sabato 24 giugno 2017

STUPIDO E DINTORNI


STUPIDO E DINTORNI

 

Tempo fa  due giovani miei nipoti avevano in corso una loro disputa (per non ricordo bene quale questioncella),  durante la quale  il piú grande dei due gratificò l’altro d’una serie di contumelie dandogli in rapida successione dello scemo, stupido, cretino, imbecille, deficiente;  sentendosi vilipeso il ragazzo mi chiese di intervenire per redarguire l’offensore, ma io non seppi  dir di piú che:”Porta pazienza e consolati pensando che ti à offeso in lingua italiana; lo avesse fatto in napoletano, avrebbe potuto sotterrarti sotto una ben piú vasta e pesante  coltre di contumelie!”

E per  tener dietro con degli esempi presi ad illustrare le voci partenopee che traducono le cennate voci italiane;lo faccio anche adesso qui di sèguito augurandomi che passa interessare i miei consueti lettori.

Al solito  diamo prima un rapidissimo sguardo alle parole italiane,  per passare poi a quelle ben piú numerose della parlata napoletana;

balordo: 1. Tardo di mente, tonto, sciocco, stupido; 2.intontito, strampalato, senza né capo né coda: 3. Malvivente, sbandato, emarginato. voce calco dello spagnolo palurdo;

scemo: chi à o denota poco senno,; sciocco ed insulso  etimologicamente deverbale dal latino ex-semare= privar della metà di qualcosa;   comp. di ex via,  da ed un deriv. di símis metà;

stupido:  chi denota stupidità, scarsa intelligenza  e piú propriamente chi è proclive, anche senza motivo, a stupirsi;  etimologicamentedal lat. stupidu(m), deriv. di stupíre 'stupire';

cretino: etimologicamente dal franco-provenz. crétin, propr. cristiano, che, usato dapprima nel significato di povero cristiano, poveraccio, à poi assunto valore spregiativo nel senso di stupido etc.;

imbecille:  che, chi à scarsa intelligenza: etimologicamente dal latino imbecille(m): debole fisicamente o mentalmente;

deficiente: che, chi è intellettualmente  e psichicamente inferiore alla media; etimologicamente dal latino deficiente(m) part. presente di deficere= mancare.

 

E veniamo al napoletano ed alle sue numerose voci che rendono queste qui or ora  elencate:

alleccuto  o alluccuto o anche locco: persona stupida, di aspetto poco intelligente; etimologicamente dal latino alucus  per ulucus/ulluccus  donde anche l’italiano allocco;

abbunato  agg.vo e s.vo maschile e solo maschile che connota  propriamente lo sciocco, il babbeo aduso, propenso di sua natura al bene anche nelle occasioni meno propizie; etimologicamente è voce dal lat *ad+bonu(m) addizionato d’un suffisso verbale da part. pass.: ato   per cui da ad+bonu(m)+ ato si perviene ad abbunato

anchiòne: propriamente lo sciocco, il babbeo aduso a non discutere, ad accettar per buona ogni cosa, ad ubbidire,  il tutto in linea con la sua etimologia che è dal latino anculus→anclu(m)→anchione(da cui il diminutivo femm. ancilla) = servo ;

babbano: che è lo sciocco, il gonzo e – per dirla con Cicerone - l’uomo di nessun numero o conto; questo napoletano babbano  à in babbaleo il corrispettivo toscano e,  come questo, etimologicamente una radice greca in bambaliòn  dal verbo bambalein=avere l’aria attonita ed incantata;

babbio ed il suo accrescitivo, dispregiativo  babbione: uomo sciocco e di poco cervello;  etimologicamente dal latino bàblus sincopato di bàbulus=stolto;

babbuasso: indica il credulone,  lo scioccone, lo stupidone inveterato, quasi dispregiativo e peggiorativo del menzionato babbano; etimologicamente da collegarsi (tenendo presente appunto  che il suffisso asso, corrispondente al toscano accio,  à in napoletano valore dispregiativo) ad un latino volgare babbius← babejus  che diede anche il toscano: babbeo;

basciòscio donde anche i corrotti pachiochio/pachiochiero indicano tutti lo sciocco, rammollito, rimbambito e per estensione vuoto,smorto, privo di nerbo ; non di facile lettura l’etimologia: a bascioscio, ma piú ancora a pachiochio/pachiochiero non dovrebbe essere estraneo lo spagnolo chocho nell’accezione di molle,vuoto, ma non è peregrina  l’idea che riporta il nostro bascioscio alla voce baciocco/occolo  sorta di strumento sonoro di legno fatto a mo’ di scodella, dato ai fanciulli per giocarci,  quale tamburello; in fondo il napoletano bascioscio connota lo sciocco vuoto di zucca;

battilocchio s.vo ed ag.vo m.le e solo m.le denota

1la persona alta, dinoccolata, ma dall’aria svogliata, pigra, fiacca, inetta, inattiva, lenta;

2lo stupido che inceda quasi, con tutte le inevitabili, dure conseguenze negative, ad occhi chiusi, anzi bendati; originariamente il battilocchio etimologicamente dal francese: battant l’oeil fu una cuffia da donna, ampia cuffia le cui falde ricadevano sugli occhi; in seguito con la parola battilocchio si finí per indicare in una sorta di sineddoche,  (piú che la cuffia) chi la indossasse,  anche se lasciandosi trasportar dalla desinenza maschile  si appioppiò all’uomo e non alla donna (che pure indossava la cennata cuffia) il termine battilocchio; rammento poi che con il termine a margine si indica anche

3 una frittella dolce  di fior di farina e  lievito allungata ed intrecciata cedevole e ripiegata su se stessa quasi come il bordo della cuffia suddetta.

cacchio/cacchione: è lo sciocco, lo stupido che non à speranze di migliorare; costui viene appaiato al membro maschile inteso non come organo veicolo della riproduzione (in tal caso non sarebbe figura  né dello sciocco, né dello stupido), ma come semplice e perciò sciocco veicolo  dei liquidi scarti renali; etimologicamente come la parola cazzo, di cui sia cacchio che l’accrescitivo cacchione sono addolcimenti eufemistici, vengono – come altrove ricordai -  da una voce gergale marinaresca greca akatiòn= albero della nave;

caccialappàscere  espressione verbale divenuta agg.vo e s.vo m.le; letteralmente sta per pastorello, bifolco, villano ed  indica estensivamente l’inetto, lo sciocco, lo stupido che non à speranze di migliorare; in effetti la voce in origine si riferiva essenzialmente ai pastorelli come si evince esaminandola nella sua morfologia: 1)cacciala= caccial’a = menali a, conducili a 2) pàscere (dall’omonimo lat. pascere)= pascolare; “cacciali a pascere”= menali al pascolo   era l’ordine impartito al suo garzone dal padrone del gregge, ordine che divenuto aggettivo e sostantivo finí per indicare tout court il pastorello,il bifolco, il villano ed estensivamente l’inetto, lo sciocco, lo stupido capace appena appena di menare un gregge.

cannapierto: è lo stupido dall’aria melensa, che si guarda intorno con lo sguardo perso e la bocca aperta; il napoletano cannapierto  stranamente, ma icasticamente piú che alla bocca fa riferimento all’organo ad essa collegato il canale della gola  espressivamente reso con il termine canna, etimologicamente dal greco kànna  originariamente kàna  voce semita dall’ebraico qaneh;

catàmmaro: è il sempliciotto, il babbeo che necessita quasi di esser accompagnato, portato  mano nella mano; infatti etimologicamente la parola è una commistione greco/latino katà + manus = mano nella mano, come alibi: pedecatapede = passo dopo passo (da pedes+ katà+ pedes );

chiachiello/chiachieppo agg.vo e sost. m voce quasi desueta che indicò in primis un uomo di bassa statura  e poi per estensione semantica  lo sciocco credulone, il babbeo  di nessuna personalità,l’inetto, l’incapace, il mancator di parola,  il bonaccione, il soggetto   banderuola aduso a mutar continuamente parere ed intenti  e pertanto un essere inetto,spregevole,  persona di scarsa serietà; quanto all’etimo piú che ritenerlo (come fa lo Zazzera) un derivato di una non spiegata voce onomatopeica chia chia , si può supporre una base lat. cloac(u)la→clacla→chiachia + il suff.masch. iello[corrotto nel parlato in ieppo](collaterale di ello, suffisso alterativo di sostantivi e aggettivi, con valore diminutivo o vezzeggiativo o spregiativo come nel caso che ci occupa) oppure, ma meno probabilmente,da collegarsi al greco kophòs=babbeo voce che però  già diede il seguente chiafèo morfologicamente piú rispondente alla derivazione dalla voce greca; 

 

chiafeo: antichissima voce maschile e solo maschile , quasi desueta che indica lo sciocco, il grullo, il melenso e per estensione il vuoto, molle, inespressivo, inetto, incapace;  etimologicamente da collegarsi al greco  kophòs = babbeo, attreverso l’aggettivo kophàîos;

chionzo: voce di ampia diffussione tanto da ritrovarla  nel comune lessico nazionale, sebbene in quest’ultimo con attinenza al solo aspetto fisico di una persona  che sia bassa, grassa e tarchiata e dunque goffa; con la medesima accezione la voce la si ritrova nel dialetto lucchese dove è: chionso/pionso  ed in quello calabrese dove è : chionzu; in napoletano la voce attiene piú che all’aspetto fisico, a quello intellettivo, connotando il rozzo babbeo, dall’aria attonita e distratta; etimologicamente la voce si fa risalire unanimemente ad un longobardo klunz= goffo, rozzo;

chiòchiaro/ chiòchiero:s.vo ed agg.vo m.le  antica voce ma ancóra viva nell’icastico linguaggio popolare, voce usata per indicare il melenso, sciocco babbeo di zucca vuota, accompagnandola  per solito con  un tipico  gesto offensivo consistente nel far  muovere,  velocemente ed alternativamente l’avambraccio  ruotandolo a dritta e mancina, tenendo la mano destra drizzata verso l’alto con le dita unite in modo che il polpastrello del pollice  tocchi contemporaneamente tutti gli altri; etimologicamente piú che allo spagnolo chocho =molle, vuoto, pare che debba riferirsi al latino cochlea = conchiglia, considerata nel momento che sia vuotata  del suo frutto;non è però da scartar l’ipotesi che la parola, giacché è usata anche per designare lo zotico villano, possa collegarsi  alla voce chiochia  che è variante  di ciocia (= calzare rustico di antichissima origine, un tempo di uso comune tra i contadini e i pastori dell’Italia centro-meridionale; questo termine  à per i piú  un etimo sconosciuto,ma il DEI e precisamente il dottissimo  prof. Giovanni Alessio, che curò la lettera C, vi lesse un lat. med. zocca (=zoccolo del cavallo),e penso si possa aderire all’ipotesi ); unendo il tipico suffisso di competenza aro/ero alla voce chiochia  si arriva ai nostri chiòchiaro/chiòchiero; 

ciuccio   letteralmente asino, ma per traslato cocciuto, ignorante  e come nel caso che ci occupa stupido, sciocco, credulone s. m. quadrupede domestico da tiro, da sella e da soma, con testa grande, orecchie lunghe e diritte, mantello grigio e un fiocco di peli all'estremità della coda, ritenuto paziente e cocciuto nonché (ma non se ne intende il perché) ignorante;ancóra piú strano e non comprensibile il collegamento semantico che se fa a stupido, sciocco e credulone;   varie sono le proposte circa l’origine della parola :chi dal lat. cicur=  mansuefatto domestico; chi dal lat. *cillus  da collegare al greco kíllos= asino;  chi dallo spagnolo chico= piccolo atteso che l’asino morfologicamente è piú piccolo del cavallo; son però tutte ipotesi  che non mi convincono molto; e  segnatamente non mi convince  quella che si richiama all’iberico chico= piccolo, a  malgrado che  sia  ipotesi che  appaia semanticamente perseguibile.   Non mi convincono altresí, in quanto m’appaiono forzate,   l’idee che il napoletano ciuccio sia da collegare o all’italiano ciuco o all’italiano ciocco. Vediamo: il ciuco della lingua italiana  è sí l’asino ma nessuno spiega la eventuale  strada morfologica seguita per giungere a ciuccio partendo da ciuco;  d’altro canto non amo  qui come altrove quelle etimologie spiegate sbrigativamente con il dire: voce onomatopeica oppure origine espressiva; ed in effetti   la voce italiana ciuco  etimologicamente non viene spiegata se non con un inconferente origine espressiva; allo stato delle cose mi pare piú perseguibile l’idea che sia l’italiano ciuco a derivare dal napoletano ciuc(ci)o anziché il contrario.  Men che meno poi  mi solletica l’idea che ciuccio possa derivare dall’italiano     ciocco= grosso pezzo di legno e figuratamente uomo stupido, insensibile ed estensivamente ignorante e dunque asino. No, no la strada semantica seguita è bizantina ed arzigogolata: la escludo! 

In conclusione mi pare piú perseguibile l’ipotesi che la voce  ciuccio vada collegata etimologicamente alla radice sciach dell’arabo sciacharà= ragliare che è il verso proprio dell’asino, secondo il seguente percorso morfologico: (s)ciach→ciuch→ciuccio; rammento che in siciliano l’asino è detto sceccu con evidente derivazione dalla medesima  radice sciach dell’arabo sciacharà= ragliare.

ferlocco ed il suo metatetico frellocco: voce in voga negli anni d’antan ed oggi quasi desueta, voce divertente che si usò per indicare lo sciocco citrullo che, a maggior disdoro fosse anche vanesio e privo di sostanza in linea con l’etimologia della parola che risulta dall’unione di un latino ferla = verga vuota con il precedente locco;

fesso: esattamente lo sciocco balordo, senza una sua consistenza fisica e/o morale, in tutto in linea  con il suo etimo dal latino fissus part. pass. del verbo findere =spaccare, dividere;

fogliamolla: non ci si lasci ingannare dalla desinenza femminile: la parola è un aggettivo sostantivato invariabile  e lo si riferisce, senza alcuna variazione desinenziale, sia all’uomo che alla donna: ‘nu fogliamolla o ‘na fogliamolla  nel significato di persona  sciocca e neghittosa nonché molle tal quale la tenera foglia  da cui deriva ed a cui è rassomigliata ; etimologicamente è voce del tardo latino: folia + molle(m); voce che semanticamente si attaglia, a chi di costituzione manchi di saldezza fisica, ma è usato altresí in riferimento a chi abbia poca forza, energia morale, non riuscendo mai a sostenere i propri convincimenti o le proprie idee, lasciandosi continuamente  travolgere  dagli antagonisti.
gliògliaro: antica voce ormai desueta che un tempo fu usata quale corruzione (ma nel medesimo significato, e medesime modalità) del precedente chiòchiaro.

lasagna  e l’accrescitivo lasagnone nonché il composto pappalasagne (mangialasagne): antiche voci (non dimentichiamo che con il soprannome di lasagna il re Ferdinando II Borbone soleva appellare suo figlio Francesco II e non perché costui – come inesattamente riportato da certa frettolosa aneddotica postunitaria,pseudo-storica – fosse goloso dell’omonima pietanza, quanto perché il re riteneva suo figlio – sia pure ingiustamente – inetto e d’intelligenza poco pronta) con le quali si designavano  anche con valenza bonaria, il bietolone, gracile e non molto sveglio, dal carattere cedevole ed accondiscendente, la cedevolezza che si ritrova nell’impasto di uova e farina da cui si ricava la sfoglia per trarne lasagne etimologicamente dal greco lagaròs = floscio, molle;

mammalucco: ad un dipresso lo sciocco impenitente, dall’aria frastornata, tal quale  il precedente cannapierto; etimologicamente questo mammalucco è dall’arabo mamluk = schiavo, soldato prigioniero;

mamozio: illustrai già abbondantemente alibi la voce a margine, intesa come designante persona (adulto e/o ragazzo) inceppata nei movimenti  o nell’espressione a mo’ di fantoccio o di pupazzo o anche di figurina mal scolpita o incisa e piú estensivamente  individuo torpidamente imbambolato  tale da apparire di duro comprendonio, e parlai della sua etimologia che risulta essere, checché ne dicano i proff. Cortelazzo e Marcato nel loro Dizionario dei dialetti italiani, la corruzione del nome Mavorzio da riferirsi ad  una enorme, quantunque acefala, statua del IV sec. d. C. raffigurante il nobile puteolano FLAVIO EGNAZIO LOLLIANO QUINTO MESIO MAVORZIO, pretore urbano, proconsole della provincia dell’ Aquila e candidato questore, statua che fu appunto ritrovata a Pozzuoli nel corso (1704)    degli scavi per l’erigenda  chiesa di san Giuseppe; l’inesperto  scultore chiamato al restauro della statua acefala la corredò di una testa tanto piccola da risultare sproporzionata e per giunta dall’aria melensa; i puteolani impiegarono un nonnulla per trasformare il nome MAVORZIO in mamozio accreditandolo della stupidità suggerita dal volto della piccola (segno di scarso contenuto di cervello) testa indegnamente restaurata;

-                    mammuoccelo: che è propriamente l’uomo dall’aria melensa ed attonita denotante mancanza di intelletto, stupidità; etimologicamente da collegarsi come corruzione  diminutiva  al toscano bamboccio e dunque  a  bambo che in origine indicò l’infante ed in seguito lo sciocco e lo  stupido;

-                    messere: altra voce antica ed ormai desueta, di sapore ironico, voce che nel significato ironico di stupido, sciocco e credulone non si ritrova che in qualche poeta d’antan ( ad es.: E. Murolo che in una sua gustosa canzone di cui ora mi sfugge il titolo, lo usa ironicamente appunto in luogo di becco, affermando che una donna supera, se intende tradirlo, tutte le pastoie approntatele  dal proprio uomo, giungendo, metaforicamente, a fumarselo e a farlo messere id est becco in quanto l’uomo è sciocco, stupido e credulone); la voce, ò detto è ironica, pur se etimologicamente starebbe per mio signore, mio sire risultando esser composta dal provenz.: mes=mio +sere/sire=signore;

-                    moscammocca: l’ignavo, lo scioccone, l’allocco tanto irresoluto ed immoto da starsene perennemente a bocca aperta tanto da permettere  addirittura che le mosche vi passeggino dentro entrando ed uscendo ad libitum; va da sé l’etimologia  che fotografa  l’atteggiamento di questo ignavo aduso a portarsi la mosca in bocca  che è l’esatta traduzione di moscammocca (mmocca infatti è: in+bocca );

mucchione: è propriamente non il bambino, ma l’adolescente o anche l’adulto fatto  cosí sciocco, melenso,  inetto tanto  da non esser capace o non avvertire la necessità di ripulirsi del moccio che gli coli dal naso; etimologicamente da qualcuno si vorrebbe correlare la voce ad un generico latino murcus>murcius =stolto, ma – rammentato quanto appena detto - penso che non è o sarebbe scorretto pensare ad un deverbale del  latino muccare  che è da muccus= moccio, catarro; tuttavia non è da scartare neppure l’ipotesi che mucchione sia l’accrescitivo, dispregiativo di mucchio(che è da un latino cumulus >muculus>muc’lus>mucchio) nel senso di uomo grosso e grasso e dunque stolto e sciocco tenendo presente il luogo comune partenopeo per il quale: ommo gruosso bubbelis es = l’uomo grosso è sciocco , dove il maccheronico bubbelis  è corruzione di  bàblus sincopato di bàbulus=stolto;

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-                    ntòntaro/ntonto : propriamente lo stupido, il melenso ed il perennemente frastornato; voce in doppia lezione [di cui la seconda è semplificazione della prima] di tutta l’area mediterranea: la si ritrova anche in Sicilia: ‘ntòntaro, in Sardegna: dòndaro oltre che in Portogallo e Spagna dove è solo tonto tal quale l’italiano tonto; per tutte le voci l’etimologia è latina: tonitus = stordito come chi è colpito dal tuono; cfr.il toscano attonito;

-                    ‘ntruglione : propriamente il bietolone dal viso inespressivo, incapace di discernere; non bisogna dimenticare infatti che la parola ‘ntruglione non è che l’accrescitivo di ‘ntruglio che non è il toscano intruglio= mescolanza di sostanze diverse, ma è, gastronomicamente, l’intestino d’agnello abbondantemente speziato e avvolto strettamente su sé stesso al segno di non poterlo piú  dipanare, cotto su braci ardenti;

-                    ‘nzallanuto ed il derivato zallo [caro al commediografo Raffaele Viviani, vocabolo che per quanto mi sia affannato a ricercare, non ò trovato che solo nell’Alfabeto napoletano dell’amico Renato de Falco] che significano l’uno il confuso, lo stordito, l’altro lo sciocco,l’inesperto,  il credulone in ispecie se anche innamorato di una donna di piccola virtú;etimologicamente ambedue le voci sono da collegarsi piú che al latino in-sanire,  al greco selenizomai= esser lunatico e dunque stordito, confuso ed inebetito , oppure al verbo  zalaino di significato simile al precedente; a meno che il vocabolo zallo, non sia corruzione di tallo (che è dal lat. tàllus, forgiato sul greco tallòs; di per sé il tallo è il germoglio, la talea, la giovane foglia tenera , il virgulto e ben potrebbe per traslato indicare con la sua tenera consistenza, la accondiscendenza credula dell’inesperto zallo;

-                    papurchio: è lo stolto inveterato che, a maggior disdoro, sia anche poco prestante fisicamente; etimologicamente deriva dal latino baburculu-m, diminutivo di un baburcu-m= stolto e melenso;questo l’iter morfologico: baburculu-m→ baburc(u)lu-m→baburclum→baburchio→papurchio.

-                    purpetta: evidente traslato dispregiativo e non perché la polpetta [da cui purpetta]  non sia cibo gustoso e saporito,in ispecie se fritta e non cotta al forno,  ma, in quanto preparato con carne trita,  si presta  al concorso di piú residui di tagli di carne anche  non pregiati presenti sul banco del macellaio, che intrugliandoli può conferire una preparazione  anche di scarto, come di scarto viene a dimostrarsi il soggetto gratificato della voce a margine;

-                    rapesta: altro paragone dispregiativo di cui vien gratificato l’uomo inetto e dappoco, come dappoco è la rapa (latino: rapa←rapum)selvatica che lo rappresenta;

-                    scapucchione: epiteto per solito riferito a ragazzo dalla testa grossa, ma ovviamente vuota,   ed estensivamente all’adulto che si ostini a restare ragazzo, non venendo a capo mai di nulla, né quanto a comprensione, né quanto ad azioni; voce violentemente ironica ed offensiva  forgiata com’è quale accrescitivo intensivo  (vedi la solita prostesi della iniziale esse,intensiva  ed il suffisso one) della parola capocchia (che è dal latino capuclum←capiclum per capitulum diminutivo di caput) che nel  napoletano indica però  il glande, testa notoriamente poco atta al raziocinio;

-                    scatozza: precisamente: ignorante, babbeo, scioccone; si tratta di una antica voce, ormai però  abbondantemente desueta, nata in ambito teatrale dove fu il reale  cognome di un attore [di cui mancano precise notizie biografiche] interprete  proprio di un ridicolo personaggio goffo,  sciocco, stupido ed ignorante; uscito dall’ambito teatrale il termine trasmigrò come aggettivo in quello letterario  dei poeti partenopei secenteschi, e da esso entrò nel linguaggio comune;etimologicamente siamo in presenza della degradazione semantica di un cognome a sostantivo.

 

-                    sciabbecco: precisamente il bietolone, lo sciocco, lo stupidone aduso a piegarsi ad ogni vento, come che mentalmente vuoto e privo d’ogni opinione e/o cognizione; in origine lo sciabecco (dal turco sumbeki, attraverso un arabo šumbûk) indicò un lungo e stretto naviglio, veloce, ma – per la sua esile consistenza – facilmente preda dei venti e dei marosi;

-                    sciacqualattuca agg.vo m.le e f.le inetto/a, incapace, sciocco/a  colui/colei che al massimo può essere utilizzato in compiti di nessuna importanza, apparentemente semplicissimi come quello di lavare la verdura; in effetti la voce risulta formata agglutinando la voce verbale sciacqua ( qui 3° p. sg. ind. pres. dell’infinito sciacqare/sciacquà=lavare sommariamente con acqua; lavare con acqua una cosa già lavata per toglierne i residui di detersivo o di sapone;dal Lat. tardo exaquare, deriv. di aqua 'acqua') con la voce lattuca = lattuga s. f.
1 pianta erbacea coltivata negli orti, le cui foglie larghe e tenere si mangiano in insalata (fam. Composite) | lattuga di mare, alga marina dal tallo increspato, di color verde chiaro (fam. Ulvacee).
2 gala di merletto o di tela inamidata e increspata, che gli uomini portavano per ornamento sul davanti delle camicie; gorgiera; l’etimo della voce napoletana, come quella italiana  è dal lat. lactuca(m), deriv. di la°c la°ctis 'latte', per il liquido lattiginoso che secerne; il sign. 2, per sovrapposizione di lattuga allo sp. lechuga

-                     sciaddeo/sciardeo : esattamente lo sciocco,l’inetto l’incapace buono a nulla e per estensione talora smorto, pallido,vuoto; rammenterò qui che sciaddeo/sciardeo son la medesima parola: nella seconda si è verificato il fenomeno del parlato popolare di rotacizzare la prima d, ma la parola è la stessa; per quanto riguarda l’ etimologia di sciaddeo escludo a priori che la si debba riferire al nome dell’apostolo Giuda Taddeo che con sciaddeo  à solo una tenua assonanza, non risultando da nessuna sacra scrittura (vangeli – atti degli apostoli – lettere etc.) che il suddetto Giuda Taddeo fosse uno sprovveduto o un incapace, e propendo per il verbo greco skedao= comportarsi da sbandato e/o sprovveduto; ancora ricorderò  che dal femm. di sciardeo,cioè da  sciardea  si trasse il diminutivo sciardella nel significato di donna inetta, di casalinga incapace di fare i donneschi lavori di casa con attenzione  e secondo i crismi dovuti; a Napoli  è 'na sciardella la casalinga che lavi le stoviglie, facendosele scappare di mano e rompendole, che lavi i pavimenti  con poca acqua, che spolveri superficialmente, che riponga gli abiti  in modo raffazzonato, cosí che riprendendoli uno li trovi stazzonati e gualciti al punto di non poterli indossare, una donna insomma inetta ed inaffidabile, una sbadata patentata.

 Esiste anche un peggiorativo del termine ed è sciuazza,  peraltro addolcimento – attraverso l’epentesi di una facoltativa u – di un’originaria sciazza (che è dal latino ex-apta=inadatta)inteso troppo duro o volgare;  

sciamegna/sciamenchia: e cioè lo sciocco, il grullo, l’allocco; la parola, con un arzigogolo mentale, trasferisce una probabile deficienza corporale ad una ben piú grave deficienza mentale: etimologicamente infatti la parola deriva da un (mo)scia + megna  o(mo)scia + menchia dove megna/menchia  stanno ovviavente per minchia (che è dal latino méncla  collaterale di mèntula  diminutivo di menta = membro maschile) nella pretesa che un uomo impossibilitato o incapace di avere un’erezione debba esser uno sciocco, uno stupido o un allocco;

scialabbacchione: di per sé il balbuziente che come incapace di farsi capire, è conseguentemente stupido e sciocco; etimologicamente la parola  è un deverbale del latino ex-alapare = balbettare;

sciosciammocca: come altrove, anche questo sciocco, credulone, facilmente circuibile, nasce come personaggio  del teatro popolare partenopeo ed agí in numerose piéces comiche fino a quando  il famosissimo commediografo Eduardo Scarpetta (Napoli 1853 -1925, padre naturale dei fratelli De Filippo: Eduardo, Titina e Peppino e di altri figli naturali tra cui quell’Eduardo Passarelli che fu attore comico di teatro e cinematografo)non se ne impossessò, facendone una sua creazione, rendendolo protagonista – col nome di Felice o Feliciello Sciosciammocca -  di innumerevoli pocàde, molte delle quali  tratte da originali francesi; dal teatro poi il nome sciosciammocca, diventato aggettivo dilagò nel parlato partenopeo; preciso qui che la parola sciosciammocca  sebbene abbia  ad un dipresso il medesimo significato della precedente moscammocca, non va confusa con essa in quanto la precedente fa riferimento a qualcuno che per ignavia lascia addirittura che le mosche gli passeggino in bocca, questo sciosciammocca a margine identifica  colui che  per ignavia ed inettitudine avrebbe bisogno di chi gli soffiasse in bocca per raffredare i bocconi troppo caldi che avesse ingurgitato;

smocco ed il suo accrescitivo smuccone connotano il medesimo individuo sciocco, melenso, inetto  di cui al precedente mucchione  al quale vanno riferiti come intensivi, intensività rappresentata dalla solita prostesi della esse;

stòteco/stuóteco/a : agg.vo e s. m.le o f.le  letteralmente ( con derivazione etimologica da un incrocio delle voci latine stu(ltum) + (idio)ticu(m)) è

1lo/a stolto/a,il/la rimbambito/a, lo/la stordito/a 

2  per ampliamento semantico incostante, incerto/a,insicuro/a, lunatico/a indeciso/a, irresoluto/a, dubbioso/a, esitante, titubante, tentennante.

 

 

stucchione/strucchione: propriamente il perticone, lo spilungone inteso come vuoto di mente o – per l’eccessiva altezza – perennemente con la testa nelle nuvole e quindi svagato e stupido; etimologicamente  stucchione/strucchione provengono al napoletano, attraverso  uno spagnolo estuche da un antico provenzale estug = canna secca e perciò vuota;

tòtaro che sta per tòtano: originariamente un mollusco della specie dei calamari; il fatto che sia un mollusco à fatto pensare ad una sorta di mollezza caratteriale dell’uomo gratificato del termine tòtaro (etimologicamente da un greco teythís attraverso un latino tòtilus con normale cambio delle liquide l→r), quantunque di per sé il tòtano non sia sempre vuoto (come invece lo stupido cui si appaia) ed anzi venga quasi sempre preparato abbonbantemente imbottito (‘o totaro ‘mbuttunato) rammenterò a margine che con la parola tòtaro, nel comune parlato napoletano, con altra valenza, si indica pure il membro maschile eretto, al segno che nella smorfia napoletana al numero 67  è codificato: ‘o tòtaro dint’ â chitarra  a significare il coito in atto;

turzo: per significare lo sciocco, lo stupido completamente inutile, anzi da scartare  tal quale il torsolo (per solito poco edibile) di ortaggi o torsolo di altro; in napoletano infatti ‘o turzo non è solo il torsolo di cavolfiore o broccolo, ma si ànno anche: ‘o turzo ‘e bbotta: il residuo di un fuoco d’artificio combusto, e ancòra ‘o turzo ‘e penniello: ciò che resta di un pennello da barba lungamente usato, perciò logoro ed inutile; tutti questi turzi sono inutilizzabili, da buttar via  e – per traslato – stupidi, sciocchi etc. etimologicamente turzo è dal latino tursus = stelo, gambo; con altra valenza con l’espressione turzo 'e penniello non ci si riferisce a l'inutilità dell'attrezzo privo di pelo, quanto all'osservazione che il pennello  sia consunto per il troppo uso fattone  con palese riferimento ad una donnaccia che sia stata goduta da molti risultandone sfiorita e logora come un pennello ridotto al solo "turzo".

zimeo: siamo giunti alla fine della nostra elencazione e ci imbattiamo in una parola che serve ad indicare il finto tonto colui che in perfetta malafede, fa ‘o francese  o se veste ‘a fesso facendo le viste di non capire o di non comprendere per esimersi dal compiere qualcosa cui invece (o per dovere o graziosità) sarebbe tenuto; per cui piú che con uno sciocco si à a che fare con un ignobile furbastro; etimologicamente zimeo risulta essere una popolaresca contrazione d’uno zio→(zi’) (Bartolo)meo→zimeo personaggio non meglio identificato, ma ricordato nel comune popolare come un avaro aduso a non addivenire mai a conferimento  di danaro, trincerandosi dietro la scusa di non aver capito.

Raffaele Bracale Brak

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