venerdì 17 ottobre 2014

VARIE 8292

1.È FFERNUTA 'A ZEZZENELLA! Letteralmente: è terminata - cioè s'è svuotata - la mammella. Id est: è finito il tempo delle vacche grasse, si appressano tempi grami! La voce zezzenella è un s.vo f.le collaterale di zezzella s.vo f.le diminutivo di zizza= mammella (dal lat. titta(m)→zizza. 2.È MMUORTO 'ALIFANTE! Letteralmente: È morto l'elefante! Id est: Scendi dal tuo cavallo bianco, è venuto meno il motivo del tuo sussiego, della tua importanza, non conti piú nulla. La locuzione, usata nei confronti di chi continua a darsi arie ed importanza pur essendo venute meno le ragioni di un suo inutile atteggiamento di comando e/o albagía , si ricollega ad un fatto accaduto sotto il Re Carlo di Borbone al quale, nel 1742, il Sultano della Turchia regalò un elefante che venne esposto nei giardini reali e gli venne dato come guardiano un vecchio caporale che annetté al compito una grande importanza mantenendo un atteggiamento spocchioso per questo suo semplice compito. Morto l'elefante, il caporale continuò nel suo spocchioso atteggiamento e venne beffato dal popolo che, con il grido in epigrafe, gli voleva rammentare che non era piú tempo di darsi arie... 3.CHI SE FA PUNTONE, 'O CANE 'O PISCIA 'NCUOLLO... Letteralmente: chi si fa spigolo di muro, il cane gli minge addosso. È l'icastica e piú viva trasposizione dell'italiano: "Chi si fa pecora, il lupo se la mangia" e la locuzione è usata per sottolineare i troppo arrendevoli comportamenti di coloro che o per codardia o per ingenuità, non riescono a farsi valere, lasciandosi vilipendere dal prossimo. 4.TRÒVATE CHIUSO E PIÉRDETE CHIST' ACCUNTO... Letteralmente: Tròvati chiuso e perditi questo cliente... Locuzione sarcastica da intendersi:Mai possa accaderti di star chiuso e non potere offrire i tuoi servigi ad un tal cliente!... locuzione che si usa quando si voglia sottolineare e sconsigliare il cattivo mercato che si stia per compiere, avendo a che fare con un contrattante che dal negozio pretenderebbe solo vantaggi a danno dell' altro contraente. Accunto =s.vo m.le e solo m.le =cliente (dal lat. ad-cognitu(m)→accognitu→accu(g)n(i)tu→accunto (conosciuto, noto come è ogni assiduo frequentatore di un esercizio commerciale). 5.È MMEGLIO A ESSERE PARENTE Ô FAZZULETTO CA Â COPPOLA. Conviene esser parente della donna piuttosto che dell' uomo. In effetti, formandosi una nuova famiglia, non si sa per quale motivo, è tenuta maggiormente in considerazione la famiglia d'origine della sposa che quella dello sposo. 6.ÒGNE STRUNZO TENE 'O FUMMO SUJO. Letteralmente: Ogni stronzo sprigiona un fumo. Id est:ogni sciocco à modo di farsi notare 7. CUNSIGLIO 'E VORPE, RAMMAGGIO 'E GALLINE. Lett.:consiglio di volpi, danno di galline. Id est: Quando confabulano furbi o maleintenzionati, ne deriva certamente un danno per i piú sciocchi o piú buoni. Per traslato: se parlottano tra di loro i superiori, gli inferiori ne subiranno le conseguenze. Il termine rammaggio, rotacizzazione osco-mediterranea del più classico dammaggio, indica nell’idioma partenopeo il danno patito ed arrecato sia in senso materiale che morale. Per ciò che attiene la sua etimologia, una superficiale ipotesi fa risalire il termine al francese dommage di identico significato E sarebbe ipotesi accettabile se il vocabolo appartenesse alla schiera di vocaboli mutuati dal francese durante la dominazione murattiana..., ma poiché la parola dammaggio esiste già nel Cortese, nello Sgruttendio e nel Basile - scrittori operanti alcuni secoli prima della dominazione indicata, ecco che l’ipotesi è da scartare e bisogna accettare quella che piú verosimilmente fa risalire il vocabolo ad un termine del latino parlato e cioè a damnajjum a sua volta derivante da damnum con il suffisso ajjo di carattere rustico di contro al classico aeus come avvenuto anche per scarafaggio - scarabeo. Nel termine damnajjum si è poi verificata la consueta assimilazione regressiva della enne con la antecedente emme e si è avuto dammaggio e poi rammaggio.Ed è questa l’ipotesi che storicamente è da ritenersi piú vicina alla realtà, salvo prova contraria. 8.CHIACCHIERE E TABBACCHERE 'E LIGNAMMO, Ô BBANCO NUN NE 'MPIGNAMMO. Letteralmente: chiacchiere e tabacchiere di legno non sono prese in pegno dal banco. Il banco in questione era il Monte dei Pegni sorto a Napoli nel 1539 per combattere la piaga dell'usura. Da esso prese vita il Banco di Napoli, fiore all'occhiello di tutta l'economia meridionale, Banco che è durato sino all'anno 2000 quando, a completamento dell'opera iniziata nel 1860 da Cavour e Garibaldi e da casa Savoia, non è stato fagocitato dal piemontese Istituto bancario San Paolo di Torino. La locuzione proclama la necessaria concretezza dei beni offerti in pegno, beni che non possono essere evanescenti come le parole o oggetti non preziosi. Per traslato l'espressione si usa nei confronti di chi vorrebbe offrirci in luogo di serie e conclamate azioni, improbabili e vacue promesse. 9.FEMMENE E GGRAVUNE: STUTATE TÉGNONO E APPICCIATE CÒCENO. Letteralmente: donne e carboni: spenti tingono e accesi bruciano. Id est: quale che sia il loro stato, donne e carboni sono ugualmente deleterii. 10. VENÍ ARMATO 'E PIETRA POMMECE, CUGLIE CUGLIE E FIERRE 'E CAZETTE. Letteralmente: giungere munito di pietra pomice, aghi sottili e lunghi e ferri(piú doppi)da calze ossia di tutto il necessario ed occorrente per portare a termine qualsivoglia operazione cui si sia stati chiamati. Id est: esser pronti alla bisogna, essere in condizione di attendere al richiesto in quanto armati non solo degli strumenti adatti, ma anche di loro utili succedanei. Cuglie e l’iterativo cuglie cuglie s.vo. m.le pl.= aghi sottili e lunghi; voce marcata sul francese aiguillie→(ai)cu(i)glie→cuglie di identico significato. 11. JÍ STOCCO E TTURNÀ BACCALÀ. Letteralmente: andare stoccafisso e ritornare baccalà. La locuzione viene usata quando si voglia commentare negativamente un'azione compiuta senza che abbia prodotto risultati apprezzabiliIn effetti sia che lo si secchi-stoccafisso-, sia che lo si sali-baccalà- il merluzzo rimane la povera cosa che è. 12.ESSERE LL'URDEMU LAMPIONE 'E FOREROTTA. Letteralmente:essere l'ultimo fanale di Fuorigrotta. Id est: Non contare nulla, non servire a niente. La locuzione prese piede verso la fine dell' '800 quando l'illuminazione stradale napoletana era fornita da fanali a gas in numero di 666; l'ultimo lampione (fanale) contraddistinto appunto col numero 666 era situato nel quartiere di Fuorigrotta, zona limitrofa di Napoli, per cui il fanale veniva acceso per ultimo, quando già splendevano le prime luci dell' alba e la di lui utilità veniva ad essere molto limitata. 13.JÍ TRUVANNO A CRISTO DINTO A LA PINA. Letteralmente: cercare Cristo nella pigna. Id est:impegnarsi in una azione difficoltosa,lunga e faticosa destinata a non aver sempre successo. Anticamente il piccolo ciuffetto a cinque punte che si trova sui pinoli freschi era detto manina di Cristo, andarne alla ricerca comportava un lungo lavorio consistente in primis nell'arrostimento della pigna per poi cavarne gli involucri contenenti i pinoli, procedere alla loro frantumazione e giungere infine all'estrazione dei pinoli contenuti;spesso però i singoli contenitori risultavano vuoti e di conseguenza la fatica sprecata. 14.QUANNO TE MIETTE 'NCOPP' A DDOJE SELLE, PRIMMA O DOPPO VAJE CU 'O CULO 'NTERRA. Quando ti metti su due selle, prima o poi finisci col sedere in terra. Id est: il doppio gioco alla fine è sempre deleterio 15.'E FATTE D' 'A TIANA 'E SSAPE 'A CUCCHIARA. Letteralmente:i fatti della pentola li conosce il mestolo. La locuzione sta a significare che solo gli intimi possono essere a conoscenza dell'esatto svolgimento di una faccenda intercorsa tra due o piú persone e solo agli intimi di costoro ci si deve rivolgere se si vogliono notizie certe e circostanziate. La locuzione è anche usata da chi non voglia riferire ad altri notizie di cui sia a conoscenza. 16.FA’ COMME T’ È FFATTO, CA NUN È PPECCATO. Ad litteram: Rendi ciò che ti è fatto, ché non è peccato Id est: render pan per focaccia non è peccato, per cui si è autorizzati anche a vendicarsi dei torti subíti, usando i medesimi sistemi; locuzione che, stranamente per la morale popolare napoletana, adusa ad attenersi, quasi sempre, ai dettami evangelici si pone agli antipodi dell’evangelico: porgi l’altra guancia, ma in linea con l’antico principio romano: vim, vi repellere licet (è giusto respingere la forza con la forza). ________________________________________ 17.‘E SCIABBULE STANNO APPESE I ‘E FODERE CUMBATTONO. Ad litteram: le sciabole stanno inoperosamente al chiodo ed i foderi combattono Id est: chi dovrebbe combattere o - fuor di metafora - operare fattivamente, nicchia e si defila, lasciando che altri prendano il suo posto; locuzione usata nei confronti di tutti coloro che per inettitudine o negligenza non compiono il proprio dovere, delegandolo pretestuosamente ad altri. ________________________________________ 18.FOSSE ANGIULO ‘A VOCCA TOJA! Ad litteram: sia (di) angelo la tua bocca Locuzione che viene usata con un sostrato scaramantico ottativo, quando - fatti segno di un augurio - ci si augura altresí che quanto profferito si realizzi certamente e a breve tenendo la bocca di colui che ci à fatto l’augurio come bocca di veritiero messaggero ( ciò etimologicamente significa il termine angiolo) per cui - ritenuto proveniente da bocca di autentico messaggero - ciò che ci viene augurato si è certi che si realizzerà concretamente o - almeno - lo si spera . ________________________________________ 19.FRIJERE ‘O PESCE CU LL’ACQUA. Ad litteram: friggere il pesce con l’acqua; locuzione usata per significare situazioni di cosí marcata indigenza da non potersi permettere l’uso dell’olio per friggere il pesce e doversi accontentare dell’acqua per compiere l’operazione con risultati evidentemente miseri, non essendo chiaramente l’acqua l’elemento adatto alla frittura; per traslato la locuzione è usata per significare qualsiasi situazione in cui predomini l’indigenza se non l’inopia più marcata. ________________________________________ 20.FÀ ‘NA BBOTTA, DDOJE FUCETOLE. Ad litteram: centrare con un sol colpo due beccafichi. Id est: conseguire un grosso risultato con il minimo impegno; locuzione un po’ più cruenta, ma decisamente più plausibile della corrispondente italiana: prender due piccioni con una fava: una sola cartuccia, specie se caricata di un congruo numero di pallini di piombo, può realmente e contemporaneamente colpire ed abbattere due beccafichi; non si comprende invece come si possano catturare due piccioni con l’utilizzo di una sola fava, atteso che quando questa abbia fatto da esca per un piccione risulterà poi inutilizzabile per un altro... fucetola s.vo f.le = beccafico dal lat.ficedula(m) in quanto uccello aduso a cibarsi di fichi. ________________________________________ 21.ESSERE ‘NU BBABBÀ A RRUMMA. Ad litteram: essere un babà irrorato di rum Locuzione dalla doppia valenza, positiva o negativa. In senso positivo la frase in epigrafe è usata per fare un sentito complimento all’avvenenza di una bella donna assimilata alla soffice appetitosa preparazione dolciaria partenopea; in senso negativo la locuzione è usata per dileggio nei confronti di ragazzi o adulti ritenuti piuttosto creduloni e bietoloni, eccessivamente cedevoli sul piano caratteriale al pari del dolce menzionato che è morbido ed elastico. ________________________________________ 22.ESSERE ‘E TENTA CARMUSINA. Ad litteram: essere di tinta cremisi (rossiccia) id est: essere inaffidabile come il colore cremisi che anticamente, prodotto con metodi artigianali ed empirici, era di scarsa consistenza e poco sopportava le ingiurie del tempo; con altra valenza la locuzione sta ad indicare sia le persone di malaffare di cui diffidare e da cui tenersi alla larga, sia le persone ad esse equiparate e si ricollega al fatto che al tempo dei romani le prostitute erano aduse a vestirsi di rosso, a truccarsi con il carminio e ad indossare vistose parrucche fulve. ________________________________________ 23.ESSERE ‘NU VOCCAPIERTO ‘E SAN GIUANNE. Ad litteram: essere un bocca aperta di san Giovanni. Espressione riferita a tutti coloro che sono pettegoli e linguacciuti al segno di tener sempre la bocca aperta per riferire fatti ed avvenimenti che, per altro, non li riguardano e non sarebbero perciò tenuti a propalare. Qualcuno erroneamente pensa che la locuzione si riferisca agli abitanti di san Giovanni a Teduccio, zona periferica di Napoli, abitanti ritenuti ( però gratuitamente ), linguacciuti e pettegoli; la località invece è da considerarsi solo perché in contrada Leucapetra adiacente la detta zona esistette un tempo una sontuosa villa fatta edeficare nel 1535 da Bernardino Martirano, segretario del regno ( Cosenza 1490,† Portici (NA) 1548) villa sulle cui pareti esterne erano collocati grandissimi mascheroni apotropaici rappresentanti dei volti con occhi spiritati ed a bocca spalancata. ________________________________________ 24.ESSERE MASTO A UNU FUOGLIO. Ad litteram: esser maestro ad un solo foglio. Locuzione che si usa a mo’ di dileggio nei confronti di coloro che sono ritenuti o si autoritengono maestri, ma siano di limitatissime conoscenze e di competenze molto ristrette, ai quali è inutile chiedere che vadano al di là di ciò che essi stessi propongano o facciano, come si diceva di un tal violinista, bravissimo esecutore, quasi virtuoso, ma di un unico pezzo, violinista che si scherniva davanti alla richiesta di eseguire altri brani musicali. ________________________________________ 25.ESSERE CCHIÚ FFESSO ‘E LL’ACQUA CAURA. Ad litteram: essere più sciocco dell’acqua calda. Cosí si dice di chi sia, per innata insipienza o acclarata stupidità, talmente sciocco e vuoto ed insignificante al punto di non aver alcun gusto e/o sapore al pari di una pentola d’caqua riscaldata cui difettino ogni aggiunta di aromi e/o condimenti e pertanto sia incolore ed insapore. Brak

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