venerdì 20 gennaio 2017

VARIE 17/74

1.ACQUA 'E 'NNANZE E VVIENTO 'E RETO... Letteralmente: Acqua di davanti e vento di dietro. È il malevolo augurio con cui viene congedato una persona importuna e fastidiosa cui viene indirizzato l'augurio di essere attinto di faccia da un violento temporale e di spalle da un impetuoso vento che lo sospinga il piú lontano possibile, sotto un diluvio d’acqua. 2.ACQUA O FUOCO, FUJE PE CQUANTO AJE LUOCO! Ad litteram: Acqua o fuoco,scappa per quanto spazio ài. Id est: Due sono le minacce che bisogna temere in assoluto: l’alluvione o l’incendio allontanandosene il piú possibile. 3.ACQUA SANTA E TTERRA SANTA, PURE LOTA FANNO. Letteralmente: acqua santa e terra santa pure fango fanno. Id est: l'unione di due cose di per sè buone, non è detto che non possano produrre effetti spiacevoli. Lo si dice con riferimento alla società di due individui che, presi singolarmente, mai farebbero sospettare esser capaci di produrre danno e che invece, uniti producono grave nocumento ai terzi. Rammento in coda alla spiegazione della locuzione esaminata che il s.vo f.le lota [dal lat. lota neutro pl. di lutum] oltre che fango e/o melma vale anche, per estensione semantica, letame, escremento bovino ed in tale significato è da intendersi nell’ epiteto SICCHIO ‘E LOTA [id est: secchio di letame]che si rivolgere quale bruciante offesa ad un uomo indegno, ad un pessimo soggetto accreditato d’esser capace di tenere i peggiori comportamenti. 4.ACRUS ESTE E TTE LL’HÊ ‘A VEVERE Ad litteram : è acre, ma devi berlo La locuzione è tipico esempio di frammistione tra un tardo latino improbabile ed un vernacolo pieno. Cosí a Napoli si suole ripetere a chi non si voglia convincere della ineluttabilità di talune situazioni cui bisogna soggiacere, stante una forza maggiore. Narro qui di seguito la storiella donde prese vita la locuzione in epigrafe. Un anziano curato era in urto col proprio dispettoso sacrestano che sostituí il vino per la celebrazione della Messa con un acre aceto. Allorché il curato portò alle labbra il calice contenente l’aceto, se ne dolse con il sacrista dicendo: “Acrus est!” ed il dispettoso sacrestano di rimando : “te ll’hê ‘a vevere!” (Devi berlo Non puoi esimerti.) il curato, minacciandolo: ” Dopo la messa t’aspetto in sacrestia...” il sacrista, concluse: ” Hê ‘a vedé si me truove!” (Probabilmente non mi troverai...) Oggi la locuzione non à bisogno di due interlocutori; viene pronunciata anche da uno solo, da chi tenti di convincere qualcun altro che debba soggiacere agli eventi e non se ne possa esimere. 5.ADD’ ‘AMICE E ADD’’E PARIENTE NUN CE ACCATTÀ E NUN CE VENNERE NIENTE I peggiori affari si concLLUdono con gli amici ed i parenti dai quali è consigliabile non acquistar nulla, ed ai quali è sconsigliato vendere alcunché. BRAK

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