domenica 28 dicembre 2014

GALLINA E DINTORNI.

GALLINA E DINTORNI. Illustro qui di sèguito alcune locuzioni e proverbi partenopei in cui si coinvolge il bipede domestico indicato in epigrafe. 1-'A GALLINA FA LL'UOVO E Ô VALLO LL'ABBRUSCIA 'O MAZZO. Letteralmente:la gallina fa l'uovo e al gallo brucia l'ano. Id est: Uno lavora o sopporta pesi e disagi ed un altro si lamenta della fatica che non à fatto, o fa le viste di avere sulle proprie spalle il peso di disagi altrui. La locuzione è usata quando si voglia redarguire qualcuno che si sia vestito della pelle dell'orso catturato da altri, o quando si voglia esortar qualcuno a non lamentarsi per fatiche che non abbia compiute, e di cui invece faccia le viste di portare il peso. 2- QUANNO 'A GALLINA SCACATEJA È SSIGNO CA À FATTO LL'UOVO. Quando la gallina starnazza è segno che à fatto l'uovo. Al di là del senso letterale, il proverbio vuol significare(rendendo quasi il latino: excusatio non petita, accusatio manifesta) che quando ci si scusi reiteramente di qualcosa, tale fatto è indizio certo che si è colpevoli. 3- 'A GALLINA CA CAMMINA TORNA Â CASA CU 'A VOZZA CHIENA. La gallina che cammina torna a casa con il gozzo pieno. Id est: anche chi è sciocco ed inetto (come lo è, nell’inteso comune, una gallina), se si mette in azione riesce, in una maniera o in un'altra, a sbarcare il lunario o quanto meno – come si dice a Napoli – a sceppà ‘a campata (a vivacchiare) 4- PARLA SURTANTO QUANNO PISCIA 'A GALLINA! Ad litteram: Parla solo quando orina la gallina! Perentorio icastico monito rivolto a chi (e segnatamente arroganti, saccenti o supponenenti) si voglia indurre al silenzio e a non metter mai lingua nelle faccende altrui; monito che è rivolto, prendendo (però erroneamente) a modello la gallina che pur non possedendo uno specifico organo deputato all’uopo, non è vero che non orini mai, ma compie le sue funzioni fisiologiche in un'unica soluzione attraverso un organo onnicomprensivo detto cloaca. 5- AIZAMMO 'A GALLINA E AVASCIAMMO 'A CECORIA... Letteralmente: aumentiamo la gallina e diminuiamo la cicoria... Id est: diamo maggior consistenza alla minestra aumentandone la carne e diminuendone i vegetali. La locuzione viene usata quando si voglia convincere qualcuno a curar maggiormente la sostanza delle faccende in cui si è impegnati e a non esagerare con il conferimento di aggiunte attinenti piú alla forma che alla sostanza. 6 - CHI TENE 'E MMANE 'MPASTA, NUN METTE 'E DDETE 'NCULO Â GALLINA. Ad litteram: chi sta impastando, non mette le dita nel sedere della gallina. Il proverbio non adombra una norma igienico - sanitaria, ma vuol significare che chi sta nel mondo degli affari deve tener sempre nascoste le proprie mosse per non appalesare ai concorrenti quali sono le sue intenzioni prossime; non deve comportarsi cioè come la contadina che - tastando il sedere alle galline per accertarsi della presenza dell'uovo - dà ingenuamente a vedere a tutti ciò che le sta per accadere. Analizziamo le singole parole, cominciando da gallina:tipico animale da cortile, femmina del gallo, piú piccola del maschio, con piumaggio meno vivacemente colorato, coda piú breve, cresta piccola o mancante, speroni e bargigli assenti; viene allevata per le uova e per le carni (ord. Galliformi); nell’immaginario comune è inteso animale stupido e di nessuna intelligenza e ciò forse perché – avendo testa piccola – si pensa che abbia poco cervello; etimologicamente il nome è dal lat. gallina(m), deriv. di gallus 'gallo'; uovo: l'uovo degli animali ovipari, che viene espulso dal corpo materno prima che l'embrione si sviluppi: uovo d'uccello, di pesce, d'insetto ma in partic., l'uovo di gallina o altri bipedi: oche, struzzo etc., usati dall'uomo come alimento; etimologicamente il nome è dal lat.ovu(m); vallo è il gallo: uccello domestico commestibile, con piumaggio brillante, testa alta con grossa cresta carnosa e bargigli, zampe fornite di speroni, coda falciforme dai colori spesso vivaci; abbruscia: brucia – voce verbale (3ª p.sing. ind. pres.) dell’infinito abbruscià = ardere, bruciare, tendere al bruciore; etimologicamente da un tardo latino *ad-brusiare = bruciare, tendere al bruciore, con tipica palatalizzazione di si→sci come per simia → scimmia ed altrove; mazzo: di per sé è il culo, sedere, deretano, il complesso delle natiche ed ano che è tipico degli esseri umani e degli animali quadrupedi di grossa taglia; gli uccelli come il gallo non son forniti di natiche, ma del solo ano; ciononpertanto si è preferito mantenere la voce mazzo riferito al gallo, piú rapido e forse meno volgare di ‘o buco d’’o culo con cui in napoletano si indica l’ano;talora nel parlato per evitare il volgare ‘o buco d’’o culo, per indicare l’ano s’usa il termine fetillo semanticamente da ricondurre al fatto che l’ano è il foro donde sortiscono le maleolenti feci e/o i gas intestinali;etimologicamente la voce mazzo è dall’acc. lat. matia(m)=intestino, mentre la voce fetillo è un deverbale del lat. foetere= puzzare, e la voce femminile matiam è stata poi maschilizzata ed in luogo di dare mazza à dato mazzo; scacateja: starnazza – voce verbale (3ª p. sing. ind. pres.) dell’infinito scacatïà o anche scacateïà: starnazzare, schiamazzare (propr. dei polli) il verbo è stato evidentemente modellato sull’altro verbo scacà= smettere, cessare ( nella fattispecie: di fare temporaneamente le uova) con derivazione dal latino excacare; vozza gozza = la voce risulta essere un adattamento regionale di gargozza/o, canna della gola (dal lat.gargutium), con soppressione semplificativa della prima sillaba (gar ) e successivo passaggio metaplasmatico della g a v come in gallo → vallo – gunnella→vunnella – golpe→volpe. sceppà letteralmente strappare, togliere, svellere – è un infinito che si ritrova anche come scippà, ed ambedue le forme con etimo dal lat. ex-cippare; il verbo a margine in unione con il sostantivo campata(= necessario e sufficiente al sostentamento personale di un giorno, è un denominale di campus= campo, quello che un tempo fu il principale mezzo di procacciarsi il necessario per vivere) vale: vivacchiare quasi che fosse strappare alla vita il sostentamento quotidiano; quanno: avverbio = in quale tempo, in quale momento; dal latino quando con tipica assimilazione progressiva nd>nn; piscia = voce verbale (3ª pers. sing. ind. pres.) dell’infinito piscià = orinare, espellere per via urinaria; etimologicamente derivato dal greco pytízein = gettar fuori che diede un basso latino *pitissare, pi(ti)ssare→pissare→pisciare; aizammo = voce verbale (2ª pers. plur. ind. pres., (ma pure 2ª pers. plur. imperativo ) dell’infinito aizà = alzare, ma pure aumentare; etimologicamente da un lat. volg. * altiare, deriv. del lat. class. altus 'alto'; il napoletano antico dal verbo *altiare trasse dapprima auzà donde poi aizà; avasciammo = voce verbale (2ª pers. plur. ind. pres., (ma pure 2ª pers. plur. imperativo ) dell’infinito avascià = abbassare, calare portare, mettere qualcosa piú in basso; etimologicamente derivato dal denominale latino ad+bassus donde dapprima un abbassà→abbascià e poi per semplificazione della labiale esplosiva →abascià che divenne, con consueta alternanza partenopea b/v avascià; cecoria = cicoria; una delle piú comuni e famose piante erbacee coltivate un po’ dovunque, ma soprattutto negli orti napoletani per le foglie commestibili, la radice di detta pianta tostata fu anche usata – soprattutto in periodo bellico - come surrogato del caffè; la cicoria (dal lat. cicòría, neutro pl. di cicòríum, dal gr. kichórion ), in unione con altri teneri e gustosi vegetali quali scarola(voce napoletana pervenuta poi all’italiano, con derivazione dal lat. volg. *escariola(m), deriv. del lat. escarius 'che serve per mangiare', da ísca 'cibo, esca') e borraggine o borragine ( che a Napoli è vurraccia derivata dal lat. mediev. borragine(m), (prob. di origine araba), con tipica alternanza partenopea b/v) è usata a Napoli nella preparazione di minestre quasi esclusivamente vegetali ; quando poi si addizionano ai vegetali (cicoria, scarola, borraggine o borragine e verza) varî tipi di carni, bovine, avicole e suine si ottiene la famosa minestra maritata detta pure pignato grasso ed in terra iberica olla potrida. Raffaele Bracale

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