martedì 24 gennaio 2017

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1.AVENNO, PUTENNO, PAVANNO. Letteralmente: avendo, potendo, pagando. Strana locuzione napoletana che si compendia in una sequela di tre gerundi e che a tutta prima pare ellittica di verbo reggente, ma che sta a significare che un debito contratto, ben difficilmente verrà soddisfatto essendone la soddisfazione sottoposta a troppe condizioni ostative quali l'avere ed il potere ed un sottinteso volere, per cui piú correttamente il terzo gerundio della locuzione dovrebbe assumere la veste di verbo reggente di modo finito; ossia: pagherò quando (e se) avrò i mezzi occorrenti e quando (e se) potrò. 2.AVIMMO CASSATO N' ATU RICO 'A SOTT' Ô SUNETTO. Letteralmente: Abbiamo cancellato un altro verso dal sonetto, che - nella sua forma classica - conta appena 14 versi. Cioè: abbiamo ulteriormernte diminuito le nostre già esigue pretese. La frase è usata con senso di disappunto tutte le volte che mutano in peggio situazioni di per sè non abbondanti... 3.AVIMMO FATTO ASSAJE! Ad litteram: abbiamo fatto molto! Ironica locuzione, da intendersi in senso chiaramente antifrastico, che viene pronunciata come amaro commento da chi voglia far intendendere ad un suo ipotetico compagno di ventura di aver completamente mancato il comune centro prefissosi, e di non aver concluso nulla dell’intrapreso, anzi di essersi affaticati inutilmente in quanto il risultato del loro operato è stato completamente nullo e non si è ottenuto alcun risultato concreto, che se pure ci fosse, sarebbe cosí piccola cosa rispetto all’impegno profuso, da non esser tenuto in alcun conto. 4.AVIMMO FATTO TRENTA, FACIMMO TRENTUNO. Quando manchi poco per raggiungere lo scopo prefisso, conviene fare quell'ultimo piccolo sforzo ed agguantare la meta: in fondo da trenta a trentuno v'è un piccolissimo lasso. La locuzione rammenta l'operato di papa Leone X che fatti 30 cardinali, in extremis ne creò un trentunesimo. 5.AVIMMO FATTO: CUPINTE, CUPINTE: 'E CAVÉRE FORA I 'E FRIDDE DINTO. Letteralmente: abbiamo fatto cúpidi, cúpidi: i caldi (son restati) di fuori ed i freddi(sono entrati) dentro. Icastica espressione napoletana che fotografa una realtà nella quale stravolgendo la logica e l'attesa, si dia via libera a chi non è all'altezza della situazione e si lascia a bocca asciutta chi meriterebbe la priorità nel godimento di un quid (che - nella fattispecie - sono i favori di una donna).Tuttavia preciso che è inutile come che non significante la traduzione letterale; in senso ampio, come ò détto, la locuzione è usata per indicare l’incongruente azione di chi premi qualcuno oltre i propri meriti e al contrario lesini il plauso o il premio a chi invece spetterebbero; in senso piú strettamente letterale la locuzione si attaglia a quelle occasioni allorché spinti dalla cupidigia si siano concessi i favori di una donna a coloro che (freddi) non mostravano i necessarii requisiti fisici, e si siano erroneamente negati ai piú meritevoli caldi tenuti ingiustamente fuori sebbene mostrassero di essere adeguatamente... armati. Letteralmente, di solito, in napoletano la parola cupínto sta per Cupído, miticologico nume dell’amore; ma penso che riferirsi a lui per la locuzione in esame sarebbe errato, non esistendo un nesso tra il benevolo nume suddetto e l’errato, inesatto comportamento ricordato nella seconda parte della locuzione; ò reputato piú giusto pensare, nella fattispecie della locuzione, che il termine cupinte (pl. di cupinto), oltre a fornire una adeguata rima con il termine dinto, sia stato usato come corruzione del termine cúpido: bramoso, agognante, desideroso, quella brama o desiderio che può spingere all’errore.BRAK BRAK

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