lunedì 28 aprile 2014

VARIE 3019

1.FÀ CACÀ LL’UVA, LL’ACENO E ‘O STREPPONE. Ad litteram: far defecare il grappolo d’uva, gli acini(vinacciuoli) ed il raspo relativi.Locuzione, spesso usata sotto forma di minaccia: te faccio cacà ll’uva, ll’aceno e ‘o streppone (ti faccio defecare la pigna d’uva, i singoli acini(vinacciuoli) ed il raspo) con la quale si significa l’azione violenta di chi costringa o intenda costringere un ladro o anche solo un profittatore a restituire tutto il mal tolto, e cioè pretenda di farsi restituire, sia pure sotto forma di feci, non solo la pigna d’uva che gli sia stata sottratta, ma addirittura i singoli acini e persino ad abundantiam il vuoto raspo che non viene mangiato, ma che si intende far restituire da digerito.La minaccia estensivamente poi viene usata nei confronti di chiunque (adulti e/o bambini) siano messi in condizione di dover esser severamente puniti per eventuali malefatte trascorse. cacà= cacare, defecare voce verbale infinito derivata dal lat. cacare= andar di corpo; uva = uva, il frutto della vite, costituito da un grappolo composto di acini: dal lat. uva(m) nell’espressione in epigrafe vale grappolo di uva che a Napoli più spesso è detto pigna d’uva per la forma a cono rovesciato vagamente simile al frutto conico delle conifere, costituito da squame legnose che nascondono i semi (pinoli); aceno= acino, chicco dell’uva o di frutta similare dal latino acinu(m); in napoletano con il termine a margine non si intende però solo il vero e proprio acino/chicco d’uva, ma anche il vinacciuolo e cioè ciascuno dei semi che si trovano in un acino d'uva; il fiocine che molti, mangiando un grappolo d’uva, evitano di ingoiare e sputano via, per cui sarebbe poi difficilissimo renderlo digerito, atteso che non viene mangiato ; la medesima cosa avviene anche con lo streppone= raspo, grappolo di uva privo dei chicchi, gambo, fusto di fiori recisi; la voce etimologicamente è dal lat. stirpe(m) attraverso un accrescitivo *sterpone(m) con metatesi e raddoppiamente espressivo della p→pp. 2.DICERE VONGOLE variante dicere scarole Profferire sciocchezze, parlare commettendo strafalcioni logici e/o grammaticali; oggi più semplicemente s'usa dire: dicere fesserie (dire stupidate)ma tutte le espressioni, sia quelle in epigrafe, che quella or ora richiamata ànno tutte la medesima origine atteso che sia il richiamo ittico (vongole voce napoletana trasmigrata nel toscano, etimologicamente è dal latino conchula diminutivo di concha=conchiglia) che quello ortofrutticolo (scarole: altra voce napoletana trasmigrata nel toscano con derivazione dal latino scarìola da escarius= commestibile) si riallacciano all'organo sessuale femminile (oggi più comunemente(pardon!) detto.fessa( part. pass. del verbo latino findere) da cui la napoletana fessaria= sciocchezza, stupidata, donde la toscana fesseria di significato analogo) ma che un tempo fu chiamato alternativamente vongola o scarola ed evito di spiegarne il motivo, facilmente intuibile.In chiusura faccio notare la solita incomprensibile mutazione che opera il toscano trasformando una A etimologica (da fessa → fessaria) per adottare una più chiusa E (fessaria vien trasformata in fesseria) nella sciocca convinzione che la vocale chiusa E sia piú consona dell’aperta A alla elegante (?) lingua di Alighieri Dante. 3.JÍ ZUMPANNO ASTECHE E LAVATORE. Letteralmente: andar saltando per terrazzi e lavatoi. Id est: darsi al buon tempo, trascorrendo la giornata senza far nulla di costruttivo, ma solo bighellonando in ogni direzione: a dritta e a manca, in altoed in basso ; asteche=lastrici solai,terrazzi dal greco astrakon=coccio) lavatore (s.vo f.le pl. metafonetico del s.vo m.le lavaturo) = lavatoi, stanze di abitazioni o, piú spesso, luoghi pubblico adibito al lavaggio manuale dei panni;il singolare è voce maschile ed indica la vasca in cui si lava la biancheria; i lavatoi furono – un tempo (fino a quando esistettero) posti a pianterenno (cioè in posizione opposta ai lastrici solai) nei pressi di una o piú fontane corredate di vasche e dapprima pietre scappellate e successivamente tavole di legno scannellato ad hoc su cui strofinare i panni durante il lavaggio; la voce lavaturo etimologicamente è dal lat. tardo lavatoriu(m), deriv. di lavare 'lavare'. Faccio notare che la voce a margine fu voluta femminile (sebbene fosse il plurale di una voce maschile) in quanto in napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie il lavaturo, vasca in cui si lava la biancheria risulta necessariamente piú contenuto della stanza o luogo che la contengono, per cui il lavaturo è voce maschile, mentre ‘e llavatore è da intendersi femminile. 4.'A VECCHIA Ê TRENTA 'AUSTO, METTETTE 'O TRAPANATURO Ô FFUOCO. Letteralmente: la vecchia ai trenta d'agosto (per riscaldarsi) mise nel fuoco (persino) l'aspo. Il proverbio viene usato a mo' di avvertenza, soprattutto nei confronti dei giovani o di chi si atteggi a giovane, che si lasciano cogliere impreparati alle prime avvisaglie dei freddi autunnali che già si avvertano sul finire del mese di agosto, freddi che - come dice l'esperienza - possono essere perniciosi al punto da indurre i piú esperti (la vecchia) ad usare come combustibile persino un utile oggetto come un aspo, l'arnese usato per ammatassare la lana filata. Per estensione, il proverbio si usa con lo stesso fine di ammonimento, nei confronti di chiunque si lasci cogliere impreparato non temendo un possibile inatteso rivolgimento di fortuna - quale è il freddo in un mese ritenuto caldo. trapanaturo = aspo, bindolo per ammatassare dal greco try/panon, deriv. di trypân=girare, forare 5. PARE CA MO TE VECO VESTUTO 'A URZO. Letteralmente: Sembra che ora ti vedrò vestito da orso. Locuzione da intendersi in senso ironico e perciò antifrastico. Id est: Mai ti potrò vedere vestito della pelle dell'orso, giacché tu non ài né la forza, né la capacità fisica e/o morale di ammazzare un orso e vestirti della sua pelle. La frase viene usata a commento delle azioni iniziate da chi sia ritenuto inetto al punto da non poter mai portare al termine ciò che intraprende. 6.'O CUCCHIERE 'E PIAZZA: TE PIGLIA CU 'O 'CCELLENZA E TE LASSA CU 'O CHI T'È MMUORTO. Letteralmente: il vetturino da nolo: ti accoglie con l'eccellenza e ti congeda bestemmiandoti i morti.Il motto compendia una situazione nella quale chi vuole ottenere qualcosa, in principio si profonde in ossequi e salamelecchi esagerati ed alla fine sfoga il proprio livore represso, come i vetturini di nolo adusi a mille querimonie per attirare i clienti, ma poi - a fine corsa - pronti a riversare sul medesimo cliente immani contumelie, in ispecie allorché il cliente nello smontare dalla carrozza questioni sul prezzo della corsa, o - peggio ancora - non lasci al vetturino una congrua mancia. 7.JÍ CASCIA E TURNÀ BAUGLIO OPPURE JÍ STOCCO E TURNÀ BACCALÀ. Letteralmente: andar cassa e tornare baúle oppure andare stoccafisso e tornare baccalà. Id est: non trarre profitto alcuno o dallo studio intrapreso o dall'apprendimento di un mestiere, come chi inizi l'apprendimento essendo una cassa e lo termini da baúle ossia non muti la sua intima essenza di vacuo contenitore, o - per fare altro esempio - come chi inizi uno studio essendo dello stoccafisso e lo termini diventando baccalà, diverso in forma, ma sostanzialmente restando un immutato merluzzo. Con il proverbio in epigrafe, a Napoli, si è soliti commentare le maldestre applicazioni di chi non trae profitto da ciò che tenta di fare, perchè vi si applica maldestramente o con cattiva volontà. Cascia: etimologicamente dal latino capsa (da capio) attraverso uno spagnolo caja Baúglio: etimologicamente deverbale metatetico del latino bajulare=portare s.m. = baúle, contenitore usato per portare merci o altro;altrove estensivamente gobba che insiste sul petto. Stocco: etimologicamente dallo spagnolo/portoghese estoque =bastone Baccalà: etimologicamente dallo sp. bacalao, e questo dal fiammingo kabeljauw. 8.TU MUSCIO-MUSCIO SIENTE E FRUSTA LLA, NO! Letteralmente: Tu senti il richiamo(l'invito)e l'allontanamento no. Il proverbio si riferisce a quelle persone che dalla vita si attendono solo fatti o gesti favorevoli e fanno le viste di rifiutare quelli sfavorevoli comportandosi come gatti che accorrono al richiamo per ricevere il cibo, ma scacciati, non vogliono allontanarsi; comportamento tipicamente fanciullesco che rifiuta di accettare il fatto che la vita è una continua alternanza di dolce ed amaro e tutto deve essere accettato, il termine frusta lla discende dal greco froutha-froutha col medesimo significato di :allontanati, sparisci. 9.'E DENARE SO' COMM'Ê CHIATTILLE: S'ATTACCANO Ê CUGLIUNE. Letteralmente: i soldi son come le piattole: si attaccano ai testicoli. Nel crudo, ma espressivo adagio partenopeo il termine cugliune è pl. di cuglione(dal t. lat. coljone(m) per il class. coleone(m)) viene usato per intendere propriamente i testicoli, e per traslato, gli sciocchi e sprovveduti cioé quelli che annettono cosí tanta importanza al danaro da legarvisi saldamente. Chiattille s.vo. m.le pl. di chiattillo= Insetto parassita solito annidarsi tra i peli del pube, blatta, piattola (dal lat. blatta +suff. dim. illo: blattillo→chiattillo) Rammento a margine che con icastico linguaggio furbesco e quasi gergale per traslato, a Napoli son chiamati chiattili i parassiti figli di papà delle famiglie della Napoli bene, quelli che vivono e si divertono mantenuti dal danaro dei genitori. 8.HÊ 'A MURÍ RUSECATO DA 'E ZZOCCOLE E 'O PRIMMO MUORZO TE LL'À DA DÀ MAMMÈTA Che possa morire rosicchiato dai grossi topi di fogna ed il primo morso lo devi avere da tua madre. Icastica maledizione partenopea giocata sulla doppia valenza del termine zoccola (dal t. lat. sorcula(m) che, a Napoli, identifica sia il topo di fogna che la donna di malaffare 10.MA TE FOSSE JUTO 'O LLICCESE 'NCAPO? Letteralmente: ma ti fosse andato il leccese in testa? Id est: fossi impazzito? Avessi perso l'uso della ragione? Icastica espressione che, a Napoli, viene usata nei confronti di chi, senza motivo, si comporti irrazionalmente. Il liccese= leccese dell'espressione non è - chiaramente - un abitante di Lecce, ma un tipo di famoso tabacco da fiuto, prodotto, temporibus illis, nei pressi del capoluogo pugliese; l'espressione paventa il fatto che il tabacco fiutato possa- ma non si sa bene come! - aver raggiunto, attraverso le coani nasali il cervello e leso cosí le facoltà raziocinanti del... fiutatore. 11. FÀ 'E SCARPE A QUACCHED'UNO.OPPURE FARLE ‘NU VESTITO Letteralmente: Fare le scarpe a qualcuno.oppure confezionargli un vestito. Id est: conciar male, ridurre a cattivo partito qualcuno fino al punto di approntargli la morte. L'espressione deriva dall'usanza che si teneva a Napoli, per l'ultimo viaggio, - di fare indossare un vestito nuovo e/o di far calzare scarpe nuove ai morti in origine di un certo rango, poi a quelli appartenenti alla media borghesia ed infine a chiunque a qualunque ceto sociale appartenesse; vestito e scarpe nuovi erano conservati all'uopo dai familiari. brak

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