martedì 7 luglio 2015

VULISSE METTERE ‘O CÀNTERO CU ‘ARCIULO?

VULISSE METTERE ‘O CÀNTERO CU ‘ARCIULO? Letteralmente: Vorresti porre (a confronto) il pitale con l’orcio? Id est: Avresti forse intenzione, con il tuo errato comportamento,e/o argomentare di entrare in una tale confusione da non essere in grado piú di cogliere le differenze intercorrenti tra un volgare contenitore di deiezioni (il càntaro) ed un signorile, magari pregiato grande vaso panciuto di terracotta usato per conservare olio o derrate alimentari (l’orcio)? L’espressione in epigrafe ripete, ma in maniera quanto piú colorita ed icastica, il concetto dell’italiano confondere la lana con la seta espressione quest’ultima che, oltre ad essere meno colorita della napoletana, à in sé un che di anòdino, ambiguo, dubbio, enigmatico, oscuro atteso che non è semplicissimo intendere quale tra la lana e la seta sia il filato da tenere in maggior considerazione; al contrario nell’espressione napoletana che non ingenera dubbi, facilmente si coglie quale tra i due sia il contenitore piú nobile; l’espressione napoletana è usata come sarcastico, salace commento al vacuo, vuoto, inconsistente, futile, fatuo ragiomento di uno sciocco sprovveduto che pone a paragone due soggetti o concetti diametralmente opposti e tra i quali non vi dovrebbe essere confusione e/o competizione; l’espressione è usata altresí come salace commento all’ inconsistente, futile, fatuo atteggiamento che tenga uno spocchioso supponente che, privo di ogni acclarata dote fisica (forza,energia, vigore etc. ) e/o morale (cultura,preparazione, istruzione, coraggio etc.) pretenderebbe di entrare in competizione con chi invece di quelle doti sia indubbiamente e patentemente fornito; va da sé che in tale ipotetico confronto il supponente rappresenterebbe il càntaro e l’antagonista l’arciulo. vulisse letteralmente volessi, ma qui vorresti voce verbale (2 ªprs. sg. dell’imperfetto congiuntivo) dell’infinito vulere/é= volere che è dal lat. volg. *volíre→*vulire→vulére, per il class. velle, ricostruito sul tema del pres. volo e del perfetto volui; la voce a margine come détto è la 2ªprs. sg. dell’imperfetto congiuntivo e correttamente andrebbe reso con il congiuntivo volessi , ma spesso il napoletano usa il congiuntivo come condizionale (modo che pure esiste in grammatica napoletana, ma che è raramente usato preferendoglisi il congiuntivo imperfetto ed è presente quasi soltanto negli scritti di poeti canzonieri o giornalisti letterati fattisi condizionare per un motivo od un altro dalla lingua ufficiale: cfr. ad es.: Vincenzo Russo I’ te vurria vasà e Armando Pugliese Vurria;bizzarrie di chi si lascia influenzare se non addirittura mettere le pastoie dall’italiano o di chi vi si abbandona temendo di incorrere in qualche strafalcione grammaticale; un popolano nel suo istintivo eloquio veracemente napoletano non potrebbe mai dire: I’ te vurria vasà” direbbe sempre “I’ te vulesse vasà”, né direbbe “Vurria”, ma sempre “vulesse” con buona pace di V. Russo, A.Pugliese e qualche altro!; per tale motivo l’attesto congiuntivo volessi è stato reso qui con il condizionale vorresti; mettere = disporre, collocare, porre (anche fig.) indossare, vestire etc. dal lat. mittere 'mandare' e poi 'porre, mettere'; càntaro s.m. alto vaso cilindrico di terracotta rivestito all’interno ed all’esterno di uno smalto o patina idrorepellente che, dopo l’uso favorisse la pulizia di tale vaso di comodo,contenitore provvisto, per lo spostamento, di due anse laterali e di un’ampia bocca con cordolo doppio su cui potersi comodamente sedere; tale vaso fu usato un tempo per raccogliere le deiezioni solide; per quelle liquide ci si serviva di un piú piccolo e maneggevole contenitore di ceramica patinata o, piú spesso, di ferro smaltato che ebbe come nome alternativamente o ruagno o piú comunemente rinale(voce però piú moderna, evidentemente ricavata per deglutinazione da (o)rinale ;) ruagno fu invece voce piú antica usata ancóra negli anni ’50 sia pure soltanto sulla bocca delle persone piú vecchie: nonni, nonne e/o zii molto anziani,voce usata anche come bruciante offesa(cfr. l’espressione: Sî ‘na scarda ‘e ruagno!(Sei un coccio di orinale!); quanto all’etimo di ruagno dirò che essendo solitamente questo piccolo vaso di comodo ubicato nei pressi del letto per essere prontamente reperito in caso di impellente necessità, scartata l’ipotesi fantasiosa che ne fa derivare il nome da un troppo generico greco organon (strumento), penso si possa aderire all’ipotesi che fa derivare la voce ruagno dal greco ruas che indica lo scorrere, atteso che il ruagno era destinato ad accogliere improvvisi scorrimenti derivanti o da cattiva ritenzione idrica, oppure da attacchi diarroici viscerali; tornando alla voce càntaro, etimologicamente esso è un derivato del lat. cantharu(m) che è dal greco kantharos;rammento che il termine càntaro non va assolutamente confuso con la voce cantàro che è voce indicante una misura: quintale ed è derivata dall’arabo qintar (cfr. l’espressione Meglio ‘nu cantàro ‘ncapo ca n’onza ‘nculo! Meglio un quintale in testa che un'oncia nel sedere! Id est: meglio patire un danno fisico, che sopportare il vilipendio di uno morale. In pratica gli effetti del danno fisico, prima o poi svaniscono o si leniscono, quelli di un danno morale perdurano sine die. A margine di tale espressione rammento che talvolta sulla bocca di napoletani meno consci della propria lingua l’espressione Meglio ‘nu cantàro ‘ncapo ca n’onza ‘nculo! è resa con una scorretta È mmeglio ‘nu càntaro ‘ncapo ca n’onza ‘nculo cioè Meglio portare un càntaro in testa che un’oncia in culo espressione che comunque non à una ragione logica in quanto è incongruo mettere in relazione un pitale (càntaro) con un peso (oncia) piuttosto che rapportare due misure: quintale (cantàro) ed oncia (onza)). arciulo s.m. orcio; come ò già détto: grande vaso panciuto di terracotta, che soprattutto un tempo era usato per conservare liquidi, in partic. l'olio e /o altre derrate alimentari come olive in salamoia, oppure ortaggi bolliti in aceto e conservati sott’olio(melanzane, peperoni, sedano ed altro) oggi si impiega per lo piú come vaso da piante; l’etimo di arciulo è dal lat. *urceolu(m) diminutivo di urce(um). raffaele bracale

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