domenica 20 settembre 2015

VARIE 15/660

1.SI 'A FATICA FOSSE BBONA, 'A FACESSENO 'E PRIEVETE. Se il lavoro fosse una cosa buona lo farebbero i preti(che per solito non fanno niente). Nella considerazione popolare il ministero sacerdotale infatti è ritenuto cosa che non implica alcun lavoro. 2.AVIMMO CASSATO N' ATU RIGO 'A SOTT' Ô SUNETTO. Letteralmente: Abbiamo cancellato un altro verso dal sonetto, che - nella sua forma classica - conta appena 14 versi. Cioè: abbiamo ulteriormernte diminuito le nostre già esigue pretese. La frase è usata con senso di disappunto tutte le volte che mutano in peggio situazioni di per sé non abbondanti... 3.È GGHIUTO 'O CASO 'A SOTTO E 'E MACCARUNE 'A COPPA. È finito il cacio sotto e i maccheroni al di sopra. Cioè: si è rivoltato il mondo, atteso che normalmente il formaggio deve guarnire dal di sopra un piatto di maccheroni, non far loro da strame. 4.HÊ FATTO MARENNA A SARACHIELLE. Cioè: Ài fatto merenda con piccole salacche affumicate – riferito a quelle situazioni incresciose in cui qualcuno in luogo di avere un congruo, atteso ritorno del proprio solerte operare si è dovuto accontentare di ben poca cosa; in effetti una merenda (quale pranzo da asporto) che fosse costituita da un po’ di pane con qualche filetto di salacca affumicata anche se accompagnati da anelli di cipolla ed irrorati d’olio d’oliva e.v.p. s. a f. sarebbe veramente una povera cosa; sarachielle s.vo m.le pl. di sarachiello che è il diminutivo maschilizzato (per significare la contenutezza dell’oggetto di riferimento: in napoletano infatti un oggetto che sia femminile diventa maschile se diminuisce di dimensione (cfr. ad es.: cucchiaro (piú piccolo) e cucchiara (piú grande) carretto (piú piccolo) e carretta (piú grande) tina (piú grande) e tino( piú piccolo) carretta (piú grande) e carretto ( piú piccolo);fanno eccezione caccavo (piú grande) e caccavella ( piú piccola) e tiano (piú grande) e tiana( piú piccolo)), dicevo che sarachiello è il diminutivo (vedi i suff. i+ ello maschilizzato di sàraca= salacca, aringa affumicata; la voce sàraca etimologicamente è da collegarsi ad un tardo greco sàrax (all’acc.vo sàraka) che trova riscontri anche nel calabrese sàrica e nel salentino zàrica. 5.FÀ LL'ARTE 'E MICHELASSO: MAGNÀ, VEVERE E GGHÍ A SPASSO. Fare il mestiere di Michelaccio:mangiare, bere e andar bighellonando - cioè la quintessenza del dolce far niente... 6.SO' GGHIUTE 'E PRIEVETE 'NCOPP'Ô CAMPO Sono scesi a giocare a calcio i preti - Cioè: è successa una confusione indescrivibile:i preti erano costretti, temporibus illis, a giocare indossando la lunga talare che contribuiva a render difficili le operazioni del giuoco... 7.NUN VULÉ NÈ TTIRÀ, NÈ SCURTECÀ... Non voler né tendere, né scorticare - Cioè: non voler assumere alcuna responsabilità, come certi operai conciatori di pelle quando non volevano né mantener tese le pelli, né procedere alla loro scuoiatura. 8.PURTà 'E FIERRE A SANT' ALOJA. Recare i ferri a Sant'Eligio. Alla chiesa di sant'Eligio al Mercato i vetturini da nolo solevano portare, per ringraziamento, i ferri dismessi dei cavalli ormai fuori servizio.Per traslato l'espressione si usa con riferimento furbesco agli uomini che per raggiunti limiti di età, non possono piú permettersi divagazioni sessuali...Di costoro su dice che ànnu pusato ‘e fierre 9.'O PATATERNO 'NZERRA 'NA PORTA E ARAPE 'NU PURTONE. Il Signore Iddio se chiude una porta, apre un portoncino - Cioè: ti dà sempre una via di scampo 10.NUN TENÉ PILE 'NFACCIA E GGHÍ A SFOTTERE Ô BARBIERE Non aver peli in volto e infastidire il barbiere – Détto di chi arrogante e presuntuoso mancando degli elementi essenziali per far alcunchè si erge ad ipercritico e spaccone. 11.ACCUNCIARSE QUATT' OVE DINTO A 'NU PIATTO. Sistemarsi quattro uova in un piatto - cioè:assicurarsi una comoda rendita di posizione, magari a danno di altra persona (per solito la porzione canonica di uova è in numero di due...). 12.FARSE 'NU PURPETIELLO. Bagnarsi fino alle ossa come un piccolo polpo tirato su grondante d'acqua. 13.JÍ A PPÈRE 'E CHIUMMO. Andare con i piedi di piombo - Cioè: con attenzione e cautela quasi calzando scarpe da palombaro. 14.TENÉ'A SCIORTA 'E MARIA VRENNA. Avere la(cattiva) sorte di Maria di Brienne - Cioè:perder tutti propri beni ed autorità come accadde a Maria di Brienne sfortunata consorte di Ladislao di Durazzo, ridotta alla miseria alla sua morte di costui (1414) dalla di lui sorella Giovanna II succedutagli sul trono. 15.JÍ Ô BATTESIMO, SENZA CRIATURA. Recarsi a battezzare un bimbo senza portarlo... - Cioè comportarsi in maniera decisamente errata, mettendosi nella situazione massimamente avversa all'opera che si vorrebbe intraprendere. 16.ABBIARSE A CCURALLE. Letteralmente: avviarsi verso i coralli. Id est: Anticiparsi, muovere rapidamente e prima degli altri verso qualcosa. Segnatamente lo si dice delle donne violate ed incinte che devono affrettare le nozze. La locuzione nasce nell'ambito dei pescatori torresi (Torre del Greco -NA ), che al momento di mettersi in mare lasciavano che per primi partissero coloro che andavano alla pesca del corallo. 17. AGGIU VISTO 'A MORTE CU LL' UOCCHIE. Letteralmente: Ò veduto la morte con gli occhi. Con questa locuzione tautologica si esprime chi voglia evidenziare di aver corso un serio pericolo o rischio mortale tale da portarlo ad un passo dalla morte e di esserne fortunatamente restato indenne. 18. VULÉ PISCIÀ E GGHÍ 'NCARROZZA. Letteralmente: voler mingere e al tempo stesso andare in carrozza Id est: pretendere di voler conseguire contemporaneamente due risultati utili, ma incompatibili fra di essi. 19. VE DICO 'NA BUSCÍA. Vi dico una bugia. E' il modo sbrigativo e piuttosto ipocrita di liberarsi dall'incombenza di dare una risposta, quando non si voglia prender posizione in ordine al richiesto e allora si avverte l'interlocutore di non continuare a chiedere perché la risposta potrebbe essere una fandonia, una bugia... 20. FÀ 'O FRANCESE. Letteralmente: fare il francese, id est: mostrare, dare a vedere o - meglio - fingere di non comprendere, di non capire quanto vien detto, allo scoperto scopo di non dare risposte, specie trattandosi di impegnative richieste o ordini perentorii. È l'equivalente dell'italiano: fare l'indiano, espressione che, storicamente, a Napoli non si comprende, non avendo i napoletani avuto nulla a che spartire con gli indiani, sia d'India che d' America, mentre ànno subíto una dominazione francese ed ànno avuto a che fare con gente d'oltralpe. 21.'O PESCE FÈTE DÂ CAPA. Letteralmente: Il pesce puzza dalla testa. Id est: il cattivo esempio viene dall'alto, gli errori maggiori vengon commessi dai capi. Per cui: ove necessario, se si vogliono raddrizzare le cose, bisogna cominciare a prender provvedimenti innanzi tutto contro i comandanti. 22. 'O PURPO S' À DDA COCERE CU LL'ACQUA SOJA. Letteralmente: il polpo va fatto cuocere con la sola acqua di cui è pieno. La locuzione si usa quando si voglia commentare l'inutilità degli ammonimenti, dei consigli et similia, che non vengono accolti perché il loro destinatario, è di dura cervice e non intende collaborare a recepire moniti e o consigli che allora verranno da lui accolti quando il soggetto si sarà autoconvinto della opportunità di accoglierli. 23. ACQUA ANNANZE E VVIENTO 'A RETO... Letteralmente: Acqua davanti e vento da dietro. È il malevolo augurio con cui viene congedato una persona importuna e fastidiosa cui viene indirizzato l'augurio di essere attinto di faccia da un violento temporale e di spalle da un impetuoso vento che lo spingano il piú lontano possibile. 24.ABBUFFÀ 'A GUALLERA. Letteralmente: gonfiare l'ernia. Id est: annoiare, infastidire, tediare qualcuno al punto di procurargli una metaforica enfiagione di un'ipotetica ernia. Si consideri però che in napoletano con il termine "guallera"(dall’arabo wadara) si indica oltre che l'ernia anche il sacco scrotale, ed è ad esso che con ogni probabilità fa riferimento questa locuzione. 25.TENÉ 'E GGHIORDE. Letteralmente: essere affetto da giarda, malattia che colpisce giunture ed estremità di taluni animali; le parti colpite si gonfiano impedendo una corretta andatura. La locuzione è usata nei confronti di chi appare pigro, indolente e scansafatiche quasi avesse difficoltà motorie causate da enfiagione delle gambe che appaiono come contratte ed attanagliate da nodi. In turco, con il termine jord si indica il tipico doppio nodo dei tappeti - da jord a gghiorde il passo è breve. 26.FARSE CHIOVERE 'NCUOLLO. Letteralmente: farsi piovere addosso, ossia lasciarsi cogliere impreparato a qualsivoglia bisogna, non prendere le opportune precauzioni e sopportarne le amare conseguenze. 27.FÀ 'O CALAVRESE. Fare il calabrese,comportarsi come un calabrese ossia non mantenere la parola data, esser mendace e spergiuro..., atteggiamento tipico del calabrese che (non per cattiva abitudine, ma per paura) in un rapporto contrattuale [temendo di essere ingannato o vessato dalla controparte] – viene meno a quanto pattuito, per non incorrere in un cattivo mercato. 28.FARSE 'A PASSIATA D''O RRAÚ. Letteralmente: fare la passeggiata del ragú. Id est: andare a zonzo senza fretta. Un tempo, quando ancora la TV non rompeva l'anima cercando di imporci diete e diete, i napoletani, erano soliti consumare nel dí di festa un canonico piatto di maccheroni al ragú. Il ragú è una salsa che à bisogno di una lunghissima cottura, tanto che la sua preparazione cominciava il sabato sera e giungeva a compimento la domenica mattina e durante il tempo necessario alla bisogna, gli uomini ed i bambini di casa si dedicavano a lente e salutari passeggiate, mentre le donne di casa accudivano la salsa in cottura e preparavano la tavolata domenicale. 29.STÀ SEMPE 'NTRIDICE. Letteralmente: stare sempe in tredici.Id est: esser sempre presente, mostrarsi continuatamente, partecipare ad ogni manifestazione, insomma far sempre mostra di sé alla stregua di un candelabro perennemente in mostra in mezzo ad un tavolo; ora poiché nella smorfia napoletana il candelabro, come le candele, fa 13 ecco che viene fuori l'espressione con la quale a Napoli si è soliti apostrofare gli impenitenti presenzialisti... 30.ASPETTÀ CU LL'OVE 'MPIETTO. Letteralmente: attendere con le uova in petto. Id est: attendere spasmodicamente, con impazienza, preoccupazione... L'espressione viene usata quando si voglia sottolineare la spasmodicità dell'attesa di un qualsivoglia avvenimento. E prende le mosse dall'uso invalso in certe campagne del napoletano, allorché le contadine, accortesi che la chioccia, per sopraggiunti problemi fisici, non portava a termine la cova, si sostituivano ad essa e si per completare con il loro calore l'operazione cominciata dalla chioccia; ugualmente quelle contadine erano solite porsi tra i seni le uova dei filugelli per affrettarne la schiusa e con essa la nascita di nuovi bachi che incrementassero la produzione di seta. 31.QUANNO 'A FEMMENA VO’ FILÀ, L'ABBASTA 'NU SPRUOCCOLO. Letteralmente: quando una donna vuol filare le basta uno stecco - non à bisogno cioè di aspo o di fuso.Id est: la donna che vuole raggiungere uno scopo, una donna che voglia qualcosa, è pronta ad usare tutti i mezzi pur di centrare l'obbiettivo, non si ferma cioè davanti a nulla... Spruoccolo s.m. = stecco, bastoncino, piccolo pezzo di legno di taglio irregolare dal b.lat. (e)xperoccolo←pedunculu(m) con sincope d’avvio, assimilazione regressiva nc→cc, dittongazione della ŏ→uo, nonché rotacizzazione osco mediterranea d→r. 32.'NU MACCARONE, VALE CIENTO VERMICIELLE. Letteralmente: Un maccherone, vale cento vermicelli. Ma la locuzione non si riferisce realmente alla pietanza in sè. Sotto la figura del maccherone nella locuzione infatti 0 si adombra la prestanza fisica ed economica che la vincono sempre sulle corrispondenti gracilità. Brak

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