la corrente (anche in senso fig.); le foglie portate dal vento volavano nell’aria; fig.: le tue promesse se l’è portate il vento, si sono dissolte, non sono state mantenute. c. Guidare, detto di veicoli: portare bene, male la macchina; ò fatto un corso di vela, ma da solo non so portare la barca; non sono capace di portare il motorino; portare la nave in porto (e, fig., portare in porto un affare, una faccenda, le trattative, condurle a termine, a buon esito). Sempre col senso di guidare, si dice anche (e spesso usato assol.), nel ballo in coppia, di quello fra i due ballerini, di norma il cavaliere, che guida l’altro, che à cioè l’iniziativa dei passi e dei movimenti. d. Addurre: portare nuovi argomenti nella discussione; portare la testimonianza di qualcuno; portami le prove, se vuoi che ti creda; ti portero un altro esempio; voglio portarti un paragone; dopo essersi comportato male à portato delle scuse ridicole. e. come nel caso che ci occupa indossare,calzare, avere su di sé, agghindarsi con. purtava ‘e guante e ‘nu paro ‘e scarpe jalizze;purtava ‘nu paro ‘e ricchine ‘e curallo (indossava i guanti ed un paio di scarpe gialle;aveva un paio di orecchini in corallo) f. Spingere, indurre: tutto porta a sperar bene; le cose détte portano ad un’unica conclusione; cio mi porta a crederti, a darti piena fiducia; è stata la disperazione a portarlo a quel gesto; solo l’affetto mi porta a dirti queste cose. f. Avere come conseguenza, implicare: la concorrenza porta un livellamento dei prezzi; questo fatto porterà delle conseguenze; la natura, almeno quella degli uomini, porta che vita e infelicità non si possono scompagnare (Leopardi); non com. nel sign. di esigere, richiedere: bisogna vestire come porta la stagione. g. Produrre: ogni albero porta i suoi frutti; e fig.: i miei sacrifici ànno portato i loro frutti; ecco i bei frutti che à portato la tua pigrizia. Anche, far produrre, far nascere, recare con sé: l’inverno ci porta arance e mandarini; la primavera ci à portato belle giornate; la vecchiaia porta molti disagi; la notte porta consiglio; portare la discordia in un luogo; portare gloria, onore; portare danno, rovina; portare fortuna, sfortuna, disgrazia; fam., portare bene, portare male. Talvolta anche preannunciare: vento, nubi che portano pioggia. h. Nelle operazioni aritmetiche, lo stesso che riportare, fare un riporto: 7 piú 6 fa 13, scrivo il 3 e porto l’1, ecc. 4. Con avverbî: portare avanti, far avanzare, far progredire, svolgere: portare avanti un’azione, un’iniziativa, un discorso; portare (o tirare) in lungo, protrarre, prolungare, differire: portare in lungo un lavoro, una ricerca, una questione; portare in alto, sollevare: portate le braccia in alto e respirate profondamente (anche fig.: l’ambizione lo porterà molto in alto); portare su, far crescere, aumentare: il freddo à portato su i prezzi della verdura; portare via, togliere da un luogo per trasportare altrove: me ne sono andato portando via tutta la mia roba; anche strappare, rubare, sottrarre: il vento mi à portato via la sciarpa; gli ànno portato via il portafogli mentre era sull’autobus; portare via il posto a qualcuno; detto di persona, allontanarla, catturarla o farla morire: non si voleva staccare di lí, e dovettero portarla via a forza; i carabinieri l’ànno portato via; una polmonite lo porto via in pochi giorni. Con altro sign. l’espressione a portar via, lo stesso che da asporto . Con lo stesso senso di portar via, anche senza l’avv. (e piú spesso nella forma rinforzata portarsi): che il diavolo ti porti!, che il diavolo se lo porti!, come esclamazioni di ira, di insofferenza e sim. 5. In marina, usato assol., si dice che le vele portano quando prendono bene il vento, quando cioè sono investite dal vento sulla superficie volta verso poppa; quindi, far portare le vele, orientare le vele o manovrare in modo che il vento agisca favorevolmente; donde la locuz. avere le vele in portare, il cui opposto è avere le vele a collo. 6. intr. pron.: a. Andare, recarsi: portarsi sul luogo del disastro, della sciagura; l’ispettore si porto sul luogo del delitto; spesso esprime anche l’idea dello sforzo, della fatica sopportata per raggiungere una meta: strisciando sul pavimento riuscí a portarsi fino alla porta e a chiamare aiuto; si porto a fatica fin sulla soglia. Talvolta significa piuttosto presentarsi: portarsi candidato in un collegio. Di veicolo o d’imbarcazione, spostarsi: portarsi piú a destra, portarsi verso il centro della strada, verso il marciapiede; portarsi di prua, di poppa, di traverso, sopravvento, sottovento, manovrare con la nave in modo da disporla in tale posizione. b. Comportarsi, agire: si è portato molto bene nei miei confronti; questo non è il modo di portarsi in pubblico; portarsi onestamente, correttamente, con signorilità, da gentiluomo, da mascalzone; diede qualche avvertimento alle donne, sul modo di portarsi con la signora (Manzoni). c. Stare, nel senso di essere in determinate condizioni fisiche: si porta bene, per gli anni che à; raro e solo ant. portarsi male. ◆ Per gli usi proprî del part. pres. portante, come agg. e sost. e del part. pass. portato, come agg. e s. m., v. alle singole voci. E veniamo infine a ‘ncanna= in gola espressione usata sia in senso reale come nel caso di funa ‘ncanna= corda alla gola – annuzzà ‘ncanna= soffocare per non riuscire a deglutire un boccone di cibo finito per traverso oppure in senso figurato come nel caso che ci occupa, oppure in senso metaforico restà ‘ncanna= restare in gola détto di cio a cui non si è pervenuti e/o non si sia potuto conseguire; ‘ncanna è: in+canna→(i)ncanna→’ncanna; (canna deriva dal latino/greco kanna e questo dal semitico qaneh) dove ovviamente con canna si intende il canale della gola); l’altra voce usata per indicare propriamente il canale della gola, il gorgozzúle (dall'ant. gorgozzo o gorgozza, che è dal lat. volg. *gurgutiam, per il class. gurges -gitis 'gola’) è cannarone palesemente accrescitivo della pregressa canna; cannarone tuttavia non dovrebbe indicare la trachea (dal lat. tardo trachia(m), dal gr. trachêia (artíría), propr. '(arteria) ruvida', f. sost. dell'agg. trachys 'ruvido', perché al tatto risultano sensibili i passaggi fra un anello cartilagineo e l'altro) che è poi l’organo dell'apparato respiratorio a forma di tubo, costituito da una serie di anelli cartilaginei, compreso fra la laringe e i bronchi, organo cui si fa riferimento con il napoletano canna; cannarone è usato infatti soprattutto nelle espressioni in cui occorra sottolineare una pretesa vastità del tratto del tubo digerente che va dalla faringe allo stomaco, cioè dell’esofago (dal gr. oisophágos, comp. di óisein 'portare, trasportare' e pàghêin 'mangiare') di chi ingurgiti molto cibo e lo faccia voracemente; possiamo percio dire che in napoletano – contrariamente da cio che ritengono i piú avvezzi a far d’ogni erba un fascio, la voce canna corrisponde alla trachea mentre il cannarone è l’esofago. A margine rammentero che nell’uso del parlato soprattutto provinciale e/o dell’entroterra accanto al termine cannarone ne esistono altri due da esso derivati e che ne sono una sorta di dispregiativo e sono: cannaruozzo e cannaruozzolo; il suffisso ozzo/uozzo di matrice tardo latino volgare fu usato per indicare (cfr. Rohlfs G.S.D.L.I.E S.D. sub 1040 )qualcosa di rozzo, grossolano, contadinesco e dunque di pertinenza di voci dispregiative; tuttavia nel caso di cannaruozzolo ci troviamo in presenza di una sorta di divertente ossimoro determinato dall’aggiunta d’un suffisso diminutivo olus→olo ad un termine accrescitivo e dispregiativo come cannaruozzo (che in origine è cannar(one)+uozzo). Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico M.M. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e chi forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est. Raffaele Bracale

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