martedì 24 gennaio 2017

VARIE 17/91

1.BBUONO P’APARÀ ‘O MASTRILLO Ad litteram: buono per armare la trappolina id est: appena sufficiente a predisporre l’esca di una trappolina. La locuzione si usa nei confronti di qualcosa, soprattutto edibile, che sia cosí parva res da non poter soddisfare un sia pur modesto appetito, ma appena appena sufficiente a far da esca; per traslato la locuzione è usata nei confronti di tutto ciò che sia palesemente piccolo e/o modesto. Mastrillo s.m. = trappolina per topi dal lat. mustriculu(m). 2.BBUONO PE SCERIÀ ‘A RAMMA Ad litteram: buono per soffregare le stoviglie di rame Un tempo, quando la chimica non aveva ancóra prodotto tutti i detergenti o detersivi che, aiutando la massaia, inquinano il mondo, e quando l’acciaio 18/10 non era entrato ancóra in cucina sotto forma di stoviglie, queste erano di lucente rame opportunamente, per le parti che venivano a contatto con il cibo, ricoperte di stagno .Per procedere alla pulizia delle stoviglie di rame si usavano due ingredienti naturali: sabbia ‘e vitrera (sabbia da vetrai, ricca di silice) e limoni ; orbene quegli agrumi non edibili perché o di sapore eccessivamente aspro o perché carenti di succo, erano destinati allo scopo di pulire e rendere luccicanti le stoviglie; per cui di essi frutti si diceva che erano bbuone pe scerià ‘a ramma. Per traslato, oggi di chi, uomo o cosa, manchi alla sua primaria destinazione, si dice ironicamente che è buono etc. il verbo scerià id est: soffregare, nettare, lucidare viene da un tardo latino: flicare da cui felericare e poi flericare, donde scericare e infine scerià tutti con il significato di soffregare. 3.BONANOTTE Ê SUNATURE OPPURE Ê SANTE Ad litteram: buona notte ai sonatori oppure ai santi ; espressioni che si usano con senso di profondo cruccio, ad amaro commento di situazioni che si sono concluse, ma in maniera molto negativa di talché verrebbe fatto di pensare che non resti da o congedare sbrigativamente i sonatori o salutare deferentemente i santi atteso che né gli uni, né gli altri possano o abbiano potuto far qualcosa per migliorare la situazione de qua. 4.CACARELLA SENZA FREVA, VIATO A CCHI ‘A TENE Ad litteram: Beato chi soffra di diarrea senza che sia accompagnata da febbre. Antica espressione ancóra in uso, di complessa spiegazione. Per venire a capo di questa locuzione e superare la pedissequa interpretazione letteraria che sottende l’autentico significato, bisogna por mente súbito ad alcune cose: a) la diarrea se accompagnata da febbre è sintomo di grave infezione intestinale e può essere prodromica di malattie ben piú gravi: tifo, colera etc.;b) un’improvvisa, ma breve diarrea non accompagnata da febbre, specie nei bambini, è procurata spesso da un grave spavento; c) in napoletano il s.vo cacarella è da intendersia sia come diarrea che ( figuratamente e piú spesso) come spavento che della diarrea è ritenuto esser causa; d) in napoletano il s.vo freva è da intendersi sia come febbre, ipotermia che come brama, passione, smania, collera , stizza, indignazione Tanto premesso, l’espressione è da intendersi o nel senso di Beato chi pur spaventato e perciò colpito da transitoria cacaiola non sia febbricitante perché non colpito da ben piú gravi malattie che non un semplice spavento; o anche Beato chi pure spaventato o impaurito non abbia atteggiamenti di smania,collera, stizza, indignazione. viato/a agg.vo m.le o f.le = beato, gioioso, felice, appagato, tranquillo, lieto, sereno, contento; voce che è part. pass. del lat. beare con normale alternanza b→v (cfr. bucca(m)→vocca – barca(m)→varca – bibere→vevere etc.) cacarella s.vo f.le (in primis) cacherella, diarrea, emissione di feci liquide o semiliquide. (figurate) spavento, paura; voce deverbale del lat. cacare senza prep. 1 indica mancanza, esclusione, privazione; 2 seguita da un infinito o da che e il verbo al congiunt., introduce una proposizione con valore modale: ascette senza pavà(uscí senza pagare) voce dal lat. absentia→(ab)sentia→senza, che all'ablativo significa 'in mancanza di'; freva s.vo f.le (in primis) febbre, piressia, ipertermia, temperatura; (figurate) brama, passione, smania,collera, stizza, indignazione; voce lettura metatetica del lat. febre( m)→frebe(m)→freva con normale alternanza b→v. 5.CACCHIO, CACCHIO (nell’espressione VENIRSENE CACCHIO CACCHIO) ;Cacchio, cacchio sta per: strano,bizzarro, insolente, sfacciato, sfrontato, impudente, scortese anzi stranissimo, bizzarrissimo insolentissimo, sfacciatissimo, sfrontatissimo, impudentissimo, scortesissimo( come è nell’espressione : venirsene cacchio cacchio,avvicinarsi cacchio cacchio)Espressione usata per significare l’atteggiamento di chi, facendo finta di nulla, mogio mogio, con indifferenza ed ostentata tranquillità, si prepara invece ad agire proditoriamente in danno di terzi, quasi che si accostasse al Luogo dove agirà, con studiata noncuranza. Da rammentare che l’espressione in epigrafe era usata da Totò, il principe del sorriso, sommandola con la pleonasticaespressione tomo tomo espressione inutile in quanto di di uguale portata e/o significato, ma di minor presa; ò detto pleonastica perché, mi pare che non ci fosse stato il bisogno di chiarire o aumentare la portata del cacchio cacchio napoletano, espressione - al contrario - molto piú corposa e pregnante, per il vocabolo usato, dell’algido tomo tomo, espressione che pur napoletana è costruita con un vocabolo italiano presente altresí in quella dell’italiano essere un bel tomo nel senso di essere un tipo strano . BRAK

Nessun commento: