domenica 19 aprile 2015

VARIE 15/335

1È GGHIUTA 'A MOSCA DINT' Ô VISCUVATO... Letteralmente: È finita la mosca nella Cattedrale. È l'icastico commento profferito da chi si lamenta d' un risibile asciolvere somministratogli, che non gli à tolto la fame; in effetti un boccone nello stomaco, vi si sperde, quasi come una mosca entrata in una Cattedrale... Per traslato la locuzione è usata ogni volta che ciò che si riceve è parva res, rispetto alle attese... 2CU 'NU SÍ TE 'MPICCE E CU 'NU NO TE SPICCE. Letteralmente: dicendo di sí ti impicci, dicendo no ti sbrighi. La locuzione contiene il consiglio, desunto dalla esperienza, di non acconsentire sempre alle richieste ricevute, perché chi acconsente, spesso poi si trova nei pasticci... molto meglio, dunque, è il rifiutare, cosa che può evitare fastidi prossimi o remoti. ‘mpicce voce verbale 2ª p.sg. ind. pr. dell’infinito ‘mpiccià= impicciare, impedire, ostacolare (dal fr. empechier che è dal lat. impedicàre= inceppare denom. di pèdica = lacciuolo per i piedi). spicce voce verbale 2ª p.sg. ind. pr. dell’infinito spiccià=sbrigare, liberarsi, disfarsi.(da un tardo lat. volg. dis-pedicare→(di)sped(i)cíare→spedcíare→specciare→spicciare (con un infisso frequentativo di una í, assimilazione regressiva dc→cc. 3 TENÉ 'A SALUTE D' 'A CARRAFA D’'A ZECCA. Letteralmente:avere la consistenza della caraffa della Zecca. Ossia essere gracilissimo e cagionevole di salute quasi come l'ampolla della capacità di 0,727 litri usata per le tarature, esistente presso la Zecca di Napoli che era di sottilissimo vetro e perciò fragilissima. 4.TENGO 'E LAPPESE A QUADRIGLIÈ, CA M'ABBALLANO PE CCAPA. Letteralmente: Ò le matite a quadretti che mi ballano in testa. Presa alla lettera la locuzione non significherebbe niente. In realtà "lappese a quadrigliè" è la corruzione dell'espressione latina lapis quadratus poi nel parlato quadrellatus, seu opus reticulatum antica tecnica di costruzione muraria romana consistente nel sovrapporre piccole piramidi di tufo o altra pietra, (unendole con la malta) facendo combaciare le facce laterali e tenendo la base rivolta verso l'esterno, ed il vertice verso l'interno, per modo che chi guardasse il muro, cosí costruito, avesse l'impressione di vedere una serie di quadratini orizzontati diagonalmente. Questa costruzione richiedeva notevole precisione ed attenzione con conseguente applicazione mentale tale da procurare nervosismo, irritabilità et similia. 5. PARÉ 'A SPORTA D''O TARALLARO. Sembrare la cesta del venditore dei taralli. La locuzione è usata innanzi tutto per indicare chi, per motivi di lavoro o di naturale instabilità, si sposta continuamente, come appunto il venditore di taralli che con la sua cesta, per smaltire tutta la merce fa continui lunghi giri. C'è poi un'altra valenza della locuzione. Poiché gli avventori di taralli son soliti servirsi con le proprie mani affondandole nella cesta colma di tartalli per scegliere, alla stessa maniera c'è chi consente agli altri di approfittare e servirsi delle sue cose, ma lo fa piú per indolenza che per magnanimità. 6.LASSEME STÀ CA STONGO'NQUARTATO! Lasciami perdere perché sono irritato, scontroso, adirato. Per cui non rispondo delle mie reazioni... La locuzione prende il via dal linguaggio degli schermidori: stare inquartato, ossia in quarta posizione che è posizione di difesa, ma anche di prevedibile prossimo attacco il che presuppone uno stato di tensione massima da cui possono scaturire le piú varie reazioni. 7.SE FRUSCIA PINTAURO, D''E SFUGLIATELLE JUTE 'ACITO. Si vanta (a torto) PINTAURO delle (sue) sfogliatelle inacidite. Occorre sapere che Pintauro era un antico pasticciere napoletano che, normalmente, produceva delle ottime sfogliatelle dolce tipico inventato peraltro dalle suore del convento partenopeo detto Croce di Lucca ad imitazione del dolce détto santarosa elaborato dalle suore dell’omonimo monastero in Furore.Il Pintauro titolare di un’osteria aveva una sua vecchia zia monaca nel convento della Croce di Lucca e tale vecchia zia monaca gli forní, pare in articulo mortis, la ricetta della sfogliatella che l’oste rielaborò riconvertendo la sua osteria in pasticceria.La locuzione è usata nei confronti di chi continua a pavoneggiarsi vantandosi di propri supposti meriti, anche quando invece i risultati delle sue azioni sono piuttosto deprecabili,biasimevoli, deplorevoli, condannabili, riprovevoli! 8.CARCERE, MALATIA E NECISSITÀ, SE SCANAGLIA 'O CORE 'E LL'AMICE. Carcere, malattia e necessità fanno conoscere la vera indole, il vero animo, degli amici. 9.MURÍ CU 'E GUARNEMIENTE 'NCUOLLO. Letteralmente: morire con i finimenti addosso. La locuzione di per sé fa riferimento a quei cavalli che temporibus illis, quando c'erano i carretti e non i camioncini tiravano le cuoia per istrada, ammazzati dalla fatica, con ancora i finimenti addosso.Per traslato l'espressione viene riferita, o meglio veniva riferita a quegli inguaribili lavoratori che oberati di lavoro, stramazzavano, ma non recedevano dal compiere il proprio dovere.... Altri tempi! Oggi vallo a trovare, non dico uno stakanovista, ma un lavoratore che faccia per intero il suo dovere... 10.NISCIUNO TE DICE: LÀVATE 'A FACCIA CA PARE CCHIÚ BBELLO 'E ME. Nessuno ti dice: Làvati il volto cosí sarai piú bello di me. Ossia:non aspettarti consigli atti a migliorarti, in ispecie da quelli con cui devi confrontarti. Brak

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