mercoledì 4 gennaio 2017

VARIE 17/18

1.MURÍ CU 'E GUARNEMIENTE 'NCUOLLO. Letteralmente: morire con i finimenti addosso. La locuzione di per sé fa riferimento a quei cavalli che temporibus illis, quando c'erano i carretti e non i camioncini, tiravano le cuoia per istrada, ammazzati dalla fatica, con ancóra i finimenti addosso.Per traslato l'espressione viene riferita, o meglio veniva riferita a quegli inguaribili lavoratori che oberati di lavoro, stramazzavano, ma non recedevano dal compiere il proprio dovere.... Altri tempi! Oggi vallo a trovare, non dico uno stakanovista, ma un lavoratore che faccia per intero il suo dovere... 2.N' AGGIO SCAURATO STRUNZE, MA TU ME JESCE CU 'E PIEDE 'A FORA... Letteralmente: ne ò bolliti di stronzi, ma tu (sei cosí grosso)che non entri per intero nella pentola destinata all'uso. Id est: Ò avuto a che fare con tantissimi pessimi soggetti (stronzi), ma tu sei il peggiore di tutti, al segno che se ti dovessi bollire, eccederesti la misura d’ogni pentola destinata all’uso… Iperbolica e barocca locuzione-offesa usata nei confronti di chi si dimostri cosí esagerato pezzo di merda che se mai necessitasse di cottura, eccederebbe i limiti della pentola destinata alla bisogna rendendo cosí difficile, se non impossibile l’ipotetica l’operazione! Anologa esclamazione è quella che recita: N' AGGIO APPISE STRUNZE, MA TU M’HÊ SPEZZATO ‘O CROCCO che ad litteram è: Ne ò sospesi stronzi, ma tu (sei tanto grosso che) mi ài infranto il chiodo (deputato allo scopo). 3.'NA MELA VERMENOSA AMMESCA TUTT’ ‘O MUNTONE Letteralmente: una mela guasta, bacata infetta tutto il mucchio, corrompendolo. Id est: non bisogna far causa comune con soggetti che non siano di spiccata moralità e/o comportamento adamantino perché prima o poi si finirà con il comportarsi alla medesima erronea maniera! Basta una sola mela marcia per render marce tutte quelle con cui sia a contatto. Id est: in una cerchia di persone, basta che ve ne sia una sola cattiva, sleale, di indole malvagia o peggiore, per rovinare tutti gli altri. 4.'NA VOTA È PPRENA, 'NA VOTA ALLATTA, NUN 'A POZZO MAJE VÀTTE' Letteralmente: una volta è incinta, una volta dà latte, non la posso mai picchiare...Come si intuisce la locuzione era in origine usata nei confronti della donna. Oggi la si usa per significare la situazione di chi in generale non riesce mai a sfogare il proprio rancore e o rabbia a causa di continui e forse ingiustificati scrupoli di coscienza.Attenzione! Faccio notare qui come nel napoletano l’apocope di vàttere→vàtte(re)→vàtte’ non comporta il trasporto dell’accento tonico , per cui l’infinito vàtte’ non essendo accentato sull’ultima sillaba (diventando tronco)rimane piano e va letto vàtte e non vatté! 5.NAPULE FA 'E PECCATE I 'A TORRE 'E SCONTA. Letteralmente: Napoli pecca e Torre del Greco è punita. La locuzione è usata a significare l'incresciosa situazione di chi paga il fio delle colpe altrui. Nel merito della locuzione: per mera posizione geografica e a causa dei venti e delle correnti marine, i liquami che Napoli scaricava nel proprio mare finivano, inopinatamente, sulla costa di Torre del Greco, ridente località confinante col capolugo campano. 6.NCARISCE, FIERRO, CA TENGO N'ACO 'A VENNERE! Letteralmente: oh ferro, rincara ché ò un ago da vendere. È l'augurio che si autorivolge colui che à parva materia da offrire alla vendita e si augura che possa riceverne il maggior utile possibile. La locuzione è usata nei confronti di chi si lascia desiderare pur sapendo bene di non aver grosse capacità da conferire in qualsivoglia contrattazione. 7.'NCASÀ 'O CAPPIELLO DINT' Ê RRECCHIE. Letteralmente: calcare il cappello fin dentro alle orecchie ossia calcarlo in testa con tanta forza che il cappello con la sua tesa faccia quasi accartocciare i padiglioni auricolari. A Napoli, l'icastica espressione fotografa una situazione nella quale ci sia qualcuno che vessatoriamente, approfittando della ingenuità e disponibilità di un altro richieda a costui e talvolta ottenga prestazioni o pagamenti superiori al dovuto, costringendo - sia pure metaforicamente - il soccombente a portare un supposto cappello calcato in testa fin sulle orecchie. 8.NCE VERIMMO A FFELIPPO Letteralmente: Ci vediamo a Filippo. Espressione ancóra usata quale minaccioso ammonimento equivalente a: "Bada! Al momento opportuno te la farò pagare"; minaccia cioè di tirare definitivamente le somme di una contesa in tempi piú propizi a chi stia minacciando.L’espressione scimmiotta attraverso un’assonanza corruttiva (Filippi/Felippo) quella minacciosa: Ci rivedremo a Filippi . Queste parole secondo una leggenda riportata anche da Plutarco furono rivolte a Bruto dalla suo medesimo cattivo démone (coscienza) o dallo spettro di Giulio Cesare apparsogli in sogno alcune notti prima della battaglia di Filippi del 42 a.C., che terminò con la vittoria di Ottaviano ed Antonio su Bruto e Cassio, i quali vi morirono. L’espressione italiana, come quella corruttiva napoletana, à altresí – oltre il significato cui ò accennato -, pure un significato rivendicativo del male ricevuto in quanto, com' è noto, Cesare era stato vigliaccamente pugnalato da Bruto che era stato da Lui tanto amato. Narrò lo storico Plutarco che, dopo l'uccisione di Cesare (44 a.C.), Bruto riparò con Cassio Longino e con l'esercito dei repubblicani in Macedonia, dove lo inseguirono Marco Antonio e il giovane Ottaviano. Una notte apparve a Bruto, nella sua tenda, un'ombra gigantesca che gli disse: "Io sono il tuo cattivo genio, o Bruto, e mi rivedrai dopo Filippi". Arditamente, Bruto replicò che non sarebbe mancato all'appuntamento, e l'ombra disparve. Proprio nella piana di Filippi, presso Cavalla, sull'Egeo, gli eserciti rivali si affrontarono, nel 42 a.C., per la battaglia decisiva. I primi scontri volsero a favore di Bruto, ma per la seconda volta il gigante riapparve, muto, all'assassino di Cesare. L'indomani si riaccese la mischia, che si concluse con la disfatta dei repubblicani e col suicidio di Bruto. 9.NCE VONNO CAZZE 'E VATECARE PE FFÀ FIGLIE CARRETTIERE Letteralmente: occorrono membri da vetturali per generare figli carrettieri Id est: per ottenere i risultati sperati occorre partire da adeguate premesse; addirittura nella locuzione si adombra quasi la certezza che taluni risultati non possano essere raggiunti che per via genetica, quasi che ad esempio il mestiere di carrettiere non si possa imparare se non si abbia un genitore vetturale di bestie da soma... Vatecare s.m. pl. di vatecaro= vetturale, carrettiere che trasporta merci, che guida bestie da soma; quanto all’etimo è un denominale dell’agg.vo lat. viaticus=relativo al viaggio Brak

Nessun commento: