venerdì 30 giugno 2017

VARIE 17/668



1. FARSE 'A PASSIATA D''O RRAÚ.
Letteralmente: fare la passeggiata del ragú . Id est: andare a zonzo senza fretta. Un tempo, quando ancora la TV non rompeva l'anima cercando di imporci diete e diete, i napoletani, erano soliti consumare nel dí di festa un canonico piatto di maccheroni al ragú . Il ragú  è una salsa che à bisogno di una lunghissima cottura, tanto che la sua preparazione cominciava il sabato sera e giungeva a compimento la domenica mattina e durante il tempo necessario alla bisogna, gli uomini ed i bambini di casa si dedicavano a lente e salutari passeggiate, mentre le donne di casa accudivano la salsa in cottura e preparavano la tavolata domenicale.
2 STÀ SEMPE 'NTRIRECE.
Letteralmente: stare sempe in tredici.Id est: esser sempre presente, mostrarsi continuatamente, partecipare ad ogni manifestazione, insomma far sempre mostra di sé alla stregua di un candelabro perennemente in mostra in mezzo ad un tavolo, e poiché nella smorfia napoletana il candelabro, come le candele, fa 13 ecco che viene fuori l'espressione con la quale a Napoli si è soliti apostrofare gli impenitenti presenzialisti...
3 ASPETTÀ CU LL'OVE 'MPIETTO.
Letteralmente: attendere con le uova in petto. Id est: attendere spasmodicamente, con impazienza, preoccupazione... L'espressione viene usata quando si voglia sottolineare la spasmodicità dell'attesa di un qualsivoglia avvenimento. E prende le mosse dall'uso invalso in certe campagne del napoletano, allorché le contadine, accortesi che la chioccia, per sopraggiunti problemi fisici, non portava a termine la cova, si sostituivano ad essa e si ponevano tra le loro grosse  mammelle le uova per completare con il loro calore l'operazione cominciata dalla chioccia.
4'A SCIORTA 'E CAZZETTE:JETTE A PISCIÀ E SE NE CADETTE.
La cattiva fortuna di Cazzetta: si dispose a mingere e perse...il pene. Iperbolica notazione per significare l'estrema malasorte di un ipotetico personaggio cui persino lo svolgimento delle piú  ovvie necessità fisiologiche comportano gravissimo nocumento.
5 ATTACCA 'O CIUCCIO ADDÓ VO’ 'O PATRONE
Letteralmente: Lega l'asino dove vuole il padrone Id est: Rassegnati ad adattarti alla volontà altrui, specie se è quella del capintesta(e non curarti delle conseguenze). È una sorta di trasposizione del militaresco: gli ordini non si discutono...
6 'E MACCARUNE SE MAGNANO TENIENTE TENIENTE
I maccheroni vanno mangiati molto al dente: è questa la traduzione letterale dell'adagio che, oltre a dare una indicazione di buon gusto, sta a significare che occorre avere sollecitudine nella conduzione e conclusione degli affari.

7 'NU MACCARONE, VALE CIENTO VERMICIELLE.

Letteralmente: Un maccherone, vale cento vermicelli. Ma la locuzione non si riferisce soltanto  alla pietanza in sè. Il maccherone della locuzione adombra altresí la prestanza fisica ed economica che la vincono sempre sulle corrispondenti gracilità.
8 ACRUS EST!
Letteralmente: È acre! Cosí esclama un napoletano davanti ad una situazione ineludibile pur essendo difficile da sopportare. Un vecchio sacrestano, per far dispetto al suo parroco, aveva messo dell'aceto nell'ampollina del vino. Giunto al momento di comunicarsi il prete si adontò dicendo, appunto, acrus est – (è acre) - ed il sacrista replicò: te ll'hê 'a vevere (lo devi bere) controreplica del prete: Doppo d’ 'a messa t'aspetto dinto â sacrestia – (dopo la messa ti attendo in sacrestia...) - il sacrista: Hê 'a vedé si me truove... – (È probabile che non mi troverai...) -
9 ALESIO, ALÈ, 'STU LUCIGNO QUANNO SE STUTA?
Letteralmente: Alessio, Alessio, questo lucignolo quando si spenge? La locuzione viene usata nei confronti di chi fa discorsi lunghi, noiosi, oziosi e ripetitivi nella speranza, il piú  delle volte vana, che costui punto dal richiamo, zittisca e la pianti. E' da rammentare che in napoletano la parola cantilena si traduce, appunto, cantalesia.
10 AGGE PACIENZA E FATTE JÍ 'NCULO SO' 'A STESSA COSA...
Porta pazienza e fregati son la medesima cosa!L'invito proposto dalla prima parte della locuzione a sopportare, ad aver pazienza, viene dalla saggezza popolare equiparato a quello ben piú  doloroso di lasciarsi sodomizzare!
11 NUN SPUTÀ 'NCIELO CA 'NFACCIA TE TORNA...
Letteralmente: Non sputare verso il cielo, perché ti ritorna in viso. Id est: chi si pone contro la divinità, ne subisce le pronte conseguenze.
12 'E FODERE CUMBATTONO E 'E SCIABBOLE STANNO APPESE.
Letteralmente: I foderi combattono e le sciabole stanno appese. La locuzione viene usata per commentare l'inettitudine di taluni che demandano, per indolenza o incapacità, il loro compito ad altri, cercando di esimersi dal lavoro.

13. STÀ 'NCAPPELLA.
Letteralmente: stare in cappella Id est: essere male in arnese, stare mal combinati, anzi stare alla fine della vita , al punto di aver necessità degli ultimi sacramenti. La locuzione fa riferimento ai condannati al patibolo della fine del 1600, che, a Napoli, prima dell'esecuzione venivano condotti in una cappella della Chiesa del Carmine Maggiore, adiacente la piazza Mercato, dove era innalzato il patibolo e nella cappella ricevevano l'estremo conforto religioso.
14 LL' AVIMMO FATTO 'E STRAMACCHIO.
Letteralmente: l'abbiamo compiuto alla chetichella,- o anche di straforo, di soppiatto, quasi "alla macchia", ai margini  del consentito e della legalità. L'espressione di stramacchio deriva pari pari dal latino extra mathesis, id est: al di fuori dei retti insegnamenti, dalle buone regole di condotta e perciò clandestinamente.
15 CHISTO È CCHILLO CA TAGLIAJE 'A RECCHIA A MMARCO.
Letteralmente: Questo è quello che recise l'orecchio a Marco. La locuzione è usata per indicare un attrezzo che abbia perduto le proprie precipue capacità di destinazione; segnatamente p. es. un coltello che abbia perduto il filo e non sia piú  adatto a tagliare, come la tradizione vuole sia accaduto con il coltello con il quale Simon Pietro, nell'orto degli ulivi recise l'orecchio a Malco (corrotto in napoletano in Marco), servo del sommo sacerdote.
16 'O CCUMMANNÀ È MMEGLIO D''O FFOTTERE.
Letteralmente: Il comando è migliore del coito. Id est: c'è piú  soddisfazione nel comandare che nel coire. La locuzione viene usata per sottolineare lo scorretto comportamento di chi - pur non avendone i canonici poteri - si limita ad impartire ordini e non partecipa alla loro esecuzione.
Brak

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