giovedì 26 gennaio 2017

VARIE 17/100

1.CHI SE METTE PAURA, NUN SE COCCA CU 'E FFEMMENE BBELLE. Letteralmente: chi à paura, non va a letto con le donne belle. E' l'icastica trasposizione dell'algido toscano: chi non risica, non rosica. Nel napoletano è messo in relazione il comportamento coraggioso, con la possibilità di attingere la bellezza muliebre, che è un gran bello rosicchiare. 2.CHI STENNERE SE VO’ CCHI Ú ‘E CHELLO CH’È LLUONGO ‘O LENZÚLO, MOSTA APPRIMMA ‘E PIERE E DOPPO PURE ‘O CULO. Chi vuole distendersi piú di quanto sia lungo il lenzuolo, finisce per scoprir dapprima i piedi e poi anche il sedere. Id est: Chi improvvidamente vuol fare il passo piú lungo della gamba è destinato a fine ingloriosa; chi eccede le proprie possibilità operative, vuoi per ridotte capacità mentali e/o fisiche, vuoi per insufficienza di mezzi è destinato all’insuccesso anche vergognoso. lenzúlo s.vo m.le s. m. [pl.m.le ‘e lenzule con riferimento a piú teli, che si stendono sul letto e fra i quali si giace; anche pl.f.le ‘e llenzòla, con riferimento al paio che si stende sul letto] = lenzuolo; la voce in esame è etimologicamente dal lat. linteolu(m) 'pannolino', dim. di linteum, neutro sost. dell'agg. linteus 'di lino'; linteolu(m)→ lint(e)olu(m)→lentulu(m)→lenzulo mosta voce verbale (3ª pers. sg. ind. pres.) dell’infinito mustà = 1 far vedere, sottoporre alla vista o all'attenzione di altri,esibire; etimologicamente dal lat. monstrare, deriv. di monstrum; propr. 'indicare il volere divino'; monstrare→ mo(n)strare→ mo(n)st(r)are→ mustare/mustà. 3.CHI TÈNE ‘A LENGUA VA ‘NSARDEGNA. Ad litteram: a)chi à lingua (cioè sa parlare) arriva in Sardegna, ma anche b)chi parla troppo finisce in Sardegna. Locuzione, come si vede,che può avere una doppia valenza o interpretazione: quella sub a) fa riferimento al comportamento di chi abbia padronanza di eloquio e non disdegni di richiedere informazioni che possano aiutarlo a raggiungere la Sardegna , regione ritenuta, temporibus illis, molto lontana e difficile da raggiungere; la valenza sub b) si riferisce invece a chi sia troppo linguacciuto al segno di mancare di rispetto, a mo’ di esempio, ad un suo superiore, che può punirlo trasferendolo in Sardegna , terra ritenuta inospitale oltreché lontana. léngua/lénga s.vo f.le in doppia morfologia = lingua ; rammento che la voce a margine (dal lat. lingua(m)→lengua(m) e poi per semplificazione espressiva del dittongo ua→a lenga) à prodottodalla forma lenga il s.vo f.le lengorïata ampia sgridata,estesa rampogna, durevole strigliata, verbosa paternale con finalità educative ; si tratta d’un’ antica e desueta voce derivata come ò détto dal s.vo lenga/lengua con riferimento semantico alla lunga articolazione della lingua di chi procedesse a tale ampia sgridata,estesa rampogna, durevole strigliata, verbosa paternale. 4.CHI TÈNE BBELLI DENARE SEMPE CONTA, CHI TÈNE 'NA BBELLA MUGLIERA SEMPE CANTA. Letteralmente: chi à bei soldi conta sempre, chi à una bella moglie canta sempre. Id est: il denaro, per quanto molto che ne sia non ti dà la felicità, che si può ottenere invece avendo una bella moglie. 5.CHI TÈNE CCHIÚ PPORVERA SPARA E LL’ATE SÈNTENO ‘E BBOTTE. Ad litteram: Colui che à piú polvere spara e gli altri sentono i botti (prodotti dagli spari). Ancóra un’antica eloquente, icastica locuzione usata per significare (prendendo a modello l’operato dei fuochisti [cioè degli artieri che si esibivano un tempo ed ancóra talora si esibiscono durante le feste patronali con spettacoli di fuochi artificiali])che nella vita chi è dotato di migliori e numerosi mezzi rappresentati sia dal denaro che dagli aiuti quali appoggi, aderenze, raccomandazioni è colui che ottiene i piú eclatanti risultati in termini di affermazione socio/economica, mentre a tutti gli altri non resta che rassegnarsi a l’eco dei successi ottenuti da chi à piú mezzi.La locuzione à come sostrato la convinzione che nella vita per affermarsi non necessitano studio e/o capacità innata, ma servono ricchezza, aiuti, appoggi, buoni uffici,pedate, protezioni. PORVERA, ma anche il sincopato PORVA s.vo f.le polvere, qui polvere da sparo [dal lat. pŭlvĕre-m con rotacismo della L→R]. BRAK

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