venerdì 10 febbraio 2017

VARIE 17/173

1.ME PARE ‘O PUORCO CU ‘A SPICA ‘MMOCCA Sembra un maiale con una pannocchia in bocca Icastica espressione usata per sarcastico dileggio di persona (uomo o piú spesso donna) panciuta, corpacciuta, ma paciosa appaiata per la sua pinguedine ad un maialetto cucinato e servito in tavola tutt’intero con in bocca infilata una pannocchia di granturco bollita salata ed unta di grasso; me pron. pers. di prima pers. sg.corrispondente all’italiano mi 1 me, a me; forma complementare atona del pron. pers. io, si usa come compl. ogg. e come compl. di termine (come nel caso che ci occupa) quando non si vuol dare loro particolare rilievo, in posizione sia enclitica sia proclitica: tu me cazzie sempe!(tu mi rimproveri sempre); m’à scritto ajere(mi à scritto ieri); eccume arrivato (eccomi giunto); vedennome arrivà (vedendomi arrivare); diciteme si è overo(ditemi se è vero) | è anche usato in presenza delle forme pronominali atone la, lo, li, le e della particella ne(nn’): me ll’à cuntato (me lo à raccontato); me nn’ à parlato(me ne à parlato) | si usa nella coniugazione dei verbi pronominali: me vesto, me lavo ‘e mmane, me ne pento(mi vesto,mi lavo le mani,mi pento di ciò); m’ero scurdato(mi ero dimenticato); 2 esprime intensa partecipazione affettiva di chi parla all'azione espressa nel discorso (cosiddetto «dativo etico»): che mme dice maje?(che mi dici mai?); stàmmete bbuono(stammi(ti) bene) 3 con valore rafforzativo: A mme me pare ca (a me mi pare che)ma in italiano è forma che i puristi bocciano... pare = sembra, pare, è simile a; voce verbale (3ªpers. sg. ind. pres.)dell’infinito paré sembrare,parere, apparire, figurare; somigliare, assomigliare; etimologicamente deriva dal latino volg. *paríre→parere = apparire,manifestarsi come ; puorco s.vo m.le 1. in primis porco, maiale, suino ; 2 (non com.) carne di maiale: sacicce ‘e puorco(salsicce di maiale); 3 (figuratamente ) persona che fa o dice cose oscene. spica s.vo f.le spiga (segnatamente quella di granturco), ma anche spiga di grano,orzo, avena ed altri cereali voce dal lat. spica(m), propr. 'punta'; ‘mmocca = in bocca locuzione di stato in Luogo formata dalla preposizione in + il s.vo vocca/bocca ; rammento che nel napoletano la preposizione in usata in posizione protetica di sostantivi e/o avverbi viene agglutinata con essi assumendo la forma aferetica di ‘n (ad es.: in terra→’nterra, in cielo→’ncielo, in sopra→’ncoppa, in giú→’nsotto) e talora di ‘m davanti alla consonante consonante occLLUsiva bilabiale sorda (p) (cfr. ‘mparaviso = in paraviso ) o davanti all’ occLLUsiva bilabiale sonora (b) davanti alla quale dà Luogo ad assimilazione progressiva (cfr. ad es.in bocca→ ‘mbocca→’mmocca ). 2.ME PÀRENO 'E CCAPE D''A VECARIA. Ad litteram: mi sembrano le teste della Vicaria. Lo si suole dire di chi è smagrito per lunga fame, al segno di averne il volto affilato e scavato quasi come le teste dei giustiziati, teste che nel 1600 venivano esposte per ammonimento infilzate su lunghe lance e tenute per giorni e giorni all'esterno dei portoni del tribunale della Vicaria, massima corte del Reame di Napoli. 3.ME STAJE ABBUFFANNO 'E ZIFERE 'E VIENTO. Mi stai riempiendo di refoli di vento. - Cioè: mi stai riempiendo la testa di fandonie 4.MEGLIO A SSAN FRANCISCO CA 'NCOPP' Ô MUOLO. Letteralmente: meglio (stare) in san Francesco che sul molo. Id est: di due situazioni ugualmente sfavorevoli conviene scegliere quella che comporrti minor danno. Temporibus illis in piazza san Francesco,nei pressi di porta Capuana a Napoli, in quello che era stato il convento francescano dei cosiddetti monaci di sant’Anna e sino a non molto tempo fa ospitavano gli uffici della pretura, erano ubicate le carceri, mentre sul Molo grande era innalzato il patibolo che poi fu spostato in piazza Mercato; per cui la locuzione significa: meglio carcerato e vivo, che morto impiccato. 5. MEGLIO CIENTO DUCATE ô FISCO CA UNO A MASTU FRANCISCO Meglio conferire cento ducati al fisco che uno solo a mastro Francesco; id est: meglio pagare le tasse che defungere ducato detto a Napoli pure ‘o piezzo janco cioè d’argento o semplicemente pezza( il pezzo bianco o semplicemente la pezza fu anticamente una grossa moneta che a Napoli fu d’argento (scudo/ducato),altrove (Venezia, Milano etc) anche d’oro anticamente detta appunta piezzo o pezza;rammento che tra il 1750 ed il 1865 il ducato era moneta che valeva 436,5 lire it. mentre il grano/grana nome di una moneta di modesto valore coniata nell'Italia meridionale, Sicilia, Malta ed in Spagna.era corrispondente a 4,365 lire italiane ; la voce ducato è dalla parola lat. ducatus, incisa sulle monete veneziane del sec. XIII raffiguranti il doge, mentre il termine grano/grana è dal neutro lat. granu(m), pl. grana. Non si ànno certezze circa l’indennità di quel tal mastu Francisco (mastro Francesco), addetto alle pompe funebri ; si tratta probabilmente d’ un tale Francesco Ingenito (i cui eredi ancóra conducono un’impresa di trasporti funebri) che tra la fine dell’’800 ed i primi del ‘900 operò in provincia di Napoli (Boscotrecase) nel campo delle onoranze funebri. BRAK

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